... e le guerre intestine in una città allo sbando
SIENA. Lo scontro tra la corrente Pd dei restauratori – quella degli uomini di C. – e quella dei rinnovatori (da Siena Cambia ad alcuni esponenti rimasti in seno al partito ma con profilo critico) è ormai aperto.
Pare che, per una ormai curiosa abitudine, si voglia prendere sempre un Bilancio a pretesto per giocare ad un tiro alla fune di machiavellica attuazione.
La vicenda è fresca. Nella seduta di ieri (25 giugno) della Commissione Affari Generali, appuntamento che doveva precedere, nel percorso di approvazione, il Consiglio Comunale di oggi (26 giugno) è mancato il numero legale per circa un’ora. Fino al definitivo rinvio del consesso a questa mattina alle 8,00. Chi mancava? La notizia è ormai nota. Mancavano i consiglieri del Partito Democratico.
Perchè? Sicuramente qualcuno dei democratici – magari il segretario dell’Unione Comunale Mugnaioli o la capogruppo in Consiglio, Persi – nelle prossime ore ci informerà sulle ragioni di questo “disguido”. Sicuramente si spenderanno belle parole, piene di desiderio di partecipazione, impegno civile e amore per la città…
Ma, nelle stanze del Buongoverno (quello di Lorenzetti, sia chiaro), le voci che circolano sono differenti. Si parla, ancora, di guerre intestine, di tira e molla per incarichi alla Fondazione Mps, di gestione delle vicende legate allo sport, di amici da promuovere e di nemici (quasi tutti ex-amici) da punire. Insomma, di una guerra intestina mai risolta e che nella vittoria del sindaco Bruno Valentini (il rottamatore locale) non ha trovato una soluzione. Neppure un tentativo di soluzione. Piuttosto una costante rimessa in discussione del suo ruolo e della sua forza politica. Valentini il temporeggiatore, il mediatore, il maanchista, non ha portato a casa alcuna vittoria. Dalla scelta del nome del presidente della Fondazione Mps all’indomani della sua elezione a sindaco (ricordate di Pizzetti?) fino ai nomi dei prescelti in Asp o in Sienaparcheggi. Non ha saputo orientare il suo partito neppure nelle scelte della nuova dirigenza, come nell’elezione della nuova assemblea. Oggi vedremo come uscirà dall’ennesima battaglia interna.
A rischio non solo il voto del bilancio di previsione. Quello può anche aspettare… Cosa molto più indicativa può essere quel rimpasto di Giunta ventilato da settimane. il vicesindaco Mancuso, inviso a C. ormai da tempo, potrebbe vedersi scalzato. Su di lui si gioca una partita che pare (vivaddio!) Valentini voglia vincere. Mancuso resta, sembra abbia detto il sindaco. Ma potrebbe andar via Paolo Mazzini. Si accontenteranno i consiglieri del Pd? E accetterà Mancuso di essere difeso da un sindaco che, per il resto, non dà garanzie di forza e di autorevolezza all’interno del Partito Democratico? Che ha abdicato ad ogni ambizione di cambiamento nel tentativo di portare a termine il suo mandato senza sgambetti da parte della sua maggioranza? Ma (e la domanda è d’obbligo) qual è la sua maggioranza? Il Pd, certo. Ma Siena Cambia? Fa sempre parte della sua maggioranza o lo è solo quando china il capo di fronte alle decisioni del partito?
Questo il post dei sienacambisti alla notizia di quanto avvenuto in Commissione Affari generali: “Siena Cambia è contraria alla richiesta avanzata dalla dirigenza del PD senese di rinviare l’approvazione del bilancio 2014, perché tecnicamente pretestuosa e politicamente inopportuna. Siena Cambia conferma anche il suo pieno sostegno al sindaco ed all’intera Giunta e non vede assolutamente alcun motivo per modificarne la composizione e l’attribuzione delle deleghe”.
E adesso come la mettiamo?
Pare che il gruppo dei sienacambisti in Consiglio Comunale, questa volta non si voglia appiattire sulle decisioni prese dal Pd. Gruppo schierato a difesa dei suoi rappresentanti in Giunta e pure del suo sindaco, nonostante i suoi tentennamenti, le sue incongruenze e le sue debolezze politiche.
Valentini rischia di perdere tutto. E per tutto si intende il manipolo di donne e uomini che lo hanno sostenuto sinceramente e che non intendono tradirlo fino a che resta accesa la speranza del cambiamento. Il resto – ovvero il riconoscimento del suo ruolo da parte del partito conservatore – lui non l’ha mai avuto. E certamente non avrà mano libera e neppure futuro, se resta ostaggio e vittima di quella corrente del partito che aveva fatto credere di voler “ripulire”.
Questa che sta trascorrendo sembra essere una lunga notte. Potrebbe essere paragonata, in senso molto lato ovviamente, alla “notte dei lunghi coltelli” di hitleriana memoria, avvenuta, guarda caso, tra il 30 giugno e il 2 luglio 1934. Ex-sostenitori di Hitler, diventati troppo potenti, furono uccisi dalle SS del Reich. Una epurazione violenta, interna al movimento e che spianò la strada al delirio di onnipotenza del cancelliere tedesco. Oppure si potrebbe parlare di una più modesta “defenestrazione di Praga”. Quella in cui nobili protestanti gettarono letteralmente dalla finestra del castello della città due governatori dell’Imperatore, il quale non voleva che si construissero chiese protestanti su terreni che riteneva appartenessero alla Chiesa Cattolica. Da quell’evento prese vita la “Guerra dei trent’anni”. Una vicenda politica che si celava dietro una questione di fede. La fede tradizionale e quella “protestante”.
La storia non ha mai avuto la forza di insegnarci nulla. La sua potenza, a volte profondamente innovatrice, a volte violentemente restauratrice, si esaurisce nell’arco di qualche anno… forse meno. Poi si dissolve con il passare delle ore. Diventa sempre più labile, confusa, fino al punto di diventare inconsistente, quasi un soffio, incapace di muovere granelli di grano, figurarsi la coscienza, a volte pesantissima, degli uomini.
Nello scontro in Consiglio Comunale si misureranno non solo gli equilibri interni al Pd ma i poteri che muovono ancora la città. Nel caso in cui la mediazione non si trovi nelle segrete stanze (e quando si scrive mediazione si legge “accordi sulle nomine”, principalmente in Fondazione Mps), lo scontro si farà insanabile ed emergeranno le alleanze oggi sottobanco, le debolezze dei contendenti, le ragioni meschine o nobili dei contendenti.
Non ci resta che vivere, aspettare, farci domande. Sembra un’attività semplice ma necessita dell’uscita da quel “coma vigile” in cui da qualche decennio si è caduti in città. Vivere, aspettare, voler sapere, permette di scegliere, decidere, seeguire un percorso di consapevolezza. Perchè partecipare non ha senso se non si capisce “a cosa”.