Porre delle domande senza risposta significa essere contro o, peggio, "collusi"?
di Raffaella Zelia Ruscitto
SIENA. A Siena, da qualunque parte ci si trovi a guardare c’è fermento. Tanta voglia di ripartire, magari lasciandosi alle spalle quel malgoverno di cui ha parlato anche l’altro giorno il filosofo ed ex-sindaco di Venezia, Massimo Cacciari. Ma il malgoverno, quello che ha messo radici in città da un ventennio a questa parte (come nel resto d’Italia), quello che è ingrassato con i soldi della banca e con le prebende in bilico tra pubblico e privato, non è sparito, non si è liquefatto con i soldi spariti e caduti nei buchi neri di bilanci impossibili da approvare. L’ombra dei personaggi che hanno scritto il destino di Siena incombe ancora sulle mura della città e continua ad influenzare l’operato di chi appare alla luce del sole: dalla politica alle istituzioni, dal settore economico a quello finanziario.
Soldi e ancora soldi: il dramma di Siena si riduce a questo. Mancano i soldi per salvare la Fondazione Mps dal costante assottigliamento nella partecipazione alla banca. Una partecipazione che sarà definita con l’aumento di capitale che il Montepaschi dovrà affrontare tra un paio di mesi. 3 miliardi di euro o più? La cifra sarà definita e, con essa, anche il destino di un ente che fino a qualche anno fa era, oltre che baluardo della senesità della banca, una madre generosa (forse anche troppo) verso i suoi figli sparsi sul territorio senese.
Mancano i soldi al Comune, costretto a tenere la pressione fiscale al massimo e impedito nella sua attività di “sostegno” alla collettività. Appesantito da un numero cospicuo di dipendenti, di professionalità esterne pagate a caro prezzo e di burocrazia protratta allo sfinimento.
Mancano i soldi alla Mens Sana Basket “in liquidazione” e un buco che non si capisce come sia stato possibile da produrre, visto il fiume di denaro arrivato in questi anni alla società.
Mancano i soldi all’AC Siena: una società in fallimento (salvo interventi salvifici dell’ultimo momento), un progetto di stadio a Isola d’Arbia caduto in dismissione con una valanga di denaro sperperato e che ancora porta strascichi di cui nessuno si preoccupa. Un danno che non ha un padre e un promotore. Come sempre, del resto. E adesso con un nuovo progetto. Un progetto di ristrutturazione dello storico stadio. Un’idea conveniente, si potrebbe dire subito, se non fosse che le manie di grandezza in questa città non paiono essersi ridotte con la riduzione del flusso di denaro. Mica un progetto di ristrutturazione “moderno ma contenuto” adatto per la sua posizione a ridosso del centro storico, idoneo alle tasche dei proponenti e utile per la città e per il suo naturale sviluppo. Niente di tutto questo, ovviamente. Altrimenti di cosa parliamo? Su cosa potremmo mai accapigliarci? Non vorremo mica distrarci e pensare al bene della città che ci è letteralmente sfuggito dalle mani un bel po’ di tempo fa…
E allora parliamo di stadio. Parliamo di questo progetto che ha subito catturato il cuore dei tifosi pronti a scendere in campo con tutta la loro violenza rivolta a chi non la pensa come loro.
Un progetto che ci è stato spiegato punto per punto, che appare bello, bellissimo… proprio come lo Juventus Stadium (che peraltro non è in piazza San Carlo) o come l’Allianz Arena di Monaco (alla periferia della città, per dire)… certo… peccato che Siena non è Torino e neppure Monaco di Baviera. Che una struttura come quella prospettata è talmente ampia che dovrebbe avere un bacino di utenza sproporzionato rispetto a quello che effettivamente servirebbe. Cinquemila metri quadri di negozi da vendere… a chi? 550 box auto da vendere… a chi? Bowling, piscina, auditorium… strutture che reggono da sole? O ci sarà bisogno del supporto del Comune per farli campare? E poi… certo la scuola, il parco, i posti auto (800) le migliorie al resto dell’area… Un’area in cui basta un mercato settimanale per rendere praticamente impossibile l’accesso al centro storico. Figurarsi con tutto il ben di Dio che si intende realizzare… ma certo la soluzione ci potrebbe essere… una galleria, magari, che da Pescaia raggiunge la Fortezza. Ma certo, come non averci pensato subito…
Ma chi spende? I tedeschi, certo. Guadagnando poi dal surplus derivato dalla vendita ipotetica delle strutture realizzate. E se qualcosa non quadra nella vendita? Se i 73 milioni non bastassero (la cosa capita spesso in avanzamento dei lavori), chi coprirebbe gli eventuali “rischi”? Non certo Sienainsieme con il suo capitale sociale da 10 mila euro, ovviamente! E soprattutto: chi ci guadagna da questa maxi operazione che, secondo i sostenitori dovrebbe portare tanto bene alla città? E che forse si potrebbe fare con molto meno dei 73 milioni indicati.
Il Comune proprio non ci guadagna: 10 milioni di euro in 99 anni non sono proprio nulla. Diciamolo. Almeno per quanto viene “offerto”. Una scuola e parco pubblico, un auditorium ad uso gratuito per 55 giorni l’anno… e dopo 99 anni il rientro di tutta l’area con annessi e connessi. 99 anni sono tanti. Che valore avrà tutta la struttura realizzata (se si realizzerà) tra 99 anni?
Il Cittadinoonline è stato accusato di collusione con i poteri forti per essersi posto delle legittime domande. Roba da farsi cascare le braccia, francamente. Vuol dire non aver capito nulla di quello che sta accadendo in città, di chi sono i soggetti con cui ci si trova a interloquire. Affermazioni che fanno pensare alla malafede… perché credere che qualcuno non abbia capito, onestamente, da che parte sta questo quotidiano è davvero difficile!
C’è chi ci accusa di essere dalla parte dei commercianti del centro storico. Chi ci accusa, addirittura, di essere legati alla Casta… Ma quale? Quella che abbiamo contrastato mentre era alla guida del Monte dei Paschi, quando si facevano operazioni di “abbellimento” dei bilanci con vendite di immobili di pregio? O forse quella che era implicata – direttamente o indirettamente, lo deciderà la magistratura – con l’acquisizione dell’Antonveneta? O quella che abbiamo infastidito criticando le costruzioni dell’ex area Socini o l’edificio lineare della stazione? O quella che si celava dietro il bianco-verde o il bianco-nero? O magari quella che ha operato anche fattivamente per metterci il bavaglio con querele, lettere di avvocati e fastidiose indagini che poi, però, gli si sono rivoltate contro?
Ma chi c’è dietro questo progetto, Mezzaroma a parte? Il costruttore senese Parri, la Fises, Unieco coop (una partecipata di Sienambiente), Progetto Malizia… Investor (vedere chi c’è dentro è un utile esercizio). Questi enti e personaggi che non si possono definire “vergini”, senza metterci nulla, potrebbero arrivare a guadagnare una manciata di milioni di euro. All’altruismo non ci crede nessuno, purtroppo.
E la squadra, da questa operazione, cosa ci guadagnerebbe? Una domanda che non trova risposta, uso dello stadio a parte, che certo non basta per coprire i debiti della società.
E i senesi? Neppure a questa domanda c’è una risposta che possa definirsi attendibile. Il valore di un progetto non si può valutare dalla manodopera (certo non completamente senese) che verrà coinvolta per la sua realizzazione. Non se il progetto rischia di diventare un’altra cattedrale nel deserto contro cui scagliarsi tra qualche anno perché incompiuta, o devastante per il profilo della città.
E, infine: perché non si può essere contrari a questo progetto e magari favorevoli comunque alla ristrutturazione del Rastrello? Perché chi si pone dei dubbi deve essere condannato senza appello? Perché il dubbio o anche la contrarietà deve essere definita una “colpa” o peggio, un sintomo di collusione? In una città che non si è mai posta in termini di “dubbio” di fronte a quanti, dall’alto del loro potere, decidevano per tutti, sempre considerando in prima istanza i propri interessi, mi pare si cominci a vivere affatto bene. A vivere bene sono sempre gli stessi. Quelli che offrono l’oppio dello sport di prima categoria in cambio di vantaggiosi e proficui incarichi e che francamente se ne fregano della squadra, della passione collettiva, del tifo… perché quello che davvero interessa sono gli interessanti margini di potere e di pecunia che se ne ricava.
Proprio sullo sport si sono “giocati” importanti equilibri di casta. Rapporti di amicizia si sono accavallati a rapporti di interesse. E mentre ci si spellava le mani per una partita vinta, nelle stanze del potere si tessevano trame rese invisibili proprio dal panem et circenses elargito alla massa. Ieri come oggi. C’è già chi è pronto a cavalcare una rinnovata gloria grazie allo sport. Da salvare e da far ritornare in auge.
E, a quanto pare, c’è già chi è pronto a stendere nuovi tappeti rossi. Denigrando anche chi i tappeti rossi non è mai stato disposto a stenderli. Neppure quando, attraverso difficoltà quotidiane, tiene fede ad una professione parca di riconoscimenti.