La Lega, intanto, mostra che ascoltare la gente "paga" alle urne
SIENA. Non è affatto facile, e neppure particolarmente stimolante, scrivere dell’azione o inazione politica a Siena. Della politica per come si è affaccendata nelle ultime settimane. Dei politici e degli amministratori per come hanno agito e si sono mostrati.
Per chi, come me, cercava disperatamente di individuare una qual fonte di luce, lungo un tunnel oscuro, a tratti illuminato da fioche lampade ad olio (e quindi tristemente a tempo) questa stagione si è esaurita senza alcun risultato. Niente di nuovo; nessun sussulto di orgoglio; alcun guizzo di originalità e neppure di passione politica pura: nulla è riuscito ad animare una campagna elettorale fiacca e scontata. Scontata anche nei cambi di rotta, nelle alleanze prima saldate e poi infrante, nelle provocazioni e nei tentativi di rifarsi una verginità.
Il colpo di scena dell’avviso di garanzia al sindaco renziano Valentini, per fatti riguardanti l’amministrazione del Comune di Monteriggioni… anche quello si attendeva da tempo. Il primo cittadino ci ha offerto un’altra delle sue performace da diplomatico con quel tocco da attore di lungo corso. La sua serenità nel dare notizia della cosa; la sua naturale chiusura alle domande dei giornalisti che gli stavano intorno; quell’ignorare la gravità di essere un sindaco impegnato a difendersi in un procedimento penale in un contesto storico-sociale come quello senese; quell’andare in Procura “sereno”, mentre le certezze di una città da sempre privilegiata vanno letteralmente a pezzi… scombussolerebbe stomaci di ferro e ben forniti di “pelo”.
La debolezza politica di questo sindaco, già messa in evidenza in altre e varie circostanze, è controbilanciata magistralmente dalla sua ostinazione a restare alla guida di Palazzo Pubblico. Un’ostinazione che si tramuta in un formidabile “maanchismo” non privo di prese di posizione a vantaggio della maggioranza Pd in Consiglio Comunale. Proprio quel gruppo (quasi compatto) di personaggi contro i quali il nostro si era candidato alle primarie per l’elezione a sindaco.
Ma gli equilibri sono sempre gli stessi, sindaco a parte?
Si direbbe di no, se Stefano Scaramelli sbaraglia Simone Bezzini a Siena città. Il renziano riesce a convincere anche i senesi. O, per meglio dire, Alberto Monaci e l’ala democristiana di sinistra che ha sempre ottenuto belle prestazioni nel segreto delle urne. E, forte di questo fronte allargato, anche il sindaco chiusino ha ottenuto un risultato clamoroso. Scaramelli in Regione come Valentini alle Comunali? Entrambi renziani della prima ora, entrambi sindaci rampanti e parecchio affezionati alle telecamere e ai microfoni. Ambiziosi e comunicativi. Entrambi pronti a qualche “mediazione” per ottenere risultati apprezzabili nella loro carriera politica. Solo che il secondo tende a soccombere sotto le sue stesse alleanze, il primo pare proprio di no. Almeno a vedere la sua carriera.
Ci ricordiamo tutti come andò con la nomina di Niccolò Guicciardini a segretario provinciale, quando il candidato renziano era un altro; o come andò quando fece l’impennata contro la candidatura dell’ex-presidente della Provincia Simone Bezzini alle regionali, rimasta più tempo sui giornali che nelle stanze del partito. O, ancora, come finì la sua candidatura a presidente della Provincia, come opposizione al “patto del Bravìo” firmato, tra gli altri, da Valentini. Sconfitte, sulla carta, che non stupirebbe se celassero risvolti di tutt’altra natura.
Oggi Scaramelli, forte del suo personale carico di consensi, lancia il guanto di sfida ai vertici del Pd locale. Prima accusa la dirigenza di aver tentato di gettare fango sulla sua persona per indebolirne la candidatura (i nomi, ovviamente, non vengono mai fatti) e poi non teme di parlare di unità, di inclusione di tutte le anime del Pd (dissidenti e monaciani in primis?) e di cambiamento a partire dalla segreteria provinciale, con a capo Guicciardini… ma anche no.
E con Bruno Valentini la battaglia è aperta. Il neo consigliere parla di un ricambio interno alla Giunta. In diversi, dalle sue parole, hanno tratto i nomi dei “pendenti”. Ritornano tempi bui per il vice sindaco Mancuso. Non piacerebbe neppure a Scaramelli (proprio come aveva lasciato un brutto ricordo a C. e compagnia per quel suo “passaggio” ad altra corrente), che al suo posto vorrebbe qualcuno dei suoi, più fidato e “in linea”. Sulla graticola potrebbe esserci anche Paolo Mazzini, le cui performances da assessore non sarebbero state delle migliori. In sostituzione dei due, il sindaco di Chiusi penserebbe ad un rappresentante della corrente democristiana del partito (rimasta senza rappresentanti per le lotte intestine degli ultimi mesi) ed un renziano di fede comprovata, un moderato attualmente in Consiglio Comunale. In bilico, anche qui sembra essere diventato un mantra, anche l’assessore alla cultura Vedovelli. (Ah, questa cultura! Troppi interessi le girano intorno adesso che il Monte non è più munifico di incarichi e di finanziamenti).
Valentini non ci ha messo tanto a replicare. La Giunta non si tocca. Questo compito, semmai, spetta al sindaco. Il consigliere regionale pensi a fare il consigliere regionale, a creare un ponte tra i finanziamenti europei e regionali e la città di Siena, massacrata dai rappresentanti del partito unico, ancora sorprendentemente in auge tra le mura e fuori. Ma questi sono dettagli, aspetti di una storia che proprio non riescono a fare breccia tra le spesse pieghe delle consuetudini (che non sono neppure più ideologie o orientamenti politici) senesi.
E se Rossi pare aver chiuso la Giunta, in pochi scommetterebbero su Scaramelli presente all’interno della rosa di assessori. Del resto, un assessore regionale, Chiusi l’ha già avuto. Quel sindaco Luca Ceccobao che perse il suo posto da assessore ai trasporti proprio, si dice, a causa di un manipolo di democratici senesi arrivati a fare questa richiesta di defenestramento al presidente. Un fatto seccante per Rossi e che, se vero, chiarisce come la litigiosità ed il personalismo delle correnti senesi interne al Pd non siano affatto sconosciuti a Firenze e forse, oggi, fonte di imbarazzo, perché ormai privati anche della serietà che deriva dal potere economico (leggi Mps). Scaramelli dichiara di non pensare alle poltrone ma al cambio di passo dei democratici provinciali senesi e – salvo che non cambi idea nei prossimi giorni – pare proprio che non voglia abbassare i toni del confronto.
Si può tentare un azzeramento dei vertici del partito e, al contempo, un ricompattamento delle diverse correnti interne? Pare una contraddizione in termini inattuabile se è vero, come è vero, che i “vecchi” non ci pesano neppure a cambiare, non solo facce, ma regole di gioco.
E così scopriamo che il sindaco Valentini (e risiamo a lui) intende entrare personalmente nel cda della Chigiana: il massimo rappresentante di un ente nominante della Fondazione Mps che entra nel cda del braccio culturale di quest’ultima. Alla faccia della delicatezza istituzionale e della modestia (mettiamoci pure questo). Ma non avrebbe già da pensare a tante cose, il nostro sindaco, da non avanzargli tempo? Ma non ha da pensare seriamente ad uscire dalla vicenda giudiziaria di Monteriggioni, magari senza condanne? Ma le varie carte di Pisa, di Avviso Pubblico in cui si invita a non accentrare e a non accumulare incarichi – peraltro in modo così poco elegante – dove le abbiamo lasciate? In quale cassetto? Diciamo che sulle nomine (dalla Fondazione Mps a scendere, il nostro sindaco non ha mai brillato. Dai cambi di cavallo all’ultimo minuto (subiti o imposti) agli sms a Renzi.
Ecco: in finale non possiamo che notare, con profondo disappunto, che tutte queste beghe di partito poco giovano all’immagine della città e alla sua risalita dal fango in cui è stata gettata.
Mentre Scaramelli parla di una Siena votata ad essere “un laboratorio politico nazionale”, c’è chi pensa a come sbarcare il lunario, nel capoluogo come nei paesi della provincia. Mentre Valentini pensa alla Chigiana, il Santa Maria della Scala resta senza futuro e l’Accademia dei Fisiocritici chiude al pubblico. In barba alla pantomima di Siena capitale italiana della cultura, ai soldi che dovevano arrivare dalla Regione e che non si sa bene come e da chi dovrebbero essere amministrati. Bene fanno alcuni gruppi di cittadini a volerci vedere chiaro ed a chiedere l’intervento della Magistratura. Proprio come bene ha fatto la Lega Nord a promuovere iniziative di vario genere contro il Sistema. Un impegno che ha ottenuto un primo risultato in queste ultime elezioni. Il Carroccio ha assunto un ruolo di partito di opposizione con cui tutti gli altri dovranno confrontarsi, se si vorrà dare un senso ed una concretezza ad una futura azione di contrasto alla maggioranza.
Primarie o non primarie per il leader dei “non Pd” (come suggerito da Eugenio Neri), il messaggio che arriva da questa campagna elettorale ormai conclusa è che ascoltare la gente, lanciarsi senza timori contro le ingiustizie, le scorrettezze o la cattiva amministrazione, alla fine paga. Al di là delle simpatie ideologiche, dei disaccordi su vari temi, la politica del fare, quella che abbiamo disimparato per mancanza di esempi, resta l’unico appiglio possibile per avviare la ricostruzione. E l’unico modo per convincere il mega partito degli astenuti a recuperare la fiducia nei confronti di chi amministra.
Un’impresa neppure tanto titanica nella distratta Siena di inizio estate…