Giovanni Busi sollecita il ministro Martina alla tutela dei prodotti italiani
CHIANTI. Il Chianti nel 2015 vanta una produzione di circa 800 mila ettolitri, come spiega Marco Alessandro Bani, Direttore Consorzio Vino Chianti, con un valore che si aggira intorno ai 400 milioni di euro e con 110 milioni di bottiglie in commercio. Un prodotto che per lo più viene esportato: si parla del 70% su mercati quali Usa, Germania e Giappone, e poi, i nuovi orizzonti come il Sud America, l’Asia dove il consorzio sta sviluppando nuovi rapporti commerciali.
Eppure il vino toscano e in generale il settore vitivinicolo italiano può essere esposto a rischi nell’ambito dell’accordo TTIP, un accordo commerciale, non ancora approvato, tra Europa e Stati Uniti (Partenariato trans-atlantico per il commercio e gli investimenti) finalizzato a ridurre le barriere commerciali che esistono e limitano lo scambio di prodotti e servizi. L’Arev (Regioni europee viticole) vorrebbe la rinuncia da parte degli Usa all’uso di 17 indicazioni geografiche europee ‘semigeneriche’ (tra cui il Chianti) e rivendica la difesa delle norme europee (unite a quelle dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino) che rischiano d’essere sacrificate come ostacoli al libero mercato. Per questo motivo il presidente del Consorzio Vino Chianti, Giovanni Busi, rivendica la “forte identità e la storia di un vino e della sua cultura enogastronomica che lo rende riconoscibile ovunque nel mondo” e lancia un appello al ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, peché tuteli i prodotti italiani nelle trattative in corso sull’accordo TTIP. Insomma, Busi specifica che “il vino Chianti deve continuare a essere prodotto soltanto in Toscana”.