Nato l'11 gennaio 1922 è definito il vignaiolo più famoso d'Italia

di Roberto Cappelli
MONTALCINO. Oggi il patriarca del Brunello compie novant’anni. Franco Biondi Santi, il dottore, come lo chiamano tutti, è nato infatti alla fattoria del Greppo l’11 gennaio 1922, da Anna Tomada e Tancredi, ma, essendo il vignaiolo più famoso d’Italia, non ha certo bisogno di presentazioni, facciamo parlare lui.
Quante vendemmie ha alle spalle?
“Ho cominciato dal 1930 a lavorare in cantina. Sono quindi 81 le vendemmie che ho passato, molte delle quali in piena coscienza, infatti, avendo mio padre molte consulenze in giro per l’Italia, davo volentieri una mano in sua assenza. A ogni modo la mia prima vera vendemmia avvenne nel 1940… poi venne la guerra. Poiché mio padre Tancredi è scomparso il 28 luglio 1970, la prima vendemmia, da solo al timone, è avvenuta in quell’anno”.
E’ giusto allora dire che nessuno a Montalcino e in Toscana ha la Sua esperienza…
“La mia famiglia ha una grande continuità nell’esperienza vitivinicola, già nel 1867 Clemente Santi, il mio quadrisnonno, ebbe una menzione d’onore all’esposizione universale di Parigi per il suo vino Moscadello, vino già allora estremamente delicato, cosa che significava una tecnologia di vendemmia e cantina straordinaria. Dopo di lui è venuto Ferruccio Biondi Santi e poi mio padre Tancredi con un’ottima preparazione professionale, diplomato in Enologia a Conegliano Veneto e laureato in Agraria all’Università di Pisa, a cui si deve la nascita del disciplinare del Brunello, fatto su sistemi vitivinicoli collaudati da lui stesso in tanti anni. Io mi sono iscritto alla facoltà d’Agraria di Firenze, poi ci fu la guerra, nel 1947 mi sono trasferito e infine laureato a Perugia”.
Se dovesse descrivere gustativamente il suo Brunello?
“Deve avere un colore rubino abbastanza carico, ma non nero come se fosse inchiostro, giusto di corpo, armonico, sapido, persistente, che dà la sensazione non di una potenza aggressiva di tannini, di profumi e sapori, ma una potenza fatta di equilibrio, che si sente nell’evoluzione del tempo, dai 2 anni ai 50 e oltre. Per il mio Brunello voglio evoluzioni lentissime, che sono sempre migliorative per cui solo botte grande, rovere di Slavonia, che incide pochissimo sulla tipicità del vino, poiché questo tipo di legno rilascia molto poco, solo piccole cessioni di vaniglia, ossigenazione lentissima per quattro anni di botte con due travasi all’anno e trasformazione estremamente raffinata”.
A 90 anni, cos’è per lei il Brunello?
“Avevo una vigna dove avevo innestato del colorino che faceva la forma di una grande B, che si vedeva bene quando in novembre diveniva rosso e spuntava dal verde del sangiovese. Ecco cos’è il Brunello per me, una grande B, un elemento che fa parte della mia vita, B come Biondi e B come il soprannome di mia moglie Boba”.