"L'aurea mediocritas" di certa politica non fa certo ben sperare
di Raffaella Zelia Ruscitto
SIENA. L’esistenza mette tradizionalmente alla prova. Una prova costante dentro e fuori dall’ambito individuale. Ma ci sono tempi, momenti, frammenti della nostra vita, che ci vedono inciampare con una frequenza imbarazzante. Franano le certezze e la terra sembra cedere sotto i piedi; mancano i punti di riferimento e la rabbia per le continue cadute rischia di lasciare il posto allo sconforto. Questa, più o meno, è la metafora dello stato d’animo di chi si trova, suo malgrado, a seguire le vicende politiche locali e nazionali.
Le paturnie per la nascita di un Governo M5S -Lega suscitano emozioni al pari dell’osservazione di un amplesso tra coccinelle. Ma, a ben guardare (non le coccinelle!), gli accordi che tutti immaginavamo su importanti punti di programma, su cose da fare per risollevare le sorti di questo Paese ormai allo scatafascio, hanno risvolti decisamente preoccupanti. E, guarda caso, Siena resta al centro o comunque in una posizione di primo piano al punto che, proprio ieri, addirittura il leader dei pentastellati, Luigi Di Maio, in un suo post sul “Blog delle stelle” non manca di bacchettare gli attivisti senesi che si sono dati appuntamento il 27 maggio, al Palace Hotel Due Ponti, dando vita ad un “Meetup regionale” per coinvolgere attivisti e portavoce a tutti i livelli istituzionali su diversi temi di grande attualità.
L’ordine del giorno sintetizza, in pratica, l’excursus di quanto accaduto da un annetto a questa parte all’interno del movimento: 1. I sei mesi che sconvolsero il MoVimento: dal “Non Statuto” all’”Associazione”, dall’”Uno vale Uno” al “Capo Politico”; 2. Le “esclusioni” delle Parlamentarie; 3. Le “nomine” nei collegi uninominali; 4. La mancata certificazione delle liste in alcuni importanti comuni toscani; 5. Risposte e comunicazioni dei portavoce regionali e nazionali.
A questa occasione di confronto i vertici regionali e nazionali hanno risposto con un bel due di picche. “Il MoVimento 5 Stelle non ha organizzato alcun incontro per il prossimo 27 maggio a Siena. Chiunque parteciperà lo farà a titolo personale e non come portavoce del MoVimento”, scrive Di Maio. Giannarelli fa sapere che neppure ci pensava dal momento che aveva impegni altrove. C’è da sperare che i parlamentari – che nei mesi passati a Siena ci avevano fatto il viottolo come strenui paladini dell’affare Montepaschi e del caso Rossi – si degnino di fare capolino e spiegare cosa ha portato all’improvviso declassamento dei grillini locali e le cause del “grande rifiuto” del simbolo alla lista che si era organizzata sotto la candidatura di Luca Furiozzi.
A me, anima ingenua sprovveduta, è venuta in mente la vicenda Lega; quell’espulsione di Maurizio Montigiani nel 2017, tra i più attivi e stimati membri del direttivo senese del Carroccio, e successivamente l’azzeramento del partito senese con commissariamenti inspiegabili, con capetti arrivati da fuori… e poi l’ultima vicenda, quella della candidatura locale poi ritirata per decisione arrivata dalla Regione.
Prima la Lega senese messa in condizione di non poter più agire, poi i 5Stelle senesi impossibilitati addirittura ad indire un meetup regionale, disconosciuti come se tutte le azioni messe in campo in questi anni fossero carta straccia.
Viene da pensare che la vicenda Mps abbia inciso su questi “disconoscimenti” (come la questione banche venete sul ritiro del candidato 5stelle a Vicenza), come viene da pensare che il lavoro, l’abnegazione di chi opera dalla base, per questi caporioni, vale più o meno quanto la polvere sopra un mobile.
Da un partito ormai strutturato come la Lega ce lo potevamo aspettare e neppure ci sconvolge. Dal MoVimento 5 Stelle, dal popolo del Vaffa, dal baluardo di una democrazia da rafforzare e da difendere strenuamente, proprio no. E ci offende. Ci offende un Di Maio così autoritario e per nulla autorevole. Ci offende un Giannarelli che strizza l’occhio ai vertici e si atteggia a uomo di partito, impegnato altrove e per nulla caricato dalla responsabilità di vedere un movimento toscano sull’orlo del baratro. Ci offende e ci indigna sapere che tutte le battaglie sono buone finchè portano consenso e che, una volta ottenuto il consenso, si sacrificano sull’altare del potere. Avevamo pensato, fino ad oggi, che le cose tra gli uomini e le donne del MoVimento, andassero diversamente. Che non avremmo mai potuto assistere a candidature nazionali decise nelle segrete stanze, a poteri ramificati e non più condivisi, a ordini scesi dall’alto, a violazioni palesi a regolamenti interni che vengono punite solo in base a chi le commette. Ma quello che proprio non mandiamo giù è quel decidere senza spiegare; quel perentorio comando che non apre al confronto; quella totale indisponibilità al confronto; quel salire in cattedra per uno straccio di ruolo preso neppure per meriti, sul campo, ma per ragioni tutte da verificare. E vaffa alla piattaforma Rousseau e alla partecipazione più ampia possibile. Ma forse, mi viene da pensare, la partecipazione alla Di Maio e soci prevede in realtà solo due possibilità: “sei d’accordo o sei d’accordo?”. Ne abbiamo viste parecchie, e non ci sono piaciute per nulla. La deriva fascista a cui stiamo assistendo all’interno del M5S, oggi, a Siena, ci fa più paura delle teste semirasate dei giovani di destra, tutti muscoli e camice nere: i secondi almeno si palesano per quello che sono!
Archiviata la faccenda grillina c’è poco da raccontare sulle restanti “operazioni” elettorali che coinvolgono i candidati rimasti in campo (ben nove, peraltro!).
Il Pd ha fatto fronte comune, almeno in apparenza. In realtà, c’è chi trama alle spalle ed il suo dissenso lo palesa facendo una “controcampagna elettorale” dai toni piuttosto pensanti. Uno dei protagonisti della “fronda” pare essere Stefano Scaramelli che, dopo aver mandato giù il rospo della candidatura imposta di Valentini, proprio non ci sta a fargli da stampella. La candidatura dell’amico e sodale David Chiti in molti l’hanno letta in questi termini e non è una lettura così astrusa. Il “gioco” del voto disgiunto potrebbe favorire, in questo senso.
Anche per il candidato De Mossi, sostenuto da un compatto centrodestra, la questione Lega non è risolta, anzi. I fuoriusciti hanno scelto di sostenere Massimo Sportelli; ex militanti come Giusti, invece, dal loro civismo ritrovato, appoggiano il Superavvocato e questo potrebbe bastare per recuperare i voti persi.
Massimo Sportelli appare spesso solo. I suoi sostenitori, Mauro Marzucchi soprattutto (ma non esclusivamente), disertano i suoi incontri pubblici e, dai corridoi frequentati da “gente che sa”, si vocifera che ci sia già un accordo in previsione di un ballottaggio tra Valentini e un avversario eventuale e qualunque (tranne Sportelli stesso, si spera!).
Di Pierluigi Piccini si è detto che avrebbe fatto un accordo – o avrebbe tenuto un contatto – con i pentastellati nazionali. Lui ha categoricamente smentito, sostenendo che sarebbe impossibile – oltre che inutile – fare un patto con chi certo non darà indicazioni di volto e con un elettorato ingestibile, fatto di scontenti, convinti, rivoluzionari ed opportunisti. Come dargli torto!
Alessandro Pinciani continua la sua campagna elettorale e mostra di saperci stare dentro. Forte della sua esperienza amministrativa non teme i confronti e, avendo una sola lista che lo appoggia, certo non teme sgambetti lungo il percorso. La sua coerenza pare abbia fatto breccia e quindi, il primario intento di opporsi alla rinomina di Valentini a sindaco di Siena potrebbe anche essere centrato.
Sergio Fucito in questi giorni ha fatto parlare sulla stampa i suoi sostenitori: giovani non ne mancano e gli argomenti trattati, con volitiva convinzione, vengono snocciolati senza soluzione di continuità. La nicchia di volti a cui può attingere per naturale vocazione potrebbe anche vedere qualche margine di ampliamento.
Sulla signora Maggi non mi esprimo. Si mostra poco, parla poco e, al momento, lascia molto all’immaginazione (forse anche troppo). Come unica candidata del gentil sesso non ci fa una bella figura, almeno fino alla stesura di questo editoriale.
Alessandro Vigni è un altro che può contare sulla sua esperienza amministrativa. La sua scelta di sinistra pura potrebbe avvicinare gli appassionati dell’ideologia e tutti quelli che ancora accarezzano il sogno di un nuovo e forte partito di sinistra in Italia, dopo la debacle del Pd, in questo senso. Per una città da sempre “rossa” come Siena questo aspetto non è da trascurare.
Infine il sindaco uscente, Valentini: gli attacchi che arrivano dagli avversari (tutti più che meritati, s’intende) pare abbiano solo la capacità di illuminare la sua platea. Per il resto, la sua totale indifferenza a qualsivoglia critica, la sua ferrea convinzione di non poter sbagliare e di non aver mai sbagliato, gli danno un tale equilibrio che sarà molto difficile vederlo vacillare nelle sue convinzioni. Se in amore “vince chi fugge”, forse è anche vero che nei dibattiti politici conviene puntare su sé stessi piuttosto che passare palla continuamente all’avversario dal momento che anche quello più incapace, prima o poi, farà gol.
Valentini è convinto di poter vincere (e come dargli torto!) e punta sulla sua lista In Campo. Dentro quasi tutti gli assessori e qualche ex consigliere “a sorpresa”. Sulla capacità di questa lista di attrarre voti qualcuno nutre seri dubbi. Non stiamo parlando di una lista nata da un lavoro di discussione interno, da un tentativo di cambiamento serio da cui aveva visto la luce Siena Cambia (come esperienza politica e non come lista poi passata alle elezioni). Qui parliamo di una lista “fredda”, di sostegno ad un sindaco uscente che di cambiamento, in questa città, ne ha portato davvero poco; quindi manca il mordente, l’aria rivoluzionaria che aveva attratto tanti nel 2013 e aveva portato, infine, alla vittoria al fotofinish.
Dopo tutta questa carrellata sfiancante cosa resta? Non lo so dire. So che restano ancora due settimane di faticosa campagna, di faticosi appuntamenti, incontri, confronti, trasmissioni e qualche sapido articolo di giornale. Poi si allestiranno i seggi e calerà il silenzio elettorale. E quasi certamente ne resteranno solo due!
Io spero ancora che restino in lizza i migliori. Ma la delusione è sempre dietro l’angolo, come accaduto già, in diverse e varie circostanze. La politica, al pari dell’elettorato, ha mostrato ampiamente la sua capacità di rotolare talmente in basso da non poter più quasi sperare in una dignitosa risalita. E allora mi viene in mente il verso di una canzone di Fabi, Gazzè, Silvestri: “Un ponte, chiedo solamente un ponte per andare… andare… e continuare non è soltanto una scelta ma la mia sola rivolta possibile, senza dimenticare che dopo pochi chilometri ci dovremo di nuovo fermare….”