L’esercizio della decenza… e della resistenza

SIENA. “Andremo in strada con tutti gli striscioni a fare sempre la figura dei fregnoni… ma a me di questo non me ne importa niente… io oggi canto in mezzo all’altra gente perchè ci credo o forse per decenza… che partecipazione certo è libertà ma è pure resistenza…”. Sono le parole di una canzone di Daniele Silvestri “A bocca chiusa”.

Comincio con questi versi contemporanei per alcune parole che ne rendono vivo il contenuto. La prima è “decenza”.

Siamo sicuri di considerare con il giusto peso questo concetto così importante? Nel leggere le azioni di molti pare che questa caratteristica, insita in ogni comportamento del nostro vivere quotidiano, sia troppo spesso trascurata – messa tra gli aspetti meno incidenti – delegittimata da una sorta di “indipendenza intellettuale” che diventa il lasciapassare per il soddisfacimento di ogni nostra egoistica volontà. “Posso? Allora voglio!” E’ l’imperativo che fa da sottofondo al nostro infelice tempo. In questa chiave si possono leggere gli atti compiuti dai vertici della politica, della banca senese, della Fondazione, del Comune, delle aziende sanitarie… e dell’Università! E chi se ne importa se non è legale, onesto, corretto, degno, decente… dignitoso.

Invece la dignità e la decenza,  proprie e collettive, sono pezzi delicatissimi che contribuiscono a fare la differenza tra una società civile ed una incivile e destinata all’autodistruzione.

Ma se, individualmente, ognuno farà i conti con sè stesso,  pubblicamente le cose dovrebbero andare diversamente. Mi riferisco a quanto avvenuto all’ombra dell’Università di Siena. Due rinvii a giudizio per l’elezione dell’attuale rettore Angelo Riccaboni: il presidente della Commissione elettorale ed il segretario di seggio dovranno andare a processo per presunte gravi irregolarità nella fase di voto. Il rettore, ovviamente, non è direttamente coinvolto ma, ci domandiamo noi comuni mortali: cosa sarebbe “dignitoso” fare in casi come questo? Quando il nome dell’istituzione viene indebolito da voci insistenti di “groviglio”; quando un ruolo ricoperto viene messo in discussione da sospetti di brogli (sospetti che vengono avvalorati da un procedimento giudiziario); quando il processo di risanamento stenta a decollare (usando un eufemismo); quando la città resta schiacciata da una immagine di sè distrutta e defraudata e l’Ateneo non ne resta fuori, anzi? Cosa dovrebbe fare il massimo rappresentante di una Università travolta suo malgrado da vicende dolorose come quelle della cooperativa Solidarietà? Da cause intentate dai dipendenti ai vertici amministrativi? Da esposti di varia natura presentati su vicende che fanno da sfondo a presunte “gestioni allegre e personalistiche” delle strutture universitarie? Sia chiaro: non si parla di responsabilità dirette (che sono di competenza giudiziaria) ma di opportunità morale legata alla difesa e tutela della “dignità” di un bene pubblico.

Alcuni candidati a sindaco si sono espressi chiedendo le dimissioni del rettore Riccaboni e del costoso (troppo, se raffrontato anche i licenziamenti e ai sacrifici chiesti ai dipendenti) direttore amministrativo Fabbro. Laura Vigni e Maurizio Montigiani non hanno fatto giri di parole per dire quello che pensavano della situazione e per difendere la dignità dell’istituzione culturale senese. Se, a questo, si aggiunge la non costituzione di parte civile dell’Università nel processo sul buco di bilancio, il quadro “poco dignitoso” (per l’Ateneo) è tristemente chiaro.

Lo stesso sta accadendo in banca, in Fondazione ed in tutte le istituzioni “con il buco intorno”. Nessuna dimmisione a difesa della dignità personale e di quella dell’ente che si rappresenta. O del partito… o della azienda… Cosa pensare di questa testarda indifferenza? Possiamo continuare a riderci “all’italiana”, voltarci dall’altra parte parlando di altro, oppure indignarci e chiedere il rispetto della dignità e della decenza della collettività.

Passiamo alla politica: Bruno Valentini ha presentato le firme per la sua candidatura ufficiale alle primarie del centro sinistra. Alla faccia (evvivaddio!) di quelli che pensavano maliziosamente in un inciucio sottobanco! Rotti gli indugi, Valentini ha alzato la mano e fatto un passo avanti dignitoso e coerente, anche a nome dei tanti che, fino ad oggi, lo hanno sostenuto. Un passo che non prevede, sulla carta, nessuna via di ritorno. Peccato che le primarie non sono state ancora convocate e quindi resta un candidato per una competizione ancora non sicura. Anzi…

Di nomi per la “candidatura forte” (volendo per forza escludere le primarie) ne sono usciti una miriade. Stare dietro a queste voci è impossibile: Bindi? Berlinguer? L’avvocato Lepri? Francesca Vannozzi (di ambito universitario)? Anna Carli? L’ex-assessore Bianchi?  Tanti nomi… troppi. Ad indicare una totale confusione di intenti che ha più il sapore di un “aggrovigliarsi” alla ricerca di un candidato di facciata che serva a mantenere lo status quo operativo in tutte le sue forme. Poco dignitoso e, in compenso, anche poco democratico!

Resta, adesso, da capire quale scusa accampare alla negazione di una richiesta ufficiale di indizione delle consultazioni interne al Pd… Le menti dei democratici locali sono già sulle sudate carte. Cercare il modo per fermare un processo di libero confronto dopo anni di “guida paterna” (sic!) è sicuramente un esercizio faticoso… E questo passaggio delicato ci riporta a Daniele Silvestri e alla sua bella canzone… Le parole che restano da sottolineare sono, nell’ordine: libertà, partecipazione, resistenza.

Parole che dovrebbero esserci care, parole costate la vita a uomini e donne i cui volti non sono solo “immaginati” ma spesso immortalati in vecchie foto ingiallite, i cui nomi compaiono sopra delle lapidi a volte dimenticate. Cosa possiamo dire a nostra discolpa quando queste parole diventano vana retorica? Quando lasciano il posto al silenzio colpevole quanto il reato che non si denuncia? Quando non vengono sollevate, con coraggio, davanti alle coscienze sopite dall’egoismo e dalla indifferenza di chi ci governa come di chi ci sta intorno?

“E senza scudi per proteggermi… nè armi per difendermi… nè caschi per nascondermi… o santi a cui rivolgermi… con solo questa lingua in bocca e, se mi tagli pure questa… io non mi fermo, scusa, canto pure a bocca chiusa…”
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