Neanche il pudore di stare zitti...
di Raffaella Zelia Ruscitto
SIENA. Se lo avesse scritto qualche giornale, così come è stato detto in virgolettato da C. ieri a Guido Ruotolo de La Stampa, sarebbero arrivati, in frotte, gli avvocati dei superpolitici nominati e si sarebbe scatenato l’inferno.
Noi, molto più sommessamente, negli articoli di Red – (https://www.ilcittadinoonline.it/news/160470/MPS__finanziare_le_fondazioni_politiche.html) (https://www.ilcittadinoonline.it/news/153582/Il_Monte_dei_Paschi__vittima_sacrificale_del_PD.html), ne indico solo due ma invito ad una attenta rilettura in chiave “attuale” – l’avevamo detto, sostenuti (ogni tanto), da voci arrivate da una informazione nazionale “indipendente”. Certo, se a fare sempre gli stessi nomi suggeriti dalla stampa, arriva nientepopodimenocchè un testimone oculare delle chiacchierate political-montepaschine, un protagonista in solido (perchè anche autorizzato a dire la propria) della storia della banca dell’ultimo decennio… allora le cose cambiano. E di molto.
A chiusura delle indagini, con i magistrati che escludono le “tangenti” nell’affare Antonveneta (ma aspettiamo di vedere che ne pensa la Guardia di Finanza, ancora a caccia di soldi spariti e di operazioni “fantasiose”) ecco che si scatenano i politici locali. E non i consiglieri di opposizione, quelli che vengono considerati per qualche ora e poi finiscono nel dimenticatoio… parlano i vertici di quel partito che, a Siena, ha sempre fatto da padrone.
C., proprio lui, si concede una chiacchierata liberatoria con un giornalista non senese e spiffera di confronti con i vertici romani del partito che volevano dire la loro sulle nomine, sulle strategie della banca e compagnia cantante. Ma, direte voi, mica per controllare la banca!!! No di certo!!! Solo per “amore di Mps e del territorio di riferimento…”, così dice Ceccherini, allora presidente della Provincia, anche lui a colloquio con i papaveroni di Roma. “Nel 2006 – riferisce Ceccherini a Fiorenza Sarzanini del Corriere della Sera – in occasione delle nomine, parlai con Cenni, Ceccuzzi e con Franco Bassanini che era stato eletto nella circoscrizione di Siena e assieme all’onorevole Giuliano Amato erano quelli maggiormente attenti al territorio e alla banca. Ebbi colloqui anche con D’Alema che esprimeva perplessità sulla governance”.
Mentre in questi minuti il sindaco Bruno Valentini sta per sedersi davanti ai giornalisti per fare i nomi dei quattro membri scelti dal Comune per la Deputazione della Fondazione Mps, C., con un tempismo perfetto, gli ruba la scena e racconta come sono state prese queste scelte in passato. L’ex capo del Pd senese di origine poliziana, riferisce di incontri tra vertici romani e vertici senesi del partito – e pure con la Margherita – e spiega come si scegliessero i nomi in base ad equilibri interni, tutti di matrice politica. “Però posso assicurare che da parte dei dirigenti nazionali non vi fu alcuna ingerenza”, chiosa C. Grazie per l’informazione. Allora il mitico Giuseppe Mussari ed il coraggioso e competente Gabriello Mancini, nominati al tempo in cui C. era accolto nelle stanze delle decisioni importanti sulla banca, sono stati partoriti dalle menti eccelse senesi. Ovvero, proprio dal discontinuatore in persone! Chissà cosa diranno, adesso, i consiglieri Pd che hanno votato contro l’ingerenza della politica nella banca…
Poi, nel 2012, sempre secondo il racconto di C., si passa ad un cambio di rotta. Con la banca in crisi violenta, con un presidente alla fine del secondo mandato e con qualche problema giudiziario, con la Banca d’Italia che aveva imposto un cambio di nomi alla dirigenza di Mps, il nostro innominato, proprio in quel momento, decide di darsi alla discontinuità. E, molto discontinuamente, si confronta con i vertici nazionali, questa volta facendo il nome di un banchiere di professione, amico di Mussari (suo sostenitore all’Abi), tale Alessandro Profumo. L’incontro con il recalcitrante principe della finanza, anche lui con qualche problemuccio con la giustizia, si tiene a Roma, manco a dirlo, presso la fondazione “Italianieuropei” di Massimo d’Alema. C. rivoga con la storia della discontinuità… ma non si capisce bene dove si collochi questo vento di rinnovamento.
Non certo, diciamolo, nelle ingerenze della politica nella gestione della banca.
La novità, dunque, sarebbe nella scelta di due non senesi – Viola e Profumo – e, a nostro avviso, nella decisione di non fare più da paladini alle prerogative senesi. Quel famoso 51 per cento, il vincolo del 4 per cento, la sede della banca a Siena… e sciocchezzuole di questo genere. In cambio del sacro silenzio della politica locale, la banca avrebbe preso il volo dalla città, smarcandosi da quel “medievalismo” di cui venivano accusati i senesi, padroni assoluti di una banca troppo potente per essere gestita esclusivamente da loro. A spiegare questo passaggio è un altro ex sindaco, Maurizio Cenni che racconta alla Sarzanini: “Le diverse anime dei Ds erano molto interessate alla gestione di Mps – dice Cenni- e credo che anche l’acquisizione di Antonveneta sia stata decisa proprio per la pressione psicologica che c’era sulla banca. Siamo stati accusati addirittura di essere “medievali”». È proprio lui a ricordare come «nel 2009, dopo la conferma di Mancini e Mussari, avevo espresso l’idea che si dovesse azzerare tutto, in particolare i vertici della Fondazione e fui tacciato dal Pd locale di non fare gli interessi della città. Mi trovai completamente isolato”. Ci risiamo, un altro discontinuatore. Un discontinuatore ante litteram… a cui probabilmente C. si è ispirato per potersi salvare (senza troppa speranza) uno straccio di immagine. Sempre sorretto, a onor del vero, da quella dirigenza nazionale che, fino a qualche giorno fa, attraverso il vice ministro Fassina, lo ha sempre osannato come “uomo di rottura con il passato”. Affermazioni, queste, che hanno fatto drizzare il pelo sulla schiena ai senesi!
In questo siparietto in cui il Pd nazionale non interferisce (ma suggerisce in modo determinante, evidentemente) e quello locale non decide senza aver prima sentito l’aria che tira a Roma, ci rimane il dubbio su chi debba ricadere la responsabilità di aver nominato per due volte Mussari a capo della banca senese, e Mancini (sempre bis, se non tris) a capo della Fondazione Mps. Ci rimane, costante, un dubbio circa le responsabilità dell’acquisizione Antonveneta (e non ci venissero a raccontare che Mussari e company si sono svegliati una mattina e hanno deciso tutto da soli!). Se C. ha saputo dalla stampa l’operazione (e francamente ci rimango di sasso, vista l’amicizia strettissima tra lui e l’allora presidente Mussari; visti i rapporti con il Pd nazionale, vista l’influenza di C. nel 2006, sia nei rapporti con l’allora sindaco sia in quello con l’allora Presidente della Provincia…) dove è stata decisa questa acquisizione “al massacro”? E dopo l’avvenuta operazione (magari dopo un annetto) nessuno del Pd locale ha chiesto mai spiegazioni a Mussari (iscritto Pd) o, meglio ancora, ai rappresentanti nazionali? La banca era o non era un affare riguardante esclusivamente il Partito Democratico? O vogliono davvero farci credere che loro si preoccupavano solo delle nomine e poi, chi era nominato faceva quello che gli pareva e piaceva?
Dall’intervista a C. si evince chiaramente che il controllo del partito c’era eccome. E, del resto, nessuno ha mai creduto alle affermazioni “aggressive” di Bersani che prendeva le distanze dell’istituto di credito senese.
Sempre dalle parole di C. scaturisce una profondissima arroganza nel gestire, sminestrare, intrallazzare, in questioni di interesse collettivo.
Pur indorando la pilloletta con “interesse del territorio” e “bene della banca” (tutti concetti che non trovano riscontro nella condizione disastrosa di entrambi, dopo oltre un decennio di governo sotto C.) resta il quadro di una serie di relazioni di interesse, di nomine di partito, di accordi nelle segrete stanze, addirittura di riunioni in cui Mussari e Mancini partecipavano direttamente “se non si parlava di loro”. Emerge chiaro, tutto lo squallore di una politica oscura, i cui membri non sono mai sconfitti o vittime delle loro scelte sbagliate (neppure quando sono nettamente sbagliate) ma trovano sempre il modo per riciclarsi, tirarsi fuori o scaricare il barile.
Non sappiamo bene la ragione di queste esternazioni di C. Qualcuno parla di lotte intestine ancora in corso nel Pd, qualcuno di messaggi subliminali che devono arrivare a chi di dovere, qualcuno ancora di “vendette” per una fase di pre-isolamento in cui si troverebbe l’uomo in questione adesso che il suo compito si potrebbe dire concluso.
Una cosa è certa: con queste nuove informazioni (che di nuovo hanno solo la bocca che le ha pronunciate), ci si ritrova con il cuore pesante ad aspettare di assistere alla nuova infornata di nomine per una Fondazione Mps ormai ridotta a stipendificio (finchè dura) ma priva di potere e di peso finanziario. Quando tutto quello che poteva essere spolpato è stato spolpato ci domandiamo quante battaglie sui nomi si saranno combattute in queste sere, sempre nelle solite stanze. Magari con qualche faccia nuova… già pronta ad indossare la maschera della “continuità”.
Abbattuti, fin nel nostro intimo, dal cinismo dei potenti dei nostri tempi, vinti dalla loro totale mancanza di capacità amministrativa, sgomenti di fronte alla loro presunzione e impudicizia… al senso della cosa pubblica di cui sono del tutto privi, non possiamo che restare a guardare la deriva della nostra società con una sensazione di isolamento che non dovrebbe appartenerci. Dovremmo, invece, pensare di essere tanti e guardarci negli occhi alla ricerca di una soluzione ai problemi che sono stati creati da pochi, sparuti individui.
Ma, per una strana alchimia, questo sentire collettivo si sveglia ciclicamente, per un lasso di tempo brevissimo e poi torna a dormire, in un letargo che fa arretrare l’umanità di secoli, democraticamente parlando.
Così, senza colpo ferire, ci troviamo a leggere di personaggi arcinoti che si incontravano, a Roma o magari al mare, a sedere davanti a qualche buona aragosta, sorseggiando champagne, e decidevano le sorti di un’azienda, di una banca, di una città, di una nazione, spinti dal puro esercizio del potere, da affari incrociati, da interessi di casta…. facendo ricadere queste decisioni sulla collettività. E noi (poveri noi) tutti pacificamente arresi all’evidenza, nella nostra beata impotenza, ormai costretti al ruolo di sudditi…