In Consiglio comunale un film già visto...
di Raffaella Zelia Ruscitto
SIENA. “Madamadorè ha perso sei figlie/tra i bar del porto e le sue meraviglie/Madamadorè sa puzza di gatto/volta la carta e paga il riscatto/paga il riscatto con le borse degli occhi/Piene di foto di sogni interrotti/ Angiolina ritaglia giornali si veste da sposa canta vittoria/chiama i ricordi col loro nome volta la carta e finisce in gloria/chiama i ricordi col loro nome volta la carta e finisce in gloria”.(Volta la carta, Fabrizio De Andrè)
Chi ha riavvolto il film di Siena? Chi, complice la scenografia della austera sala del Capitano del Popolo, ha riportato indietro le lancette del tempo, cambiando qualche faccia, qua e là, senza però rinunciare al copione, già di pessima fattura nella sua “prima”?
Solo due anni fa c’era C., oggi Valentini: nel primo caso c’era la difesa di un bilancio indifendibile, oggi la impacciata, opaca, genuflessione a decisioni prese (o da prendere, ma pur sempre già stabilite altrove). La maggioranza che perde qualche pezzo ma che resta arroccata su posizioni che rasentano il ridicolo. Se non fossero, purtroppo, nefaste.
Tecnicamente nulla avrebbero potuto le decisioni del Consiglio Comunale sui vertici in scadenza della Fondazione Mps. Tecnicamente, il destino della banca Mps e della sua Fondazione (in passato si sarebbe dovuto invertire l’ordine…) è segnato. Un destino amaro, derivato da una indegna gestione (a tratti e per molti versi illecita), ma su questo si potrebbe esprimere molto meglio e con dovizia di particolari l’assessore Paolo Mazzini, che in Deputazione c’è stato fino a qualche settimana fa. Sempre dal punto di vista tecnico e meramente oggettivo, il confronto di ieri tra maggioranza ed opposizione si sarebbe potuto ridurre pure a “due chiacchiere tra amministratori”, tanto, per quel che importa al presidente Profumo…
Eppure, nel profondo di noi, in quella parte che non crede al freddo tecnicismo e si ribella, e chiede incessantemente spiegazioni, e si agita e reclama un’alternativa al sentirsi vittima senza appello di fronte alle scelte sbagliate di altri; in quella parte di noi che, in poche parole, è stufa delle vuote mozioni senza anima, senza volontà e senza senso, sentiamo che c’era qualcosa che si poteva fare. Qualcosa di più e di meglio per risollevare le sorti di una città che, tra qualche giorno, si sveglierà con la matematica certezza di aver perso una banca.
Senza scomodare i santi e i miracoli, senza fare i soliti “la maggioranza è mia e decido io” con bracci di ferro e facce di bronzo, metalli, leghe e materiali vari… i plurivotati – politicamente e amministrativamente parlando – esperti consiglieri comunali del Pd non avrebbero potuto fare una telefonatina al presidente del Consiglio Letta e chiedergli, cortesemente, di agire a sostegno della banca Mps e della Fondazione? Visto che, in passato, l’interessamento di stampo Pds è stato tanto “incisivo”, non si poteva pensare ad un “bis”? Questa volta, magari, se possibile, in favore dell’istituto di credito e della città?
Ah, scusate, dimenticavamo… ci sarebbe una palese ingerenza della politica nella banca! E perdincibacco… non ci avevamo pensato! Perdonateci… in effetti, dobbiamo ancora farci l’abitudine a questa nuova regola. Scusate… ma fino a ieri (ma proprio ieri), la politica aveva un peso non indifferente sulla finanza senese. Buona parte del CdA della attuale banca è di lapalissiana “provenienza” politica… e pure le deputazioni della Fondazione (presidente in primis, come pure Profumo) sono di chiara nomina politica… E vogliamo dircelo anche (o facciamo a prenderci per i fondelli) che tutte le “fusioni e acquisizioni” fin qui condotte dalla Banca Mps sono state prima decise in ambienti politici? E quel fumoso non controllare di chi doveva controllare potrebbe avere qualcosa a che vedere con la politica?
E adesso che abbiamo chiaro il “gioco delle parti”, ecco che arriva il neonato Consiglio Comunale, o meglio la neonata maggioranza, a dirci che abbiamo capito male. Che, se fino ad oggi è stato così… era sbagliato! Adesso la politica fa la politica (ovvero nulla, a detta di una buona fetta del consesso cittadino) e la finanza fa la finanza, ovvero quello che vuole. Punto.
E la strenua difesa della senesità della banca (dal 51 per cento difeso dall’allora candidato sindaco C. al vincolo del 4% che verrà abbattuto alla prossima Assemblea degli Azionisti con il beneplacido della Fondazione), dovrebbe, a questo punto, essere una battaglia fatta da chi? Abbiamo capito che non è compito degli eletti dal popolo nell’ultima tornata elettorale, e questo, come dato di fatto, già ci spiazza. E ci sentiamo senza leader, proprio come, in queste ore, potrebbe sentirsi il presidente della Fondazione Mps, Mancini, che per sua stessa ammissione, ha sempre fatto quello che gli veniva detto di fare. E non certo da esperti banchieri!
La fine strategia comunicativa vorrebbe far passare tutte queste operazioni di “difesa della senesità” come “posizioni pregiudiziali ed ideologiche”. Beh, è un vero peccato che oggi – quando prendere posizioni come queste è scomodo, forse utopico, e impone di stare dalla parte opposta dei potenti – si sminuiscono battaglie che, fino a ieri, erano sostenute dai vertici di quello stesso partito. Forse, nelle numerose telefonate che C. ha fatto ai suoi 5 consiglieri, non li ha avvisati di quanto da lui stesso sostenuto in passato.
“Non mi rassegno a far andare via la banca da Siena”, diceva Valentini nella conferenza stampa pre-palio il 2 luglio scorso. Pare che le cose siano cambiate. Adesso si spera che la banca non vada via dall’Italia. E che la Fondazione non venga commissariata…
E di fronte a questo sfacelo, a cosa serve, e a chi serve, questo appellarsi al rispetto dei ruoli, cosa che, di fatto, non è solo inutile ma pure scollegata dalla realtà, per ovvie ragioni di nomina?
Ci domandiamo, allora, se questo è ancora il tempo del compromesso politico, tra fazioni o correnti interne al Pd, o se, più semplicemente, è la resa incondizionata ad una corsa verso il burrone che questi democratici hanno intrapreso da tempo per mero tafazzismo o, peggio ancora, per irragionevole obbedienza ad un leader accecato dal suo stesso livore e deciso a portare a termine il compito assegnatogli. In questa corsa, fuori dal tempo e fuori anche da una qualche logica, non c’è stato spazio per chi voleva cambiare nè per chi portava la sua esperienza al servizio di una nuova concezione della politica. Ne abbiamo avuto prova nella composizione della Giunta, nella nomina del segretario dell’Unione comunale (un nome nuovo: Alessandro Mugnaioli, una messe di voto: 52 su 104, pare) e certamente non verremo stupiti con le nomine nell’inutile ente che presto sarà la Fondazione Mps.
Ci domandiamo, ancora più mestamente, che ruolo andrà a ricoprire la politica. Un nobile esercizio dalla “vocazione al bene comune” prima macchiato e ridotto ai minimi termini da chi lo aveva abbracciato addirittura facendone una carriera professionale, poi calpestato e messo alla berlina dai cittadini, ormai stanchi di essere amministrati da uomini corrotti e pure incapaci… oggi relegato da questa maggioranza ad un puro “chiacchiericcio” senza peso nella vita concreta, nella realtà di tutti i giorni, nelle scelte importanti.
I valorosi 32 consiglieri (l’opposizione ormai ridotta ad un’azione di contrasto neppure considerata), la spavalda Giunta e il rivoluzionario sindaco possono ammainare le bandiere, lasciare i posti lignei così come li hanno trovati e spegnere le luci (tanto per non consumare, almeno!). Hanno abdicato al loro ruolo in maniera del tutto autonoma e, rinunciando di fatto al mandato loro conferito da quei senesi ancora illusi di aver fatto il proprio dovere andando a votare, possono fieramente dedicarsi all’esercizio della retorica. Un’arte che sono ben lontani dal conoscere ma su cui, viste le doti di partenza, si può pensare abbiano un qualche futuro.