di Silvana Biasutti
BRUXELLES. La parola chiave c’è, eccome, ed è quella che incontri per prima, nelle facce dei convenuti.
Perché qui siamo lontani dal mondo del vino un po’ (troppo) modaiolo che fa finta di non esserlo; lontanissimi anche da quella tipicità raccontata con slogan senza sentimento e in modo retorico (alla “saperi e sapori”).
La parola che aleggia su tutto, a cominciare dal modo di fare della gente, visitatori inclusi, è “lavoro”.
È una parola sconosciuta al mondo della finanza e a quello di chi pensa che basti possedere un gruzzolone mondiale per potersi comprare una tenuta con una grande storia per divenirne automaticamente parte grazie al cash. Ma questo è un altro tema, però cogente, di cui qualcuno ben più introdotto e competente della sottoscritta dovrà pur occuparsi, prima o poi.
Io no, posso solo dire che mi è capitato di stare dietro a un tavolo – accanto ad altri tavoli, tutti molto ben presidiati –, messa lì di rincalzo a raccontare un vino (tre!) fatto da due parenti strette.
È successo a “VINI-BIRRE-RIBELLI 2016”, piccolo salone alla sua terza edizione (Bruxelles, Garage Citroen con la dieresi sulla ‘e’).
Avviene in una Bruxelles che mi pare un po’cupa – decisamente diversa da quella che ancora mi ricordava i grandi fiamminghi artisti, tessitori, tagliatori di diamanti, prudenti bottegai, piccoli borghesi alla Simenon –; una città stretta tra grattacieli vuoti, piena di prostitute per tutti i gusti e i generi, assediata dal “politicamente corretto” che deforma i sentimenti e lo sguardo della gente, costringendola a pensieri non totalmente spontanei. Però una città in cui squarci di vita vitale si fanno largo facendo accorrere, per tutto il week end coppie e famiglie – di tutti i colori e i generi – che vengono a toccare il polso a un mondo che non è affatto quello del vino come lo vedi a Vinitaly, e nemmeno nelle degustazioni chic o più alla mano. Perché questo – più che ‘mondo del vino’ – è un mondo di lavoro …: ecco che torna la parola che ritrovo su tutte le facce dei presenti, anche su quelle dei visitatori. Qui niente sciurette imbrillantate, solo signore: anzi, donne. E uomini.
Perché questo non è il mondo ‘bio’, il mercato del ‘bio’, il sapere che ti dà i sapori. Anche se questo è un mondo molto ben frequentato; che cosa voglio dire? Solo che questo è un mondo in cui – l’ho toccato con mano – si è molto attenti all’altro. Non solo a chi hai di fronte e che auspicabilmente comprerà il tuo vino,(dopo averlo assaggiato e dopo averti fatto domande e osservazioni competenti) per berlo o per proporlo a propri clienti; l’attenzione c’è anche per il vicino di tavolo e per gli organizzatori, per la raccolta differenziata e per i problemi dell’ambiente. Perché tutti ì partecipanti sono coinvolti e credono a scelte di lavoro e di approccio alla vita da cui sono scomparsi tutta una serie di vezzi enoici.
C’era una volta la terra ritrovata dai giovani o meno giovani, che si sono arredati il podere e hanno coltivato la vigna avendo in testa una sorta di premonizione – le mattonate della finanza che ha smontato il lavoro, complici automatizzazioni varie, erano dietro l’angolo –. Ora questa scelta viene fatta più lucidamente, sapendo che si dovrà lottare ancora contro i vecchi succhiasangue, ma con la consapevolezza che il mondo del business ha messo alla terra il cartellino del prezzo. Ora si fa il vino – questi vini – tenendo in conto (spesso solo intuendole) le mille nuove venature che muovono i pensieri della gente. C’è una diversa percezione del proprio valore (personale) e dell’imprinting in cui cresce la tua vigna. C’è anche più fatica, perché si lavora con nuove consapevolezze economiche. E perché fare questi vini – alcuni strabilianti – con sguardo attento alla terra, senza cedimenti o compromessi, non è una partita semplice: non c’è alcuna ripetitività, contrariamente a quello che predicavano i guru del marketing: ogni anno è diverso da quelli già vissuti.
E l’anno prossimo VINI-BIRRE-RIBELLI correrà una nuova avventura. Perché anche il luogo – CITROEN YSER – sarà smantellato e il palazzo art nouveau in cui gli eroi enoici di quest’ottima annata si sono incontrati nello scorso fine settimana, l’anno prossimo diventerà un nuovo museo della città di Bruxelles.