La politica in grande agitazione "gattopardesca"
di Raffaella Zelia Ruscitto
SIENA. A sentire – e anche a leggere certe cose prodotte da polici ed amministratori locali – verrebbe da indignarsi… ma poi… si passa oltre e si arriva, di questi tempi, anche a farci sopra una bella risata liberatoria.
Politicamente parlando, il Pd è allo sbando in modo quasi imbarazzante.
Se dagli iscritti Pd dell’associazione Confronti, ogni tanto, arrivano stoccate non di poco conto, tutte orientate alla richiesta di un rinnovamento interno al partito, le cose non appaiono diversamente nell’altra “area” democratica: quella dei renziani scaramelliani. E se nel primo caso si può parlare del’eterna lotta tra ex margheritini (monaciani) ed ex querciaroli, nel secondo caso la faccenda è più complicata e non ha certo radici così lontane. E neppure, al momento, particolarmente chiare e definite.
Stefano Scaramelli non è nuovo ad affondi critici nei confronti dei democratici del capoluogo, rei di non aver saputo rompere con il passato indegno della città. Sempre in bilico, sempre poco netti nei giudizi, poco decisi nel cambio di rotta, troppo garantisti nei confronti dei responsabili politici dello sfacelo, rimasti praticamente tutti in seno, sebbene in posizioni defilate. Su questo aspetto, come dargli torto? Semmai possiamo aggiungere, con una punta di ironia, che alle parole non sono mai seguiti i fatti. I rottamatori che fanno capo a Scaramelli, e lo stesso “capo” non sono mai andati oltre la polemica verbale.
Delle due l’una: o questi non hanno una rappresentanza interna al partito sufficiente per dare inizio ad un cambiamento reale, oppure le polemiche sui giornali sono solo l’espressione più raffinata della tecnica dei “ladri di Pisa”, che litigano di giorno e la notte trovano il modo per “collaborare”.
In una recente intervista, il consigliere regionale chiede un congresso Pd cittadino anticipato. Lo richiedono i fatti accaduti in passato e, forse, anche in tempi più recenti. Un congresso aperto anche ai non iscritti, per riavvicinare la città al partito che, in questi anni, ha visto un rovinosa perdita di tesserati. Uscire dalle stanze del potere e approcciare nuovamente con il sentire dei senesi, ormai a lungo inascoltato.
Tutte belle parole (e anche intenzioni condivisibili), se non fosse che anche sui bilanci del partito provinciale Scaramelli si era pronunciato chiedendo chiarezza e trasparenza… le cose, poi sono morte lì. Per non parlare degli scontri sulla stampa tra il consigliere regionale e il sindaco Valentini. Sempre in disaccordo: sulla banca, sulla gestione del partito… da non credere che siano entrambi del Pd! Poi, però, alla prova della fiducia in Consiglio Comunale, non si è capita bene la differenza tra i rottamatori e i conservatori. Valentini è rimasto al suo posto: perchè non c’è un credibile sostituto e perchè in ballo ci sono questioni di rilevanza (tipo il Piano strutturale) da definire prima di perdere, eventualmente, il controllo del Comune.
Scaramelli, comunque, non tace ed anzi rincara la dose. Non solo chiede il congresso anticipato e aperto, ma muove rimostranze anche a movimenti che esulano dal Pd. Siena Attiva (ex Siena Cambia) gruppo nato a sostegno della candidatura di Bruno Valentini, entra nel mirino del renziano. In un commento ad un post su FB, Scaramelli scrive: “Per Siena Attiva ultima chiamata: a mio avviso, dopo quello che è successo non ha più senso che esista. Salvo che a quel punto far emergere che è stampella per chi, nel Pd guida la città e il gruppo, come purtroppo temo io”. E rincara la dose nella’ultima intervista, auspicando uno scioglimento della lista che possa così confluire nel Pd. Ma, Scaramelli, non avrà fatto un passo troppo lungo e azzardato con queste affermazioni? Che ci sia una commistione ancora non negata tra Siena Attiva e Pd, questo è assodato. Che abbia in diverse circostanze fatto da stampella in Consiglio Comunale ad un Pd e ad un sindaco (con relativa giunta) immeritevole, anche questo è vero. Che sia nata sotto una spinta di cambiamento cavalcata anche, in parte, da vecchi marpioni della politica locale o da semplici portaborse (inviati all’occorrenza) anche questo non si può negare. Ma pretendere di far confluire una realtà che ha una matrice non solo piddiina, fatta di iscritti e non iscritti (quindi non piddiini) mi pare un tantino presuntuoso. immotivatamente presuntuoso, dal momento che non si riescono a fare i conti (e le pulizie) neppure nel proprio partito, ristretto e ben definito.
L’atmosfera è quella della campagna elettorale prematura: ci si azzuffa, si recrimina su argomenti di nessuna importanza e si ignorano quelli che, invece, sarebbero importanti da mettere al centro del confronto. L’opposizion ci prova. Dopo la mozione di sfiducia al sindaco, il Movimento 5 Stelle ha presentato nei giorni scorsi un nuovo documento che ha come tema centrale la Fondazione Mps. Liquidare l’ente così com’è attualmente e fondarne uno nuovo, più snello e meno costoso, non totalmente dipendente dal destino della banca, più radicato al territorio di riferimento. Una mozione che suona più come una provocazione, che quasi sicuramente non porterà a nulla; che non ha neppure smosso l’opinione pubblica perchè la città sembra assuefatta ad ogni dramma. Nessun sussulto emotivo quando si parla di banca e fondazione.Prima, qualche anno fa, ogni critica al Monte era una pugnalata che veniva contraccambiata con l’indignazione pubblica. Oggi, salvo che da parte di qualche anziano pensionato montepaschino, ancora legato alla vecchia mentalità, si parla della banca con molto disincanto, non sentendola più come cosa propria, della collettività, ma come cosa altra, non più sacra, non da tutelare a tutti i costi.
La crisi a Siena non ha migliorato la rete sociale, non ha portato ad una riflessione individuale e poi condivisa, non ha stimolato le menti migliori ad un rinnovato impegno civile. La serie di disastri emersi, dei furti, delle corruzioni, dei potentati arroganti e incapaci, non ha fatto scaturire, per razione, una corrente di moralità e di ogni più elemetare principio di democrazia. Anche sulla battaglia per la difesa del patrimonio culturale, che doveva seguire direttamente quella per la difesa della banca (mai veramente combattuta) è stata abortita a favore dei fiorentini che sono arrivati a mettere le mani anche sui musei di contrada. Così, anche il Palio è stato “intaccato” da una visione “commerciale” neppure a favore dei contradaioli, tanto per darle un minimo di dignità.
Ad una visione disincantata della città, si continua a non vedere il tanto agognato cambio di passo. Le manovre per tenere le mani sulle istituzioni cittadine, nonostante i disastri pregressi non si sono mai arrestate.
Le voci insistenti sul rettore Angelo Riccaboni “corteggiato” per candidarsi a sindaco in un dopo Valentini anticipato, sebbene smentite dal protagonista, non si sono placate. Ed anche tutte le manovre per il dopo Riccaboni alla guida dell’Università stanno mostrando palesemente le vecchie logiche sempre attive. Così come i vecchi protagonisti, che si divertono a tirare le fila di questo teatrino di marionette che puzza di stantio. E con una platea di spettatori che non si diverte ma neppure protesta per la pessima qualità dello spettacolo.
Scoraggiarsi non si può, sarebbe un lusso che nessuno può permettersi. Soprattutto quando, con il solo scopo di screditare chi ha sempre denunciato il mal fatto, si parla di rapporti con ex amministratori (con vantaggi evidenti solo per questi ultimi, ovviamente), al fine di sostenere eventuali candidature che, vista la reazione scomposta, appaiono fortemente scomode e destabilizzanti.
Ma una notizia degna di nota c’è. C’è una marcia, silenziosa e non politica, che il 6 marzo coinvolgerà Siena, ricordando la tragica fine di David Rossi. Un appuntamento voluto dalla famiglia dell’ex capo della comunicazione Mps. Un invito a ricordare, a non dimenticare. A chiedere con insistenza la verità. A riappropriarsi della propria storia recente per capire, per conoscere, per non farsi prendere dalla moda del “dimentica e pensa al futuro”, perchè non c’è un futuro senza un passato. Perchè togliersi di dosso il passato è possibile solo quando lo si è elaborato, si sono attribuiti meriti e responsabilità, e si è capito dove, come e quando il percorso ha preso una cattiva piega.
Da Piazza Sansedoni al Palazzo di Giustizia. Pochi passi. Una dimostrazione di partecipazione e di interesse rivolto al futuro di una comunità martoriata che ha perso, sotto la spinta di troppo interessi e distrazioni, il senso della parola “comunità”. Avevamo sperato, già tre anni fa, che dopo una morte così assurda si potesse determinare il risveglio di Siena. Sono passati già tre anni. Tanti giorni per riflettere, metabolizzare e magari dimenticare. Così non deve essere. Non può essere. Ormai c’è poco da salvare di quanto Siena aveva nel passato… ma la dignità dove la mettiamo?