Siena e le madie piene di ragioni. Il pane è finito..
SIENA. C’è sicuramente qualcuno (più di uno) che, in questa città, indossa una bella maschera dalle inequivocabili fattezze del lato B, come si usa dire ora. Dare loro un nome e un cognome, sarebbe un ottimo servizio alla collettività, ancora sorprendentemente poco consapevole di quanto accade in città.
Partiamo dalla Banca Mps? Sei milioni sequestrati nell’indagine che prevede associazione a delinquere finalizzata alla truffa a danno di Mps. Somme individuate dopo segnalazioni di operazioni sospette dall’attività antiriciclaggio. Qui si parla ancora di denaro come di bruscolini, mentre i sindacati si azzuffano tra di loro per decidere la linea da tenere nei confronti dell’azienda. Tra chi si genuflette in modo quasi indecente e chi invece prova a muovere una seria opposizione alle scelte dei vertici, si porta avanti la baracca… e i dipendenti? C’è un gran lamentarsi in giro ma poi, azioni concrete, proteste vere, non ne fa nessuno…
Proseguiamo con l’Università? Oggi (6 marzo) udienza rinviata per il buco dell’Ateneo. Nova, direbbe un senese doc! Di rinvio in rinvio ( e prima di passaggio di carte in passaggio di carte) sono trascorsi 5 anni e di sapere di chi caspita sia la responsabilità di un disastro gestionate senza paragoni in Italia, siamo ben lungi dal sapere. In questo caso, ci permettiamo qualche altra osservazione di carattere strettamente etico/morale: secondo quanto riferito da alcuni sindacalisti presenti, in aula non c’era nessuno a rappresentare l’Università! Come mai? In un’inchiesta che vede dei rettori imputati come possibili responsabili del dissesto, perchè l’ente non si interessa e non prevede una sua posizione attiva nel processo? Chi tutela un bene collettivo? Chi rappresenta la città (ma, per esteso, i cittadini italiani) di fronte alla giustizia? Questa domanda, fatta dal giudice Bellini oggi in aula, è rimasta sospesa nell’aria ed è caduta miseramente senza che nessuno alzasse il ditino a dire “Io, signor giudice”. E il fatto è decisamente inquietante e la dice lunga su chi oggi si trova a rappresentare l’Università di Siena.
Restando sempre in ambito universitario: in diversi (Lega Nord e Laura Vigni ma magari dimentico qualcuno) hanno chiesto al Rettore Riccaboni di fare il passo delle dimissioni. Una richiesta che scaturisce non solo dalla questione dell’indagine sulla sua nomina (ma già quella basterebbe!) ma che prende forza dalla questione dell’ultimo bilancio d’Ateneo e dalla relazione del Collegio dei Revisori dei Conti. Una bocciatura piena che giunge alla richiesta di intervento del Miur al fine di avviare la procedura di dissesto finanziario. In due anni non si è riusciti a fare nulla per rimettere in piedi i conti dell’Università. A parte, ovviamente, allungare i mutui per far ricadere i debiti sulle generazioni future. Anche qui sono stati chiesti sacrifici ai dipendenti, sono state mandate via persone bisognose di lavoro (chiamando in causa la necessità del taglio dei costi!) ma chi amministra, chi prende stipendi faraonici (ed in alcuni casi ingiustificati) non ci pensa neppure a tagliarseli! E questi, detto tra noi, rappresenterebbero la schiera degli intellettuali. Di quelli che dovrebbero, sulla carta, avere una visione ampia, sollevata almeno di qualche metro dalla terra che noi miseri mortali calpestiamo ogni giorno… I docenti di questa un tempo illustre università tacciono. A parte qualche esempio di attivismo (vedi il professor Grasso contro cui l’Unversità è passata alle vie di fatto legali), regna un silenzio marziano. Il silenzio delle coscienze che sarebbe auspicabile non insegnare ai giovani.
Su tutte le vicende universitarie incombe il rischio prescrizione. Come a dire: sì, ci abbiamo provato ma… pazienza. Ormai le cose sono andate così; qualcuno ha preso soldi, qualcuno li ha solo spesi pensando che fossero suoi, qualcuno li ha usati per farsi una schiera di servi (all’Aurigi gergo) e crearsi una bolla di potere, qualcuno li ha usati per fare carriera altrove… fatevene una ragione!
E i senesi, che di questo passo avranno le dispense vuote di cibo ma piene di ragioni avanzate da chissà quanti e quali filoni di indagine, continueranno a parlare amabilmente di palio, Robur e Mens Sana? E magari si accapiglieranno sulla politica, a difesa di quel simbolo o di quell’altro, convinti (ma forse non tanto), che proprio dietro quello che loro sostengono si siano schierati gli uomini di specchiata onestà, quelli unti dai vertici nazionali del partito, i predestinati dal Signore (di turno).
E passiamo all’Amministrazione provinciale di Siena… tanto per non farci mancare nulla. La questione è stata sollevata, ieri (5 febbraio) anche dai sindacati dei dipendenti dell’ente. Che senso ha spendere quasi 150mila euro per la comunicazione istituzionale quando, tra i dipendenti, c’è chi può assolvere più che degnamente lo stesso compito ed ha già un suo stipendio? Migliorare il servizio? Sarebbe una cosa discutibile in tempo di prosperità (dal momento che si decide di spendere soldi non propri ma della collettività…) ma in tempo di crisi, una scelta del genere appare “immorale”.
Mentre ai dipendenti si chiedono sacrifici (proprio come all’Università e in banca), si paga a fatica il gasolio per le scuole e si rimandano lavori importanti in tutto il territorio provinciale… si fanno contratti onerosi in modo arbitrario ed immotivato. Come se l’ente pubblico che si rappresenta fosse proprio e non della collettività (mi sto ripetendo ma il concetto è tanto chiaro quanto difficile da far entrare in certe teste) e quindi non si debba dare spiegazione di quanto fatto. Su questa vicenda la Lega Nord ha presentanto una denuncia querela presso la Procura di Siena e la Corte dei Conti che esporrà domani mattina (7 marzo) in una conferenza stampa.
Vogliamo parlare, ultimo non ultimo, del disastro di nome “Comune”? Non sono bastati i soldi elargiti negli anni dalla Fondazione Mps e neppure le tasse (tra le più alte d’Italia) prese direttamente dai cittadini: il Comune di Siena appare sotto una spessa coltre di debiti che l’affresco del “buon Governo” neppure si riesce più a vedere. Siamo ancora in attesa di sapere se queste elezioni si faranno o se si deciderà di tenere commissariato l’ente per altri due anni. Un dissesto di cui ancora non conosciamo le proporzioni ma che indigna al pari di tutti quelli sopracitati.
Il quadro è quasi completo. Perchè ce ne sarebbe da dire… da Ampugnano ai progetti figli di quella Fondazione Mps adesso ridotta “pelle e ossa”… dal Santa Maria delle Scala a Siena candidata a capitale europea della cultura… per tacere di Siena Biotech ormai sprofondata nel silenzio.
Ne scaturisce un quadro a tinte fosche per il quale l’unico tocco di colore vivace potrebbe derivare da una corrente di attivismo e di moralità dal basso.
Il vero “filo rosso” che tiene unite tutte queste realtà degenerate non è semplicisticamente l’appartenenza politica, la conoscenza diretta, l’influenza di una casta, ma è la de-moralizzazione costante che è stata impressa ad una società opulenta e per questo impigrita, smemorata, autoreferenziale. La questione morale, come la chiamava Enrico Berlinguer, è il vero nodo da sciogliere a Siena (e altrove). Pensare di poter ricostruire senza aver fatto ammenda collettiva, senza aver dato la sveglia alla nostra coscienza e pure a quella degli altri è impensabile.
Tutti aspettano che i neoparlamentari grillini facciano il primo errore per dire: “sono tutti uguali”… forse, quelli che ci governano, guardando che – tanto – nessuno fa nulla davanti alle loro scempiaggini, pensano lo stesso…
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