La verità emerge dalle indagini degli inquirenti. E mostra una stretta rete di potere
di Raffaella Zelia Ruscitto
SIENA. C’è chi le chiama “polpette avvelenate” – e l’uso di questa definizione è verdin-ceccuzziana – e chi le chiama la conferma di quanto sempre saputo tra le mura di Siena. E’ tutto vero… non è assolutamente vero… adiremo le vie legali! La verità è che gli accadimenti degli ultimi due mesi circa sono al di sopra di quanto previsto – da parte di tanti anche sperato – dai senesi. Nel giro di una manciata di giorni la “casta” che dominava la città come una piovra si sta sgretolando tra lo sgomento e l’indignazione generale. Proprio come in un cedimento strutturale incontrollato, le macerie cadono e, a volte, investono edifici vicini che, franando a loro volta, creano il disastro. Siena appare così. Prima è toccato alle istituzioni, ai “gioielli senesi”… poi ai responsabili del declino morale, economico e sociale della città. Certo, non a tutti! C’è ancora lavoro per gli indomiti magistrati senesi! Dopo le querele che probabilmente verranno presentate da Ceccuzzi e Verdini per la faccenda del “papello”, sicuramente ci saranno altri protagonisti senesi da ascoltare, altri politici, dirigenti di banca e magari anche qualche impreditore… tanto per non farci mancare nulla!
La verità sta emergendo da pagine e pagine di atti conservati gelosamente in Procura. E non mancano rivelazioni pubblicate dai giornali nazionali (grazie a qualche gola profonda che, a questo punto, ha interesse a far arrivare venire alla luce certi aspetti delle vicende senesi). All’ombra del Monte dei Paschi – e con questa più che valida scusa – si stanno sciogliendo i nodi di una mala gestione della cosa pubblica (e pure privata) che ha caratterizzato gli ultimi decenni della realtà senese. Roba che, a pensare a Tangentopoli, appare ben più grossa.
Dovremmo tutti piangere calde lacrime. Dovremmo tutti fare un atto di dolore per quanto sta emergendo, dal momento che nessuno può sentirsi “estraneo” alle vicende (questioni finemente finanziarie a parte)! Nella città a più alta densità di dirigenti bancari, piccola, costruita su relazioni familiari, di contrada, di partito, erano davvero in pochi quelli che “non sapevano”. Se non per filo e per segno, almeno per sommi capi. Era il 2009: all’assemblea dei soci di Mps, un accalorato Aurigi mi disse: “Cara, hai assistito alla più grande tangente della storia!” riferendosi all’acquisizione Antonveneta. E ho detto tutto… diceva Totò.
Che il Pdl a livello regionale avesse dei rapporti con la banca e, tramite questa, con il Pd, o viceversa, era una cosa che in diversi, nel tempo, hanno detto a chiare lettere. E le nomine fatte in Fondazione, in banca e nelle partecipate, sono lì a dimostrarlo. Diciamocelo: il “manuale Cencelli” non è mai passato di moda, anzi. Oggi, la sfilata bipartisan di politici alla Procura di Firenze e a quella di Siena, dimostra un’operazione di smobilitazione della politica dalla banca che non poteva che prendere avvio e giungere a conclusione attraverso il lavoro certosino della magistratura.
A pochi giorni dalle politiche, scoprire certe alleanze segrete, mette a disagio. La sensazione di essere solo piccoli puntini sopra cui vengono prese decisioni, fatti accordi, spartite poltrone, prebende e potere, lascia esterefatti, nauseati e poi, indignati. Tutta la smanfrinata degli ideali, delle appartenenze partitiche, delle convinzioni politiche – cose su cui poggiavano e seguendo le quali operavano i politici degli anni ’50 – ’60 e pure ’70 – sono diventate sempre più fumo negli occhi per i poveri “bischeri” propensi a idealizzare e magari a farsi “tifosi” dell’uno o dell’altro schieramento. E, arrivati al tifo, addio razionalità e addio obiettività. Governare, ccon questo metodo messo a punto negli anni, è molto più facile: un popolo diviso “sul campo”, è un popolo facilmente indirizzabile, che si beve ogni cosa, a cui si può dire tutto e il contrario di tutto.
Così, i discontinuatori sono quelli che hanno fatto politica attiva e “ad alti livelli” da quindici anni almeno, i presidenti delle banche sono quelli che “non è il mio mestiere” e le case si acquistano “a mia insaputa”… e via di questo passo! Senza più alcuna credibilità i politici si apprestano a farsi rivotare da un popolo che … li rivoterà. E questo, per inevitabili ragioni, avverrà anche a Siena, con esiti che tutti siamo curiosi di conoscere.
Adesso che, grazie ad una mobilitazione collettiva della stampa nazionale (e pure di quella locale, almeno per quello che ci riguarda) le cose si sanno, nessun senese potrà dire: “non lo sapevo”. Nessun senese potrà fingere con se stesso che le cose stiano diversamente. Questa volta non ci sono avversari da denigrare (oddio, volendo ci sono anche quelli!) e non reggono le “novelle” che avevano come protagonista la Fondazione ed il suo 50 per cento della banca; la banca e la sua solidità; il Comune ed il suo benessere; l’Università ed i suoi piani di risanamento… I senesi sono davanti a quello che hanno lasciato che gli venisse fatto. I segnali c’erano, ma sono stati bellamente ignorati.
Una chiosa sulla libera informazione è d’obbligo, all’indomani dell’evento Press and the city, organizzato dall’associazione La città ai cittadini. Io c’ero. Gli organizzatori non mi hanno visto, ma altri sì e questo mi rincuora, dal momento che ho temuto di essere diventata invisibile. Come ho temuto, durante tutta la serata, che il giornale che mi pregio di dirigere, non fosse mai esistito. A partire da Raffaele Ascheri, stimatissimo, che però ha dimenticato di citare il Cittadino tra i giornali che, ad ogni suo libro, hanno dedicato spazio e “notizia”, e non da oggi… a finire ai tanti commentatori delle vicende Mps… il Cittadino e Red scrivono di Mps da diverso tempo… Tra le prime apparizioni ci piace citare un articolo di grande attualità datato 28 novembre 2011. 2011, chiaro? Lo ripubblicheremo per i distratti.
Mi è stato rimproverato di non essere intervenuta. Forse ho sbagliato. Forse avrei dovuto dire quanto è difficile fare informazione “contro” in una città come Siena. E non solo per colpa della “casta” ma per una rete di relazioni e di riferimenti che ti fanno essere un giorno di destra e il giorno dopo di sinistra in base a quello che scrivi e a chi dai spazio. Attraverso questo meccanismo barbaro si diventa non solo oppositori della maggioranza al potere – come ogni stampa “sana” dovrebbe essere – ma avversari delle varie minoranze che vorrebbero accampare un qualche diritto sugli spazi del giornale. E se se ne dà ad un altro allora quell’altro diventa “l’editore occulto”… “Chi c’è alle vostre spalle?”… se lo domanda – o allude – Romolo Semplici nel commento ad un post sul blog di Pietraserena. Non lo querelerò… ne farò solo l’esempio lampante di quanto detto.
E’ facile fare informazione a Siena? Quando anche i colleghi ti snobbano mentre arranchi nel tentativo di fare nel miglior modo possibile il tuo lavoro, con le forze che hai? No, direi di no. Di chi è la colpa? Della “casta”? Troppo riduttivo… Di un “sistema”? Forse… Libera informazione è un concetto “alto” che prevede una maturità intellettuale non solo in chi scrive ma anche, parimenti, in chi legge. In questa relazione “di amorosi sensi” si sviluppa la conoscenza e l’individuo si costruisce una opinione su quanto gli accade intorno. Avere una opinione vuol dire essere liberi nella scelta…
Essere liberi è faticoso… governare uomini liberi è impossibile!
© RIPRODUZIONE RISERVATA