Un valore non solo storico, ma anche e soprattutto culturale, dice Attilio Scienza ordinario di viticoltura all'Università di Milano
di Roberto Cappelli
MONTALCINO. Dare nuova vita ad antichissime viti, facendo rinascere da padri arcaici nuovi figli, incrementando il già ricco patrimonio varietale. È l’operazione di cultura viticola che potrebbe trovare in Montalcino un “luogo d’elezione” per la creazione di una sorta di “giardino della memoria della viticoltura”.
“Il territorio di Montalcino è ricco di patriarchi della vite (piante con un’età dai 70 ai 100 anni) – spiega il professor Attilio Scienza, ordinario di viticoltura all’Università di Milano e uno dei massimi studiosi al mondo di storia della viticoltura – per questo e non solo, il terroir del Brunello non può prescindere dalla valorizzazione delle vecchie viti e si deve far carico di questo progetto mettendo a sistema un ‘giardino della memoria della viticoltura’ di Montalcino. Un valore non solo storico, ma anche e soprattutto culturale”. Con queste parole il professor Scienza ha parlato di Montalcino e del suo terroir, nella presentazione del libro “Roma Caput Vini”, scritto da Negri e Petrini.
Questi impianti (ceppi originali di Sangiovese – Brunello – di 70/100 anni) hanno bisogno di una potatura conservativa, molto particolare, che può essere fatta da persone espertissime, come i “Preparatori d’uva”, da anni impegnati (in osservazioni e sperimentazioni) nei miglior terroir d’Europa (Borgogna inclusa): Marco Simonit e Pier Paolo Sirch, tecnici friulani che hanno definito il metodo di potatura alla base dell’unica “Scuola italiana permanente di potatura della vite”.
La nuova frontiera scientifica è in grado di allungare il ciclo di vita e la produttività dei vigneti per tutelare la qualità dei vini, l’interesse paesaggistico e la biodiversità dei vigneti. “Questa idea – spiega Jacopo Biondi Santi che, nella Tenuta Il Greppo, dove è nato nell’Ottocento il Brunello, ha viti di 80/100 anni – potrebbe rivelarsi molto importante per creare un legame profondo tra vino, luogo d’origine e patrimonio culturale. Ha anche un’importante valenza perché è in grado di creare dentro gli stessi territori delle denominazioni una differenziazione di prodotto”. Molte cantine, a partire da Gaja in Piemonte o Bellavista (Gruppo Moretti) in Franciacorta, passando per i vigneti trentini recuperati nella Tenuta di San Leonardo o alle piante plurisecolari riportate a nuova vita in Irpinia dalla Feudi di San Gregorio, per arrivare da Caprai nel territorio del Sagrantino, hanno già compreso l’importanza delle cosiddette “viti monumentali” o “patriarchi”.