Elettoralcocktail: a occhio... 1/3 di Pd, 1/3 di M5S, 1/3 di PdL. NON agitare
di Raffaella Zelia Ruscitto
SIENA. Mentre il Movimento 5 Stelle spopola in Italia e conquista il posto di secondo partito a Siena, la telenovela del Partito Democratico senese trasmette un’altra sconvolgente puntata.
Eravamo tutti con il fiato sospeso nell’attesa della rivelazione di Franco Ceccuzzi: se ne andrà o no? Proprio come in una soap, pendevamo dalle sue labbra mentre andavano i titoli di coda in salsa salernitata… poi il colpo di scena (ovviamente, scontatamente atteso, come nella migliore tradizione democratica) è arrivato: il ritiro dalla corsa per la poltrona di sindaco di Siena. Praticamente lo sapevamo prima noi di lui che sarebbe andata a finire così! Il comunicato, carico di ringraziamenti ai sostenitori e di chiari messaggi di definitiva rottura con l’ala ex margheritina del partito, appare un intervento fatto da chi non ha vissuto, con il senso della realtà ben chiaro nella mente, gli ultimi mesi di vita cittadina.
Mentre il Monte dei Paschi diventava il simbolo della mala finanza e della mala politica a livello nazionale; mentre uscivano presunti “papelli” che, di fatto, mettevano su carta le modalità di nomina – o meglio le spartizioni delle poltrone e delle prebende – note ai più; mentre crollavano i collegamenti con i vertici regionali e nazionali, che lasciavano isolato il Pd locale; mentre anche all’interno del Pd locale si creavano correnti e correntine l’una contro l’altra armate, che hanno ridotto in brandelli l’apparato forte ex Pci – Pds – Ds… Ceccuzzi aveva, imperterrito, dato seguito alla sua campagna elettorale, incontrando gente per strada, andando ad incontri pubblici… Poi è arrivato anche l’avviso di garanzia da Salerno e lì ha dovuto fare un passo indietro. La “colpa” di tutto, ovviamente, è di coloro che “hanno fatto male al partito” e che stanno “brindando” e “facendo sciacallaggio”, addirittura “godendo del mio dolore”. Come a dire che la colpa è di chi mette fuori le magagne (standoci dentro o guardandole dall’esterno) e non di chi le fa. Lui, da parte sua, rigetta ogni accusa, continua a dirsi il discontinuatore e assicura di non aver mai ricoperto alcun ruolo all’interno dell’azienda Amato (cosa, quest’ultima, su cui nessuno aveva mai nutrito dubbi, chissà perchè). Nessuna autocritica: e c’era da aspettarselo. Così come era previsto il copione degli interventi piddiini a commento del suo “beau geste”. “Ma che generoso, ma che bravo… per il bene della città”: roba da melodramma! Una dirigenza accartocciata sul “principe”, incapace di dare un corso autonomo, democratico, al suo partito: una dirigenza che ha dovuto aspettare l’intervento della Magistratura per ritenere usurata la rappresentatività politica del suo candidato. Anzi, neppure in questo momento, ha saputo fare uno scatto di orgoglio ed è rimasa “aggrovigliata” in una sceneggiatura priva di spessore politico. Si ringrazia per un passo indietro chi, negli ultimi mesi (e non parliamo del ventennio precedente), ha dato sonore “picconate” alla credibilità di un simbolo storico e ancora sentito a Siena.
Politicamente parlando, l’uscita di Franco Ceccuzzi dall’agone elettorale non cambia gli assetti interni al partito. Nei posti chiave ci sono ancora i suoi uomini e per questo si può essere certi che il Ceccuzzi-pensiero continuerà ad avere un peso. Non così determinante ma, pur sempre presente. Il rinnovamento del partito, se qualcuno ancora ci spera, adesso può trovare una qualche strada di attuazione, ammesso che si azzerino i vertici. Che sia Valentini (che dovrà sciogliere il nodo di una sua eventuale candidatura diretta entro oggi, rispettando, così, i 90 giorni dalle dimissioni a sindaco di Monteriggioni alla eventuale elezione a sindaco di Siena) o che sia un altro, un cambio di rotta appare improcrastinabile. Ne va di mezzo la faccia dell’intera classe politica senese. Una buona parte del partito – quella che fa riferimento a Siena cambia – preme per primarie aperte, trasparenti e senza “inciuci”. Una ventata di aria nuova che, nell’esempio di Grillo, dovrebbe partire dalla base, dalla gente. Valentini potrebbe fare un passo indietro (pure lui) per consentire una “riunificazione” delle correnti, magari aspirando ad una posizione di vertice.
A dire il vero, i nomi che stanno venendo fuori come “concorrenti” alle nuove primarie (non da una sola parte ma da più correnti interne al centrosinistra), lasciano un tantino perplessi. Si parla di Marzucchi, Cannamela, Martinelli, Mazzini, Vigni… e se il rinnovamento si deve leggere da questi nomi, qualche dubbio ce lo possiamo far ben venire. Addirittura qualcuno giura che, tra i papabili del Pd, ci sarebbe anche Barzanti. Tutti nomi da “il nuovo che avanza!”. Nelle ultime ore avanza prepotente il nome di Massimo Bianchi, che potrebbe contare su Alessandro Mugnaioli come vicesindaco.
Eppure queste politiche – se non fossero bastate le primarie Bersani-Renzi – dovrebbero “suggerire” qualcosa ai politici di lungo corso dell’universo senese. Oggi, con una percentuale nettamente più bassa di votanti rispetto al 2008 (85 per cento contro gli 80 di questa ultima consultazione) e più alta rispetto alle amministrative del 2011 (arrivata al 76 per cento), il Pd chiude in perdita. Nettissima rispetto al 2008… meno evidente rispetto ai numeri già risicati delle elezioni di Ceccuzzi. Forse a dimostrazione che l’uomo, in questo caso, ha inciso eccome. E fin dalla sua “discesa in campo”.
I senesi il messaggio – sebbene blando, timido e tentennante rispetto a quanto avrebbe dovuto essere – l’hanno dato, al partito di maggioranza. Sarà anche che i dissidenti del Valentini hanno votato in blocco Pd, cosa probabilmente fatta anche da altri ex Ds invisi al partito di ceccuzziana dominazione ma pur sempre di appartenenza democratica… sarà che l’area dell’ex Margherita di corrente monaciana ha puntato su Alfredo e la lista Monti; sarà che Grillo ha fatto incetta di voti sia a destra che a sinistra, appellandosi e solleticando quel malcelato senso di rivolta in questo 2013 di “lacrime e sangue”… sarà… che dando un calcio al cerchio ed uno alla botte il Pd l’ha sfangata, rimanendo partito di maggioranza nella città del Palio.
Netto calo anche per il PdL. Una sonora sconfitta rispetto ai numeri del 2008, quando valeva il 32 per cento della popolazione, ed una leggera ripresa rispetto ai numeri, anche quelli risicati, delle precedenti amministrative.
Ingenerosi, i senesi, nei confronti della Lega Nord. Il grande impegno sulla vicenda Mps e sull’Università poteva e doveva essere riconosciuto e premiato. Ma, si sa, nelle urne esiste uno strano clima, un’atmosfera che obnubila e lascia annichilite le menti più semplici! Dopo queste elezioni, testardo, resta un sogno: è bello poter pensare che la città – assaggiato il gusto di una pluralità politica “di peso” mai sentito prima – cercherà e troverà rapidamente nuovi strumenti di partecipazione, capaci di rompere le resistenze dei politici che, dati elettorali alla mano, si stanno affannando al capezzale del Pd senese nel tentativo di cercare nomi “nuovi” da lanciare nell’agone elettorale. E ci giureremmo che non sono i soli a lavorare, in questa notte “dopo gli esami”. Tutti (o quasi) accomunati dalla tradizione che vuole che “tutto cambi perché nulla cambi”. Una città che si sveglia e che reclama un proprio valore, una dignità ritrovata, una propria indipendenza intellettuale (da Grillo a salire), sarebbe un’avventura imperdibile!
In una cosa concordiamo con Ceccuzzi, anzi in due: che il progetto di rinnovamento faccia “due passi avanti” e che “il tempo farà emergere tutte le responsabilità politiche”. Non l’avremmo mai detto ma, a volte, ci si ritrova vicini…
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