La speranza di salvezza? Un deciso cambio di rotta
di Raffaella Zelia Ruscitto
SIENA. Qualcuno pensava di potersi alzare martedì scorso dalla poltrona di platea, poco comoda in verità, da cui stava assistendo, impotente, alla lotta fratricida interna al Pd scaturita dall’ennesima stagione delle nomine. All’ombra della Fondazione Mps – a quello che resta del suo patrimonio – Bruno Valentini, C. e schieramenti correlati hanno dato davvero un brutto spettacolo. E, del resto, non ci saremmo potuti aspettare di meglio, visto il livello degli attori. L’acredine tra i due, a ben guardare, non è reciproca. Purtroppo, aggiungiamo noi.
C. pare accanirsi contro quello che resta di un sindaco che, a poche settimane dal suo insediamento, pare aver già perso ogni energia. E, tra una vacanza in Francia e una giornatina al mare, riesce a trovare il tempo giusto per fare delle esternazioni alla stampa quantomeno avventate, certamente approssimative e poco ragionate. Ma non è solo questo il problema del nostro sindaco (a noi ciò potrebbe bastare e avanzare, peraltro).
Il problema reale, quello che precede ogni altro e che impedisce la risoluzione di tutto, è proprio quel mancato cambio di vertice all’interno del Partito Democratico di Siena. Il rinnovamento, tanto agognato dai sienacambisti, ha avuto appena il tempo di attecchire tra i senesi comuni che, tra i promotori, era già appassito, asfissiato dal maanchismo del suo rappresentante in prima (Valentini, manco a dirlo). Quella che, all’origine, era una valanga che minacciava di travolgere il marciume di un sistema palesemente votato al potere e alla conservazione di una classe dirigente incapace e autoreferenziata è poi diventata una flebile nevicata le cui tracce si sono perse al primo spuntare del sole della vittoria elettorale.
La impossibile relazione tra vecchio e nuovo, tra ceccuzziani e valentiniani ormai è storia vecchia e ne siamo stufi. E sono stufi pure alcuni dei valentiniani che, non riuscendo più a giustificare l’operazione di buonismo allo stremo, fino al suicidio politico, del Valentini, del suo continuo cedere alle prepotenze dei pretoriani dell’ex sindaco, hanno mollato la presa e si sono dati… I rinnovatori, ormai esausti, sono accerchiati da uno stuolo di “yes man” privi di scrupoli quasi quanto sono privi di onestà intellettuale.
SIENA. Qualcuno pensava di potersi alzare martedì scorso dalla poltrona di platea, poco comoda in verità, da cui stava assistendo, impotente, alla lotta fratricida interna al Pd scaturita dall’ennesima stagione delle nomine. All’ombra della Fondazione Mps – a quello che resta del suo patrimonio – Bruno Valentini, C. e schieramenti correlati hanno dato davvero un brutto spettacolo. E, del resto, non ci saremmo potuti aspettare di meglio, visto il livello degli attori. L’acredine tra i due, a ben guardare, non è reciproca. Purtroppo, aggiungiamo noi.
C. pare accanirsi contro quello che resta di un sindaco che, a poche settimane dal suo insediamento, pare aver già perso ogni energia. E, tra una vacanza in Francia e una giornatina al mare, riesce a trovare il tempo giusto per fare delle esternazioni alla stampa quantomeno avventate, certamente approssimative e poco ragionate. Ma non è solo questo il problema del nostro sindaco (a noi ciò potrebbe bastare e avanzare, peraltro).
Il problema reale, quello che precede ogni altro e che impedisce la risoluzione di tutto, è proprio quel mancato cambio di vertice all’interno del Partito Democratico di Siena. Il rinnovamento, tanto agognato dai sienacambisti, ha avuto appena il tempo di attecchire tra i senesi comuni che, tra i promotori, era già appassito, asfissiato dal maanchismo del suo rappresentante in prima (Valentini, manco a dirlo). Quella che, all’origine, era una valanga che minacciava di travolgere il marciume di un sistema palesemente votato al potere e alla conservazione di una classe dirigente incapace e autoreferenziata è poi diventata una flebile nevicata le cui tracce si sono perse al primo spuntare del sole della vittoria elettorale.
La impossibile relazione tra vecchio e nuovo, tra ceccuzziani e valentiniani ormai è storia vecchia e ne siamo stufi. E sono stufi pure alcuni dei valentiniani che, non riuscendo più a giustificare l’operazione di buonismo allo stremo, fino al suicidio politico, del Valentini, del suo continuo cedere alle prepotenze dei pretoriani dell’ex sindaco, hanno mollato la presa e si sono dati… I rinnovatori, ormai esausti, sono accerchiati da uno stuolo di “yes man” privi di scrupoli quasi quanto sono privi di onestà intellettuale.
Come dargli torto quando, anche sulla Festa Democratica in Fortezza l’onnipresente C. non ha mancato di mettere le mani in modo ossessivo-compulsivo. Pare – secondo voci vicine all’ex-primo cittadino (ancora in carica a nostra insaputa!) – che si sia invelenito per le foto postate dal vicesindaco Mancuso sul profilo Fb del Valentini; foto che ritraggono quest’ultimo mentre serve al ristorante della festa. E come osa, il vile marrano, sfilare alla festa di C. per farsi bello, avrà pensato (e poi detto, usando, ovviamente, altre parole…). Figurarsi, allora, se uno così potrebbe mai accettare di far passare Francesco Maria Pizzetti come presidente della Fondazione Mps!
Il messaggio che Valentini possa decidere qualcosa, qualsiasi cosa, non può e non deve passare, pena… cosa non si sa. E non si capisce. Certo é che deve trattarsi di qualcosa di terribile tanto da spingere, continuamente il sindaco in carica (quello che appare a noi) a retrocedere costantemente dalle sue posizioni.
Ieri sera, dopo che ci avevano dato a bere che Pizzetti sarebbe stato quasi certamente il prossimo presidente della Fondazione, ecco che compare la bella Antonella Mansi, quella ormai “unta” da una convergenza forzata proprio in queste ore (il quasi è ancora d’obbligo). C’è stato già un incontro tra la signora in questione, il sindaco Valentini, il presidente Bezzini e il segretario provinciale del Pd Guicciardini (ma non avevamo detto che la politica doveva restare fuori dalla Fondazione e, quindi, dalla banca? Ma forse gli amministratori chiamati a nominare i membri della Deputazione Generale si sentono così responsabili da non riuscire ad espletare il loro ruolo di enti nominanti…).
All’uscita, subito dopo il confronto, Valentini ha mostrato una sua possibile apertura alla candidata “in corsa” e Bezzini (alias C. con le sembianze del presidente della Provincia) ha ribadito con fermezza il “no” a Pizzetti e “sì” a una rosa di nomi a lui graditi, Mansi compresa.
Da questo episodio, semplicemente, si nota l’aggressività neppure tanto velata della minoranza del partito rispetto alla maggioranza del partito che, invece, si accuccia e cerca la via per sopravvivere. E così facendo, violenta non solo il volere democratico (che ha detto no a C. e alla sua bella combriccola ancora sopravvissuta perchè ancora in carica da qualche parte), ma quello spirito di rinnovamento grazie al quale ha ottenuto, per un pelo, l’onore di amministrare la città.
Il messaggio che Valentini possa decidere qualcosa, qualsiasi cosa, non può e non deve passare, pena… cosa non si sa. E non si capisce. Certo é che deve trattarsi di qualcosa di terribile tanto da spingere, continuamente il sindaco in carica (quello che appare a noi) a retrocedere costantemente dalle sue posizioni.
Ieri sera, dopo che ci avevano dato a bere che Pizzetti sarebbe stato quasi certamente il prossimo presidente della Fondazione, ecco che compare la bella Antonella Mansi, quella ormai “unta” da una convergenza forzata proprio in queste ore (il quasi è ancora d’obbligo). C’è stato già un incontro tra la signora in questione, il sindaco Valentini, il presidente Bezzini e il segretario provinciale del Pd Guicciardini (ma non avevamo detto che la politica doveva restare fuori dalla Fondazione e, quindi, dalla banca? Ma forse gli amministratori chiamati a nominare i membri della Deputazione Generale si sentono così responsabili da non riuscire ad espletare il loro ruolo di enti nominanti…).
All’uscita, subito dopo il confronto, Valentini ha mostrato una sua possibile apertura alla candidata “in corsa” e Bezzini (alias C. con le sembianze del presidente della Provincia) ha ribadito con fermezza il “no” a Pizzetti e “sì” a una rosa di nomi a lui graditi, Mansi compresa.
Da questo episodio, semplicemente, si nota l’aggressività neppure tanto velata della minoranza del partito rispetto alla maggioranza del partito che, invece, si accuccia e cerca la via per sopravvivere. E così facendo, violenta non solo il volere democratico (che ha detto no a C. e alla sua bella combriccola ancora sopravvissuta perchè ancora in carica da qualche parte), ma quello spirito di rinnovamento grazie al quale ha ottenuto, per un pelo, l’onore di amministrare la città.
Valentini, per sua masochistica scelta, preferisce agire in solitario, esclude non solo i suoi (quelli originiari) dal tavolo delle decisioni ma si arrocca nel suo castello parlandosi addosso, quasi appagato di comparire sulle pagine dei giornali nazionali.
Oggi è arrivato, addirittura, a negare la paternità della candidatura di Pizzetti alla presidenza della Fondazione Mps, scaricandola su un fantomatico blog. Dopo giorni che ne tesseva le lodi, dopo che i deputati nominati dal Comune si erano fedelmente impegnati nel far convergere una ampia maggioranza su quel nome… lui cede mostrando di dubitare (per primo) delle proprie forze, delle proprie convinzioni e anche di quelle che è stato chiamato a rappresentare. E anche di non ricordarsi le date…
Eppure, Bruno Valentini non ha alcuna giustificazione alla sua debolezza. Pur avendo sfiorato il primo fallimento “storico” del centrosinistra a Siena alle scorse elezioni, sapeva di poter contare su una compagine numericamente cospicua di uomini e donne capaci e non di servi sciocchi. E questa era una caratteristica che i suoi diretti avversari non gli hanno perdonato, per invidia, si presume. In aggiunta, aveva il vantaggio di non essere stato macchiato da alcuna indagine della magistratura. A differenza di quei C., Cenni, Ceccherini, Mussari, Mancini e personaggi minori che di giorno in giorno vengono intaccati dalle loro stesse azioni, comportamenti, scelte che emergono chiaramente dai faldoni dell’indagine Mps.
Valentini era stato percepito come una possibile via verso il riscatto del Partito Democratico, reo di aver gettato Siena ed il suo patrimonio in una crisi senza precedenti. Ad un suo cenno si erano compattati soggetti non solo riferibili o collegabili ai democratici; molti avevano deciso di lanciarsi nella politica del fare per la prima volta; altri avevano messo a disposizione della “causa” la loro esperienza di amministratori in altri Comuni, in altri ambiti professionali… Di fronte ad una sua proposta di collaborazione per il bene della città non avrebbero posto alcun veto i consiglieri di minoranza e, certamente, non si sarebbero tirati indietro personaggi autorevoli di Siena strenui avversari del “sistema” che lui stesso diceva di voler combattere.
Valentini era stato percepito come una possibile via verso il riscatto del Partito Democratico, reo di aver gettato Siena ed il suo patrimonio in una crisi senza precedenti. Ad un suo cenno si erano compattati soggetti non solo riferibili o collegabili ai democratici; molti avevano deciso di lanciarsi nella politica del fare per la prima volta; altri avevano messo a disposizione della “causa” la loro esperienza di amministratori in altri Comuni, in altri ambiti professionali… Di fronte ad una sua proposta di collaborazione per il bene della città non avrebbero posto alcun veto i consiglieri di minoranza e, certamente, non si sarebbero tirati indietro personaggi autorevoli di Siena strenui avversari del “sistema” che lui stesso diceva di voler combattere.
In barba alla trasparenza promessa, le nomine sono avvenute (e proseguiranno su questo filone) durante incontri tra politici – quasi tutte (per fortuna non tutte) con la benedizione di C., ma forse si può parlare di imposizione… La città è stata esautorata, ancora una volta, dalle decisioni importanti, passando dall’abbraccio mortale della “casta” a quello privo di passione e di autorevolezza dell’attuale, fotogenico sindaco.
E mentre si rafforzano le voci di un possibile sgambetto della maggioranza in Consiglio Comunale, proprio sul documento di bilancio previsto per fine settembre, questo “sindaco in scadenza” non mostra di accorgersene e, affanato nella ricerca di una convergenza con una fronda per nulla interessata a tregue per il bene della città e dello stesso partito, vive questi giorni accumulando figuracce che ci avviliscono.
Valentini resta sordo alle istanze dei cittadini che si sono pubblicamente esposti, per la prima volta, indicando un nome (quello dell’avvocato Luigi De Mossi), alla presidenza della Fondazione e neppure ci prova a confrontarsi con un ex-sindaco di Siena, Pierluigi Piccini che, dalle pagine del nostro giornale, ha offerto le sue conoscenze bancarie alla ricerca di una soluzione per la Fondazione Mps ed esposto le sue “visioni” in prospettiva di un nuovo assetto bancario. Esponendosi a critiche (che puntualmente sono arrivate) che, ovviamente, avevano l’intento di macchiare la persona, non potendo agire in alcun modo sulle proposte.E Pisanu? Sestigiani? Giannelli? La terna dei nomi lanciati dalle minoranze? Che fine ha fatto? Bocche chiuse a quei senesi che, per fede o per protesta, hanno votato altro dalla maggioranza. In un ente le cui nomine sono fatte da rappresentanti delle istituzioni pubbliche, quelli che non hanno il Partito Democratico come riferimento vengono esclusi senza appello.
Nessuna democrazia viene rispettata, nessuna scelta viene ponderata e difesa sulla base di principi retti. Quello che conta, in questa stagione di veleni e di politica da basso impero, è cercare il compromesso al ribasso. A danno della città e senza scrupoli per chi ne subirà ancora le conseguenze.
A questo tempo che Valentini ha sprecato, alla sua nuova prova mancata, eravamo preparati. A quelli che saranno i frutti di questo suo rinnovato abdicare dobbiano ancora prepararci. E non sarà facile.