"J'accuse: conferenza sulla questione palestinese" ha coinvolto Ilan Pappè, Francesca Albanese, Karem Rohana, Giuseppe Flavio Pagano e alcuni studenti palestinesi che hanno testimoniato la loro condizione
di Raffaella Zelia Ruscitto
SIENA. Una grande lezione di determinazione e di coraggio, quella che abbiamo ricevuto dagli studenti del Cravos dell’Università di Siena. Una lezione che offre a tutti noi, non più tanto giovani, una luce di speranza sui contorni drammatici ed oscuri di questo presente e soprattutto del futuro.
Tutto il pregresso dell’incontro “J’accuse: conferenza sulla questione palestinese”, organizzato e approvato da tempo dai vertici dell’Università di Siena e poi negato a pochi giorni dall’evento, accampando scuse circa la non opportunità a svolgere l’evento proprio il 7 ottobre, lo si conosce. Il botta e risposta tra gli esponenti del Cravos e il Magnifico Rettore Di Pietra, ha avuto eco sui media.
L’attenzione era rivolta a questo appuntamento, che gli studenti avevano deciso di confermare, anche senza le autorizzazioni necessarie. Non era una provocazione: era un bagno di verità tra migliaia di voci ipocrite, bugiarde, incoerenti, che si sarebbero sollevate proprio in quella giornata (solo un pelino più che in tutto il resto di quest’anno appena passato).
Gli ospiti erano autorevoli ed inattaccabili: Ilan Pappé, professore nel Dipartimento di Storia dell”Università di Exeter, Gran Bretagna; Francesca Albanese docente italiana e dal 2022 è relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati; Karem Rohana attivista italo-palestinese, ben noto a Siena per i suoi legami familiari con la città, e Giuseppe Fabio Pagano, divulgatore di geopolitica, che nei giorni scorsi ha anche ricevuto la “visita” delle forze dell’ordine proprio per il suo attivismo pro-Palestina.
Di Pappè e Albanese vi sottopongo anche un link a cui potrete accedere per leggere lo scritto a firma dei due, inviato al Rettore Di Pietra a seguito della notizia del ritiro dell’autorizzazione allo svolgimento dell’incontro https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-alluniversit_di_siena_non_si_pu_parlare_di_palestina_la_lettera_di_ilan_papp_e_francesca_albanese_al_rettore/39130_56843/
Ieri l’incontro ha avuto un successo indiscutibile: tre aule piene (due collegate con la principale via Skype), ed una diretta Instagram altrettanto partecipata. Non farò la cronaca dell’incontro. Non perché non lo meriti, ma perché sarebbe una terribile mancanza non riferire tutti i pensieri, le informazioni, la storia, gli eventi trattati in punta di diritto, le testimonianze degli studenti palestinesi… insomma tutte le voci che si sono susseguite nelle tre ore di confronto. Tutto l’evento (che invito caldamente a vedere) è sulla pagina Instagram di Cravos. https://www.instagram.com/p/DA1K6-wuBl8/
E’ ormai un anno che la nostra esistenza è segnata da immagini di guerra e di morte dal Medio Oriente: un anno in cui si muore in modo sistematico e senza soluzione di continuità a Gaza e in Cisgiordania. 14mila i bambini uccisi in un anno; più di 40 mila i morti totali; 123 giornalisti uccisi, per non parlare di medici, infermieri ed operatori umanitari; le telecamere e gli sguardi degli osservatori internazionali fuori da Gaza e dalla Cisgiordania; ospedali, scuole, università, addirittura campi profughi distrutti dalle bombe. Un esodo tra i più devastanti e crudeli della storia dal nord al sud della Striscia, nata come il più grande campo profughi del mondo nel lontano 1948 e diventato campo di concentramento, sotto legge militare e iniqua, dal 1967 al 2006 quando Israele ha solo formalmente abbandonato il controllo militare ma, di fatto non ha mai perso il controllo dello spazio aereo, marittimo e di terra. Un controllo così stringente che, in meno di 24 ore Gaza, dal 9 ottobre 2023, non ha avuto più accesso a cibo, acqua, luce, gas, medicine… Neppure gli aiuti umanitari sono riusciti a sostenere una popolazione affamata, perché bloccati ai varchi verso la Striscia, per settimane, mesi!
E non sono servite a nulla le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, gli interventi della Corte Internazionale di Giustizia, o della Corte Penale Internazionale: Israele si è fatta beffe di tutti, accusando chiunque si ponesse tra lei e il genocidio sistematico dei palestinesi, di antisemitismo. Nulla di più illogico e ridicolo, ma che, di fatto, è stato fatto passare come scontato, solo per delegittimare il dissenso.
E’ pur vero che l’antisemitismo sta dilagando, ma è altrettanto vero che questo nuovo sentimento non ha radici legate al credo religioso o all’etnia, ma nasce dal rigetto dell’arroganza del più forte; nasce dalla violenza ingiustificata e senza limite alcuno; dalla presunzione del “popolo eletto” e dall’ideologia malata della razza. Nasce dal fatto che non può esistere una “terra promessa” che possa giustificare la violenza rivolta ad un proprio simile. Non esiste un Dio che possa guardare con benevolenza il sangue di innocenti versato per garantire una pretesa assurda di superiorità o di possesso.
Dall’incontro di ieri non è scaturito – come forse molti speravano – un messaggio di odio, ma la verità oggettiva su quanto accaduto da oltre 75 anni ad oggi in Palestina. Una verità che tutti i canali di informazione generalista si guardano bene dal diffondere. Una verità senza la quale non potrà nascere alcun processo di pace. Dall’incontro é scaturita l’urgenza di non disumanizzare gli israeliani in opposizione alla disumanizzazione che gli israeliani fanno da decenni dei palestinesi. Questo vuol dire non farsi trascinare nel vortice della violenza, ma cercare con ostinazione di spingere i Governi ad intervenire per fermare l’orrore della guerra.
Ieri si è rafforzata la consapevolezza che il potere economico e le alleanze tra pochi schiacciano senza pietà la volontà di interi popoli ed il diritto di interi popoli ad esistere e ad autodeterminarsi. L’informazione asservita e vigliacca, la politica esercitata senza dignità e senza senso di responsabilità, la malafede, fanno il resto e creano un mondo “virtuale” che obnubila le coscienze, che facilita – anzi, incoraggia – divisioni e conflitti… questo perché un popolo coeso è ben più difficile da condizionare.
Poi però, in tutto questo scoraggiante stato delle cose, emerge la forza dei giovani studenti (non solo italiani) che, nonostante l’opposizione del potere, mettono tutto in discussione, protestano, disegnano altri mondi possibili e urlano che “il Re è nudo”. Giovani che, pacificamente, ma senza tentennamenti, chiedono di sovvertire gli equilibri (gli stessi che stanno riportando il mondo verso una guerra mondiale e che non si spostano neppure sotto il peso di decine di migliaia di morti, tra Palestina e Ucraina) e di riportare l’uomo al centro delle scelte dei Governi. L’uomo senza altri aggettivi, senza appartenenza politica o etnica, rispettato e protetto universalmente nella sua autodeterminazione e nella sua fragilità. L’uomo che, fin da piccolo, non deve più essere educato all’odio dell’altro e all’idea di appartenere ad una “razza superiore” ma all’amore, al rispetto, alla tutela della pace come bene più prezioso.
Un’utopia? Forse. Intanto, però, basterebbe mettere in atto e rispettare il diritto internazionale, costringere tutti gli Stati ad agire da pari e nelle regole e, soprattutto, riconoscere la Palestina quale Stato, con dei confini ben delimitati e decisi nel 1948, sebbene costantemente violati. 146 dei 193 Paesi membri delle Nazioni Unite hanno riconosciuto lo Stato di Palestina. L’Italia non lo ha fatto e dovrà vergognarsi di questa scelta, prima o poi.
Un ultimo appunto al rettore Di Pietra e al Senato Accademico: non si smette di essere professori quando si esce dalle aule delle Facoltà. Se così fosse nessuna lezione, per quanto ben fatta e ben espressa, avrebbe mai un qualche valore. Tutto sarebbe retorica. E’ il momento di recuperare con forza il ruolo di custodi della libera circolazione del pensiero e della conoscenza che da sempre si sono alimentati nelle aule e nei corridoi delle Università. La “materia nobile” da plasmare non manca. I giovani studenti senesi lo hanno dimostrato a tutti.