Che combinazione! Le decisioni si prendono tra pochi intimi...
di Raffaella Zelia Ruscitto
SIENA. Se possiamo tirare le somme della vicenda Pd a Siena e trarne una sola certezza, ormai indiscutibile, è che questo partito, erede della sinistra berlingueriana degli anni ’80, passato al vaglio di trasformazioni interne ed esterne, di nomi, guide, indirizzi a livello nazionale… è irrifondabile e non salvabile.
In questi mesi di ambasce, legate ai destini infelici delle istituzioni locali (dalla banca alla Fondazione, dal Comune all’Università, passando per l’ospedale e il Santa Maria della Scala), avevamo raccontato un apparato ingessato, inadeguato, autoreferenziale, tenuto sotto scacco da un gruppetto di uomini e uominicchi fermamente determinati a tenere in mano il potere fuori e dentro la federazione. In barba a tutti i guai causati in città. Alla faccia del pudore e di chi ancora lo prova. Dall’altra parte, avevamo sperato (sempre più flebilmente) che la base, quella del “nessun interesse ma della piena condivisione”, all’appuntamento delle assemblee e dei congressi sarebbe arrivata almeno incattivita, pronta a ribaltare le situazioni “indecenti” e determinata a rifondare un partito che, negli ultimi anni, ha saputo solo lanciarsi in caduta libera verso una perdita di consensi sempre più marcata a vantaggio di un sistema insalubre e oligarchico. Tutta colpa, dicevano in tanti, di quella casta di stampo piddiino che ancora oggi persevera nella gestione “impunita” del partito come della città.
Invece, alla luce di quanto avvenuto, non c’è speranza per questo Pd senese. E lo hanno capito anche molti democratici che proprio non ci hanno vuluto rimettere la faccia e riprendere la tessera. In barba a tesseramenti “in abbonamento”, offerte lancio e “inviti” a rinnovare coattamente l’iscrizione.
Finalmente, dopo lunga e perigliosa avventura, Alessandro Mugnaioli, alias la faccia presentabile (?) di C., è riuscito ad uscire vincitore da una elezione. Si è portato a casa un meritorio 61,1 per cento delle preferenze. Ben 592 voti favorevoli! E con questa scorpacciata di consensi, ha assunto il ruolo di segretario dell’Unione comunale del Pd di Siena. Sconfitti sia Pinciani che Porcellotti che non sono arrivati alla soglia del 20 per cento inizialmente considerata. Menzocchi non pervenuto.
C’è chi mormora di operazioni non proprio corrette ma, alla luce dell’assenza di prove circostanziate, dobbiamo accontentarci dei dati ufficiali che, comunque, non sono proprio da entusiasmo per nessuno. Il tesseramento è stato un flop; questa campagna di rinnovo delle cariche, una vera e propria farsa, fatta in sordina, con i candidati avversari praticamente tenuti sconosciuti alla base ed un controllo stringente su coloro che avrebbero dato il loro voto. Tutti metodi ben noti, sempre gli stessi, inutile dircelo ancora. Il dato scoraggiante, semmai, è la totale assenza di peso dei sienacambisti e dei presunti renziani risultati, entrambi, sonoramente sconfitti in questa tornata. Alcuni dei primi hanno rinnovato la tessera solo per sostenere Porcellotti… altri si sono rifiutati di impelagarsi nuovamente con il partito… Ma i renziani? Quelli che, tecnicamente, dovrebbero sostenere il cambiamento? Quelli che, tecnicamente, dovrebbero oggi dare il loro sostegno al mitico Niccolò Guicciardini (che continua a volare su percentuali bulgare per il rientro da leader della segreteria provinciale del Pd)? Sui renziani senesi pare essere caduto un macigno, se è vero, come è vero, che non possono essersi ridotti a quei poco più di cento che hanno votato Gianni Porcellotti. E’ proprio vero. Gli uomini del cambiamento, a Siena, hanno vita breve. Devono arrendersi alla morsa di potere che, nonostante la perdita sul controllo dei “soldoni”, continua ad essere stretta fino all’inverosimile. Già ripiegare sul giovanottone convertitosi sulla via di Damasco era suonata come una debacle non da poco… oggi la posizione dei renziani senesi suona ancora più inquietante…
C. imperversa e, voci attendibili quanto minacciose, parlano di un suo chiaro intento ricandidatorio. Alla poltrona di sindaco, ovviamente. A quella poltrona lasciata con un tempismo invidiabile, prima dello scoppio di bombe e bombette sul Pd e sugli intrallazzi con la banca. Ma anche prima della bomba sul bilancio del Comune…
Intanto, la pedina Mugnaioli è stata messa al suo posto e si può procedere speditamente verso la nomina dell’altro discontinuatore – Guicciardini – sullo scranno della segreteria provinciale. In pratica, il potere – che pareva aver perso qualche pezzo durante la campagna elettorale comunale – oggi si riprende quanto “lasciato” e si rimette in moto.
Il sindaco Valentini, ormai maestro del maanchismo politico alla senese (in pratica mediatore delle plurime anime interne al Pd), non si dà pena di quanto accade nelle segreterie, non inneggia alla restaurazione palese ma neppure la condanna, non ha nulla da dire (e non l’ha detto in passato) sulla nomina di Mugnaioli. A lui non interessa nulla di quel partito a cui, dopo una aspra guerra per le primarie, aveva detto di non poter rinunciare. Ridotto al lumicino del consenso, il Pd viaggia senza una guida, travolto dagli odi interni e dal despota nell’ombra. Quello che, pare, abbia pure una stanza dei bottoni in federazione, con tanto di codice di accesso, riservata a pochi intimi.
E mentre il potere si restaura i processi che vedono sul banco degli imputati i rappresentanti più illustri della casta subiscono rallentamenti incomprensibili, lentezze che rendono minacciosamente vicini i tempi di prescrizione. Tutto questo all’interno di una struttura – il Tribunale di Siena, appunto – che fa letteralmente acqua da tutte le parti, come si è avuto modo di vedere giovedì scorso sotto la pioggia incessante che ha creato tanti danni in giro per la provincia. Nel Palazzo di Giustizia ci piove dentro tuttora… e questo non fa stare molto tranquilli.
Solo pochi mesi fa speravamo di poter vivere la nostra “primavera”. Speravamo di poter vedere un azzeramento dei vertici nelle istituzioni cittadine come nei diversi e vari partiti al Governo. I presupposti c’erano e non erano solo parole. Non era solo un fiorire di “cambia”, “rinasce”, “si muove”… era una speranza collegata al fatto che, dopo una crisi senza precedenti, non si poteva che risalire la china puntando senza riserve su una moralità a tutti i livelli. Quella moralità che più di ogni altra qualità aveva fatto fallo nella precedente, fallimentare gestione della cosa pubblica. Invece, senza che se ne potessero prevedere i segni, i pezzi di un brutto puzzle mandato all’aria si è ricomposto. Al grido poco dignitoso del “tanto non cambia nulla”, chi aveva tentato di far cambiare strada alla città, si è ritrovato solo, o quasi, e proseguendo con il “tengo famiglia” si è ritirato in buon ordine, aspettando, forse. Oppure, semplicemente, rinunciando.
L’opposizione in Consiglio Comunale fa quello che può. I numeri, come sempre sono avversi e la maggioranza è troppo cieca per potersi confrontare con metodi diversi da quelli del passato. Nessun mea culpa, nessun cambio di rotta e neppure un timido tentativo di confronto. Ciascuno fa il suo in un gioco delle parti che per alcuni (all’opposizione) è un disperato tentativo di smuovere le coscienze, per altri (buona parte della maggioranza) è un modo per essere qualcosa… e tutto il resto è noia.
E Siena dorme. Dorme sotto la coltre di un benessere che non è più quello di ieri ma che non ha ancora abbandonato i caldi letti dei senesi. Siena dorme e con lei dormono le contrade, buona parte dei dipendenti del Monte, le varie associazioni di categoria e pure una buona parte dei sindacati. Un esempio ne sia che, nessuno (dal Comune di Siena a quello di Sovicille fino alla Camera di Commercio), ha pensato a costituirsi parte civile nella causa su Ampugnano. Perchè se è vero che il danno è stato fatto alla collettività, bisogna pure vedere chi l’ha fatto… un aspetto, questo, non secondario!
E allora torna tutto… il filo logico c’è ed è evidente all’occhio che non vuole restare chiuso. Sebbene il tempo sia cambiato e i segni del crollo siano evidenti, il potere tenta di ricompattarsi, magari cambiando facce (di superficie), ma rimandendo fedele al disegno precostituito. Perchè squadra che vince – magari facendo perdere tutti gli altri – proprio non si può cambiare.
In questi mesi di ambasce, legate ai destini infelici delle istituzioni locali (dalla banca alla Fondazione, dal Comune all’Università, passando per l’ospedale e il Santa Maria della Scala), avevamo raccontato un apparato ingessato, inadeguato, autoreferenziale, tenuto sotto scacco da un gruppetto di uomini e uominicchi fermamente determinati a tenere in mano il potere fuori e dentro la federazione. In barba a tutti i guai causati in città. Alla faccia del pudore e di chi ancora lo prova. Dall’altra parte, avevamo sperato (sempre più flebilmente) che la base, quella del “nessun interesse ma della piena condivisione”, all’appuntamento delle assemblee e dei congressi sarebbe arrivata almeno incattivita, pronta a ribaltare le situazioni “indecenti” e determinata a rifondare un partito che, negli ultimi anni, ha saputo solo lanciarsi in caduta libera verso una perdita di consensi sempre più marcata a vantaggio di un sistema insalubre e oligarchico. Tutta colpa, dicevano in tanti, di quella casta di stampo piddiino che ancora oggi persevera nella gestione “impunita” del partito come della città.
Invece, alla luce di quanto avvenuto, non c’è speranza per questo Pd senese. E lo hanno capito anche molti democratici che proprio non ci hanno vuluto rimettere la faccia e riprendere la tessera. In barba a tesseramenti “in abbonamento”, offerte lancio e “inviti” a rinnovare coattamente l’iscrizione.
Finalmente, dopo lunga e perigliosa avventura, Alessandro Mugnaioli, alias la faccia presentabile (?) di C., è riuscito ad uscire vincitore da una elezione. Si è portato a casa un meritorio 61,1 per cento delle preferenze. Ben 592 voti favorevoli! E con questa scorpacciata di consensi, ha assunto il ruolo di segretario dell’Unione comunale del Pd di Siena. Sconfitti sia Pinciani che Porcellotti che non sono arrivati alla soglia del 20 per cento inizialmente considerata. Menzocchi non pervenuto.
C’è chi mormora di operazioni non proprio corrette ma, alla luce dell’assenza di prove circostanziate, dobbiamo accontentarci dei dati ufficiali che, comunque, non sono proprio da entusiasmo per nessuno. Il tesseramento è stato un flop; questa campagna di rinnovo delle cariche, una vera e propria farsa, fatta in sordina, con i candidati avversari praticamente tenuti sconosciuti alla base ed un controllo stringente su coloro che avrebbero dato il loro voto. Tutti metodi ben noti, sempre gli stessi, inutile dircelo ancora. Il dato scoraggiante, semmai, è la totale assenza di peso dei sienacambisti e dei presunti renziani risultati, entrambi, sonoramente sconfitti in questa tornata. Alcuni dei primi hanno rinnovato la tessera solo per sostenere Porcellotti… altri si sono rifiutati di impelagarsi nuovamente con il partito… Ma i renziani? Quelli che, tecnicamente, dovrebbero sostenere il cambiamento? Quelli che, tecnicamente, dovrebbero oggi dare il loro sostegno al mitico Niccolò Guicciardini (che continua a volare su percentuali bulgare per il rientro da leader della segreteria provinciale del Pd)? Sui renziani senesi pare essere caduto un macigno, se è vero, come è vero, che non possono essersi ridotti a quei poco più di cento che hanno votato Gianni Porcellotti. E’ proprio vero. Gli uomini del cambiamento, a Siena, hanno vita breve. Devono arrendersi alla morsa di potere che, nonostante la perdita sul controllo dei “soldoni”, continua ad essere stretta fino all’inverosimile. Già ripiegare sul giovanottone convertitosi sulla via di Damasco era suonata come una debacle non da poco… oggi la posizione dei renziani senesi suona ancora più inquietante…
C. imperversa e, voci attendibili quanto minacciose, parlano di un suo chiaro intento ricandidatorio. Alla poltrona di sindaco, ovviamente. A quella poltrona lasciata con un tempismo invidiabile, prima dello scoppio di bombe e bombette sul Pd e sugli intrallazzi con la banca. Ma anche prima della bomba sul bilancio del Comune…
Intanto, la pedina Mugnaioli è stata messa al suo posto e si può procedere speditamente verso la nomina dell’altro discontinuatore – Guicciardini – sullo scranno della segreteria provinciale. In pratica, il potere – che pareva aver perso qualche pezzo durante la campagna elettorale comunale – oggi si riprende quanto “lasciato” e si rimette in moto.
Il sindaco Valentini, ormai maestro del maanchismo politico alla senese (in pratica mediatore delle plurime anime interne al Pd), non si dà pena di quanto accade nelle segreterie, non inneggia alla restaurazione palese ma neppure la condanna, non ha nulla da dire (e non l’ha detto in passato) sulla nomina di Mugnaioli. A lui non interessa nulla di quel partito a cui, dopo una aspra guerra per le primarie, aveva detto di non poter rinunciare. Ridotto al lumicino del consenso, il Pd viaggia senza una guida, travolto dagli odi interni e dal despota nell’ombra. Quello che, pare, abbia pure una stanza dei bottoni in federazione, con tanto di codice di accesso, riservata a pochi intimi.
E mentre il potere si restaura i processi che vedono sul banco degli imputati i rappresentanti più illustri della casta subiscono rallentamenti incomprensibili, lentezze che rendono minacciosamente vicini i tempi di prescrizione. Tutto questo all’interno di una struttura – il Tribunale di Siena, appunto – che fa letteralmente acqua da tutte le parti, come si è avuto modo di vedere giovedì scorso sotto la pioggia incessante che ha creato tanti danni in giro per la provincia. Nel Palazzo di Giustizia ci piove dentro tuttora… e questo non fa stare molto tranquilli.
Solo pochi mesi fa speravamo di poter vivere la nostra “primavera”. Speravamo di poter vedere un azzeramento dei vertici nelle istituzioni cittadine come nei diversi e vari partiti al Governo. I presupposti c’erano e non erano solo parole. Non era solo un fiorire di “cambia”, “rinasce”, “si muove”… era una speranza collegata al fatto che, dopo una crisi senza precedenti, non si poteva che risalire la china puntando senza riserve su una moralità a tutti i livelli. Quella moralità che più di ogni altra qualità aveva fatto fallo nella precedente, fallimentare gestione della cosa pubblica. Invece, senza che se ne potessero prevedere i segni, i pezzi di un brutto puzzle mandato all’aria si è ricomposto. Al grido poco dignitoso del “tanto non cambia nulla”, chi aveva tentato di far cambiare strada alla città, si è ritrovato solo, o quasi, e proseguendo con il “tengo famiglia” si è ritirato in buon ordine, aspettando, forse. Oppure, semplicemente, rinunciando.
L’opposizione in Consiglio Comunale fa quello che può. I numeri, come sempre sono avversi e la maggioranza è troppo cieca per potersi confrontare con metodi diversi da quelli del passato. Nessun mea culpa, nessun cambio di rotta e neppure un timido tentativo di confronto. Ciascuno fa il suo in un gioco delle parti che per alcuni (all’opposizione) è un disperato tentativo di smuovere le coscienze, per altri (buona parte della maggioranza) è un modo per essere qualcosa… e tutto il resto è noia.
E Siena dorme. Dorme sotto la coltre di un benessere che non è più quello di ieri ma che non ha ancora abbandonato i caldi letti dei senesi. Siena dorme e con lei dormono le contrade, buona parte dei dipendenti del Monte, le varie associazioni di categoria e pure una buona parte dei sindacati. Un esempio ne sia che, nessuno (dal Comune di Siena a quello di Sovicille fino alla Camera di Commercio), ha pensato a costituirsi parte civile nella causa su Ampugnano. Perchè se è vero che il danno è stato fatto alla collettività, bisogna pure vedere chi l’ha fatto… un aspetto, questo, non secondario!
E allora torna tutto… il filo logico c’è ed è evidente all’occhio che non vuole restare chiuso. Sebbene il tempo sia cambiato e i segni del crollo siano evidenti, il potere tenta di ricompattarsi, magari cambiando facce (di superficie), ma rimandendo fedele al disegno precostituito. Perchè squadra che vince – magari facendo perdere tutti gli altri – proprio non si può cambiare.