E non è dedicato solo alle bottiglie di vino
di Gianfranco Campione
E allora, dato che la temperatura ha fatto proprio in questi ultimi giorni un brusco salto in alto, facciamo due chiacchiere –pacate– sulla corretta temperatura di assaggio dei vini. Si tratta di un elemento fondamentale per ottenere che un vino si esprima nel migliore dei modi.
Eppure, stranamente, per molti anni i nostri produttori (o gli addetti ai testi sulle retro etichette delle bottiglie), hanno continuato a dispensare consigli che in realtà erano dispetti : al vino e ai consumatori.
Non era raro, per esempio, leggere sul retro bottiglia di quasi tutti i grandi vini rossi che la temperatura raccomandata per l’assaggio era tra i 20° e i 22°. Col bel risultato di ottenere una sorta di brodino con il conseguente appiattimento delle loro caratteristiche olfattivo/gustative più piacevoli e, invece, una eccessiva enfasi del loro grado alcolico.
La probabile spiegazione di queste prescrizioni “dispettose” credo risalga alla pessima traduzione, o meglio interpretazione, da noi fatta per lungo tempo, della parola “chambré”, presente in tutti i manuali di assaggio dei maestri degustatori di Francia (questa volta Sarkozy non c’entra nulla). Questo vocabolo è stato interpretato nel senso di “a temperatura ambiente” (dunque sui 20°-22°), mentre nell’uso francese intendeva indicare che occorreva, prima di aprirle, spostare le bottiglie dal freddo delle cantine (in genere tra i 12° e i 14°) , facendole sostare per qualche tempo in una anticamera relativamente più temperata, per quei tempi senza riscaldamento centrale. In questo modo i vini raggiungevano la tavola ad una temperatura intorno ai 18°.
Negli ultimi anni, dopo aver ricevuto numerose bacchettate dai degustatori stranieri più qualificati, abbiamo cominciato a capire anche noi l’importanza della corretta temperatura, utilizzando regolarmente i piccoli termometri oppure conservando i vini nei moderni mobili frigo a diversi livelli di temperatura.
I testi di raccomandazione sul retro delle bottiglie sono stati in molti casi rapidamente aggiornati. Per i grandi vini rossi , come dicevo, è importante non superare mai i 18°- 19° , mentre per i rossi meno impegnativi (un Chianti giovane, un Valpolicella, un Dolcetto) occorre fermarsi tra i 16° ed i 18°.
Con i vini bianchi, al contrario, le nostre cattive abitudini consistevano (e spesso consistono ancora) nel portarli a tavola quasi gelati (6°-8°), una temperatura comprensibile e accettabile solo sulla tolda di una barca o all’ombra di una pagliarella nei torridi giorni di Ferragosto.
Oggi , i ristoratori più avvertiti vi serviranno dei bianchi semplici, secchi e leggeri (Vermentino, Falanghina, Frascati) intorno a 8°-10°, mentre faranno attenzione ad offrirvi i bianchi più importanti, corposi e grassi (un Verdicchio vendemmia tardiva, un Fiano di Avellino, uno Chardonnay ben maturo) a temperature intorno ai 12°. C’è un solo caso in cui conviene conservare per i vini bianchi le cattive abitudini di temperature troppo basse: allorchè il vino è proprio mediocre e senza carattere. In questo caso il trattamento “uso gazzosa” è il solo espediente che vi possa proteggere dalle cattive figure con gli amici invitati.