Troppe assenze tra quelli che potrebbero contrastare la crisi delle istituzioni e della moralità
di Raffaella Zelia Ruscitto
SIENA. Il tempo scorre. Purtroppo (come direbbero alcune belle donne) o per fortuna.
A Siena di scadenze importanti da segnare sul calendario ce ne sono. Mai così tante come adesso. A partire da quella del 9 ottobre data in cui la Fondazione Mps verrà estromessa di fatto da ogni decisione importante – dalla scelta ipotetica di vendita di rami d’azienda alla scelta di soci al prossimo aumento (certo) di capitale. Caro Mancini, resta pure dove sei, tanto le decisioni non passeranno comunque più dalla tua scrivania ma da quella di Profumo. La banca non è più senese e l’ultima cosa senese che poteva annoverare (la Fondazione) viene privata di ogni ruolo decisionale. Così, anche tutte quelle storie relative al cambio di Statuto dell’ente possono essere cestinate perchè arrivate oltre tempo massimo.
All’Università si vedono i primi risultati delle indagini della Magistratura sul “buco” di bilancio. Un segnale che, anche sul quel fronte, qualcosa si sta muovendo. Del resto, la Procura di Siena ha un esubero di lavoro negli ultimi mesi da far impallidire le “sorelle” di Roma o Milano… tanti di quei filoni d’inchiesta che pare di essere in una metropoli da fumetto, piena di corrotti e sempre con il faro acceso alla ricerca del supereroe che, però, non arriva mai.
Sul fronte della politica la situazione non potrebbe apparire più immobile di così.
Mentre si preme ancora per le elezioni anticipate, tanto per evitare che chi ancora non si è svegliato non venga disturbato nel suo sonno (il termine ultimo valido è il 5-6 ottobre), c’è chi cerca la via per una nuova stagione dei partiti, delle coalizioni, dei movimenti.
Agli inciuci nelle sergrete stanze – volti principalmente a cercare di mettere nuove pezze ai disastri gestionali – cercano di opporsi idee nuove, attività e iniziative dalla base che potrebbero far sperare in qualcosa di migliore. O almeno di diverso. Se non fosse che, a leggere bene, a ben riflettere, le facce sono sempre le stesse.E’ frustrante guardarsi intorno e non vedere nulla che non sia già noto, per una ragione o per un’altra.
Proprio come da una parte si annunciano sempre più insistentemente le primarie di partito con un Ceccuzzi che – possiamo vestire gli abiti della maga da baraccone – sbaraglierà a mani basse fantomatici “rivali”, dall’altra la scena non cambia. Nessun nome nuovo, nessuna idea nuova, nessun cambio di “dirigenza”. Sempre le solite facce: in maggioranza come in opposizione. E la cosa che maggiormente fa tremare il cuore – e vacillare la mente – è che non pare essere cambiata la logica che ha mosso i vertici cittadini. Quella del “do ut des” o del “divide et impera”.
La proposta, lanciata dal professor Mario Ascheri dalle pagine del Cittadinoonline, piace per la sua forma dinamica, energica. E per il fatto che lui stesso si tira fuori dalla politica attiva, ritagliandosi un ruolo “propositivo”, quasi da “suggeritore”. Ma poi, l’invito alla mobilitazione passa, in massima parte (con delle interessanti eccezioni, a dire il vero, e che si spera non cadano nel vuoto), da personaggi già noti. Alcuni dei quali, rincresce dirlo, impegnati nelle file dell’opposizione e poi rivelatisi poco incisivi, discutibili negli atti e nelle capacità.
Unica donna citata nell’articolo-proposta di Ascheri: Laura Vigni. Attiva e combattiva consigliera di sinistra che resta sola in una miriade di leaders in giacca e cravatta. Ma le altre donne dove sono? Ma che fine hanno fatto le attivissime imprenditrici senesi, le donne del vino, quelle che tengono vivo il volontariato, quelle che muovono il commercio a Siena? Possibile che una terra come questa possa aver prodotto quasi esclusivamente un piccolo gruppetto di signore “dipendenti da”? E che, in questo preciso momento, di crisi e di indecisione (o smarrimento) della gente, le donne non sappiano mettere le proprie capacità al servizio della comunità e non del singolo “capo partito”?
Convegni a parte (inutili in quanto troppo spesso scarsamente interessanti anche per gli addetti ai lavori) che servono solo da vetrina per qualcuno, dove si è rifugiato e ostinatamente nascosto il valore delle donne?
E, per continuare a “segnare le assenze”: dove sono gli intellettuali senesi? Dove sono, con la loro memoria storica, con la loro competenza, con la capacità di trasmettere concetti, di sollevare quesiti alla coscienza popolare, di interagire con la città ad un livello che non sia quello, attualmente monotono e a volte irritante (perchè ipocrita) dei politici? A parte le fulgide eccezioni del professor Grasso, del professor Ascheri e del professor Minnucci nessuno interviene nel coro di voci per “svegliare la città”.
Eppure il nostro invito al confronto è valido e attivo da tanto tempo.
Addirittura, siamo partiti dalla cultura, settore strettamente di competenza dei predetti “assenti”, per smuovere un confronto. Avevamo dato il “servizio” a Pierluigi Piccini, per il suo ruolo di ex amministratore, quindi di politico, e di promotore e sostenitore di inziative culturali al tempo della sua “gestione”. Neppure la sua figura tanto controversa a Siena (costantemente in bilico tra amore e odio) è bastata per smuovere dalla loro cattedre i “pensatori” senesi.
Mi ritorna, dalla radio, la nuova canzone di Niccolò Fabi: “Una buona idea”. E mi rimbombano nella mente le parole “Sono orfano di una democrazia che non sia solo un paravento… di onore e dignità… misura e sobrietà…”. E gli orfani, ahimè, non sono solo quelli che hanno perso qualcuno o qualcosa, ma anche coloro che, pur avendo, da qualche parte, in qualche modo, dimenticano, lasciano, non curano. Perchè la solitudine che vivono è poi la stessa, irrimediabile.
“Occorre l’impegno di persone competenti, oneste, disinteressate, attente al “bene comune” e non a quello del proprio “particulare” scrive il professor Minnucci. Ne sono convinta, fermamente. Come sono convinta che, in questa città come nel resto del mondo, di persone con queste caratteristiche ce ne siano. Eccome. A partire da chi ha partorito questa frase.
Allora perchè questa “solitudine dei numeri primi”? Perchè questo isolamento che riduce le forze, che spossa, che sprigiona il senso di impotenza e, di conseguenza la rassegnazione? Una rassegnazione che traspare dalle parole di molti cittadini, ex amministratori, docenti, imprenditori… e che non produce nulla. Perchè non può ergersi ad esempio per nessuno.
Le pagine di questo giornale sono uno spazio libero, aperto al confronto tra chi scrive e chi legge. Il nostro giornale vorrebbe essere la “base” su cui avviare un dialogo tra coloro che, a vario titolo e per ragioni svariate, sono rimasti fino ad oggi in silenzio. In un silenzio che poteva essere legittimo in passato, ma che oggi potrebbe essere ingiustificato se non colpevole. Siena, i suoi beni, la sua storia, sono dati per spacciati (Mauro Aurigi è ancora più categorico e forse non a torto). Ma probabilmente, su queste macerie, c’è ancora modo di fare pulito e ricostruire.
Non tutti i politici sono da defenestrare; non tutti gli intellettuali sono da ascoltare. Ma se il punto di partenza sono le qualità enumerate da Minnucci, allora ciascuno con la propria storia e con le proprie capacità può avere un ruolo nella rinascita di una coscienza civile troppo preziosa per essere “superata” dalla immoralità e disonorabilità diffuse.
La stampa può e deve fare la sua parte. Nella libertà naturale imprescindibile per la sua esistenza, l’informazione può ritagliarsi un posto che travalichi il primario ruolo di “dare notizia di quanto accade”: può diventare luogo di confronto “in gestazione”, fusione di fatti, eventi passati e proposte per la costruzione di un futuro. E’ un’idea ambiziosa, un disegno che forse il professor Minnucci, dall’alto della sua esperienza, annoterebbe solo in un “libro dei sogni”. Ma credo, spero, fortemente mi auguro, che questo “appunto” finisca sotto la voce “proposito” nell’agenda di molti. E che da mero appunto, diventi impegno. Morale, civile.
Proprio la stampa, in queste ore, è sotto assalto di chi vorrebbe metterla a tacere. Un giornalista condannato alla galera. Roba da paesi sotto uno stato di dittatura! E non è la dittatura che si immagina, quella fatta da poche persone che hanno il potere, bensì da un modo di agire, di creare “trame” e “grovigli”, di diffondere e rendere normale, anzi necessario, l’abuso del proprio ruolo per il bene personale o di una piccola, ristretta, cerchia di persone. Con esclusione e danno di chi non si piega a certe logiche. Persone che, schiacciate da questo meccanismo, dimenticano di essere numericamente superiori, quindi democraticamente più potenti. E magari, invece di impegnarsi per far valere ciò che giusto, cercano un proprio ruolo all’interno della malatissima trama tessuta.
Poi arriva la storia a fare i conti. E a rimetterci sono prima i più deboli e poi, a ruota, anche quelli che stanno più in alto. A Siena, la storia (remota e recente) dovrebbe aver lasciato molte tracce. Seguire quelle, come sassolini bianchi nella favola di Haensel e Gretel, potrebbe essere il primo passo per incamminarsi su una strada migliore, che riporti a casa.
Se non ora (parafrasando uno slogan tutto femminile…) quando?
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