Tra poco parte la corsa alle poltrone della Fondazione Mps...
di Raffaella Zelia Ruscitto
SIENA. La cosa buona è che tra poco si corre il Palio. Quella cattiva è che tra poco si corre il Palio. La festa che paralizza i pensieri, le decisioni, la festa che sposta tutto a “dopo”, Palio o non Palio, quello che resta a Siena è la certezza che si è abbondantemente perso la bussola e chi dovrebbe fare da guida in questa situazione caotica non sa proprio da che parte cominciare. E improvvisa. Usando, però, metodi antichi, desueti, ampiamente dimostratisi inappropriati se non dannosi.
Gli occhi di tutti (o quasi) sono puntati sulle operazioni di aumento di capitale della banca Mps. Anche quelli poco abituati a seguire le oscillazioni di Borsa sono lì a destreggiarsi tra i titoli, le sospensioni per eccesso di ribasso o di rialzo, le notizie finanziarie e simili.
I politici locali, invece, hanno gli occhi puntati sulla Fondazione Mps. Quelle nomine da fare hanno messo il pepe addosso allle varie anime del Partito Democratico. Eliminata la Mansi – lasciata sola contro Profumo e nelle decisioni relative alle azioni di responsabilità, praticamente snobbata e, anzi, criticata nelle stanze del potere – adesso si passa oltre e i nomi che circolano mettono una certa ansia. Questa deputazione generale dimostratasi troppo autonoma si è conquistata le inimicizie della politica e le simpatie della città. Sarà un caso che il Consiglio Comunale – ovvero la maggioranza – abbia proposto un bando pubblico per la nomina dei vertici di Palazzo Sansedoni, di fatto togliendo la fiducia all’attuale organo responsabile di scegliere il nome del presidente e della deputazione amministratrice? Una proposta, questa, non proprio innovativa. Pare, infatti, che fosse stata lanciata, proprio nelle stanze dell’allora azionista di maggioranza della banca Mps, da Vareno Cucini, uomo di riferimento dell’area oggi restaurativa dei democratici, che fa capo a C. Sarà un caso anche questo: che la stessa identica proposta viene rilanciata dai consiglieri di linea C. L’idea vuole presentarsi come democratica e trasparente. In realtà non cambierebbe nulla e non permetterebbe l’assoluta blindatura della Fondazione Mps dalle sgrinfie della politica. Un’operazione di facciata, insomma, da gettare in pasto ai senesi vogliosi (ma anche poco) di un cambiamento di rotta rispetto al disastroso passato.
La deputazione, di fronte al nebuloso e improvvisato documento uscito dal Consiglio Comunale, quello della “defezione” delle minoranze, ha fatto semplicemente spallucce. Come prevedibile. E non ha fretta di scegliere i nuovi organi amministrativi. C’è tutto il tempo. Il tempo dell’aumento di capitale e il tempo del Palio. Poi arriveranno, a pioggia, i nomi “suggeriti” dalle istituzioni pubbliche e la guerra aperta avrà inizio. La restaurazione, portata avanti all’interno del partito, dovrà necessariamente proseguire e riconquistare anche le vecchie posizioni perse in questi lunghi e faticosi mesi. Palazzo Sansedoni è sempre stato un baluardo strategico nella scacchiera del potere senese. Anche oggi, nonostante la ricchezza depauperata, resta un punto nodale che non si può certo lasciare in mano a gente dimostratasi poco malleabile. Gente che ha permesso quel famoso “no” all’aumento di capitale voluto da Profumo del dicembre scorso e che ancora risuona nella testa dei “poveri” operatori nell’ombra. Occorre scegliere uomini e donne di comprovata obbedienza. Capaci di ignorare, come in passato, il bene della collettività, per rispondere solo a colui o colei che ne ha permesso l’avanzamento di carriera. Poi si potrà rimettere mano al portafoglio della Fondazione. Nel documento, come nelle stanze dei bottoni, si è tornato a parlare di “distribuzione degli utili”. Come se la Fondazione avesse già utili da distribuire e non patrimoni da consolidare. Come se l’utile di bilancio non fosse derivato dalla vendita dei Fresh (cioè di patrimonio), ma dai dividendi della banca.
Con uno scatto degno di un centometrista i politici si vorrebbero lanciare sugli spiccoli guadagnati dai vertici oggi ancora in carica, per rimettere in piedi quella macchina di “favori” che tante soddisfazioni ha dato al “Sistema Siena”. E chi se ne importa se la Fondazione è ancora in fase di convalescenza. Il tempo passa troppo velocemente e c’è bisogno di recuperare la liquidità che ormai manca da tutte le parti.
Un tempo – precisamente ai tempi di Mussari – a Siena si scherzava chiamando la Fondazione Mps “la mucchina”. Ah… saggezza popolare! E quella mucchina, ormai ridotta all’osso, dovrebbe alimentare la rinascita di una rete di relazioni e “controllo” che ha già dato il meglio di sè e che, ormai, potrebbe fare solo di peggio (!!!). Ma tant’è. C’è bisogno dell’ennesimo “pupazzo” da lasciare nelle mani di Profumo. Che sottoscriva quanto gli viene dettato dall’alto e che, con le spalle relativamente al sicuro, possa operare nell’esclusivo interesse di quelli che contano. Con buona pace di ciò (poco) che resta.
Abbiamo già assistito ad operazioni “restauratorie” alcune delle quali – e solo alcune – non andate a buon fine. Dal nome del segretario dell’Unione comunale del Pd, Mugnaioli alla carica di amministratore della disastrata Enoteca Italiana (siamo in attesa di conoscere le ragioni di questo bilancio in rosso profondo), al nome di Totaro come papabile successore della Mansi. E quelle andate a buon fine… Francesconi nel cda di Siena Parcheggi, Carlo Rossi e Lorenzo Brenci nel Cda dell’Asp e Carolina Persi nel cda del Consorzio Terre Cablate.
Quello che doveva essere il garante del cambiamento, il sindaco Valentini, ha dato prova di saper mediare ma, quasi sempre, a discapito dell’ala rinnovatrice dei democratici, cioè quei tesserati Pd con convinta adesione a Siena Cambia. Di quella operazione di contrasto al vecchio sistema interno alle stanze di via Rosi sono rimasti pochi fedelissimi, ancora ostinatamente convinti che, prima o poi, le cose cambieranno davvero. Ma dopo la nuova composizione dell’assemblea dei democratici, che ha visto la decapitazione dei tesserati/attivisti aderenti anche al disegno sienacambista (nota la vicenda di Porcellotti e di quella inadeguata rappresentatività della sua lista), si poteva già dire addio al cambio di passo del Pd nostrano. Figurarsi in Consiglio Comunale! Saranno pure monaciani (e per questo facilmente attaccabili da una certa parte di democratici di corrente C.) ma bene hanno detto Sabatini e Trapassi quando hanno precisato che, nel programma elettorale della lista, non era scritto da nessuna parte che si dovesse seguire pedissequamente quanto deciso dalla capogruppo del Pd. A cosa è servita quella lista se poi avrebbe operato in ossequio alle direttive di partito? Dove si colloca lo stimolo al cambiamento se poi si agisce nel rispetto di vecchi equilibri?
Non è chiaro. Come non è chiaro questo assoggettamento ad Alessandro Profumo da parte delle istituzioni locali. O meglio della politica. Ma forse tutto dipende dall’aver perso la bussola e dal non capire che, navigando a vista, si rischia di mancare il porto di attracco.
(foto tratta dal sito religionidelmondo.it)