Un vino dalla struttura importante, caldo, generoso e con un finale prolungato
SIENA. Quando si parla del Ciliegiolo, lo si classifica normalmente tra i vitigni “minori” del nostro territorio. La mia impressione è che questa definizione non durerà a lungo.
Sono sempre più evidenti i segnali che questo cultivar, assieme ad altri come il Colorino, la Malvasia Nera e l’Alicante, stia godendo di una rinnovata popolarità, specie tra i produttori del Senese e del Grossetano. Recenti studi dell’Istituto di San Michele all’Adige porterebbero addirittura alla conclusione che il Ciliegiolo sia, geneticamente, un avo del Sangiovese.
Le sue origini sono abbastanza incerte. Esistono due versioni: una popolare e l’altra più dotta. Secondo la prima, questa uva sarebbe stata portata in Toscana dai pellegrini che tornavano dal santuario di San Giacomo di Compostela. Da qui il fatto che viene anche chiamata come “Ciliegina rossa tonda di Spagna”. Per l’altra versione i primi documenti risalgono al Seicento, quando lo scrittore fiorentino Soderini descriveva un “Ciregiuolo dolce”, dall’aroma fragrante, che esprime il meglio di sé in climi piuttosto caldi.
Fino ad alcuni anni fa i vini ottenuti da questo vitigno venivano utilizzati quasi esclusivamente come vini da taglio, poiché avevano poco colore ma buona gradazione alcolica, anche se spesso piatti perché mancanti di acidità.
A partire dagli anni ’80, una concezione agronomica ed enologica più ambiziosa, sviluppatasi soprattutto in alcune zone della Maremma e in parte nel Senese, ha portato ad una sua rivalutazione e si è concretata in vini dalla struttura importante, caldi, generosi e con un finale prolungato.
Oggi, vinificato in purezza con tecniche adeguate, il Ciliegiolo ricorda per molti aspetti i migliori Beaujolais, con il suo colore rosso rubino carico e un profilo aromatico lungo le linee della frutta rossa più avvincente: fragola, lampone e, naturalmente, ciliegia. In bocca è morbido e succoso, con una buona acidità. Insomma, un vino simpatico, gioioso come la stagione in cui siamo da poco immersi.
Per gli abbinamenti gastronomici suggeriamo affettati o carni dai molti profumi e non troppo grassi. Perciò :affettati aromatizzati (in primis la finocchiona), primi piatti con condimenti a base di carne, formaggi poco stagionati e carni rosse in umido.
Una raccomandazione: bevetelo a una temperatura tra i 16° ed i 18°, dopo averlo scaraffato.