La speranza è che il "partito degli astensionisti" rinunci alla propria ideologia
di Raffaella Zelia Ruscitto
SIENA. Manca davvero poco. Poi Siena avrà un suo nuovo sindaco che sarà in carica per i prossimi cinque anni, tutto il resto permettendo.
I contendenti sono due: il sindaco uscente Bruno Valentini e l’avvocato Luigi De Mossi. Tra i due candidati più votati lo scorso 10 giugno, a sorpresa, si è inserito il terzo classificato, Pierluigi Piccini, che è riuscito nella grande impresa di portare la sua lista “Per Siena” al primo posto per numero di preferenze, prima ancora del Pd.
A Siena qualcosa è cambiato ma, occorre precisarlo subito, non così tanto come si sperava.
Avevamo sperato in una città che proprio non si facesse convincere dal solito e trito partito di eterna maggioranza. Avevamo sperato che, visto il gran numero di candidati, molti dei quali di matrice di sinistra, altri di civica intenzione, altri di coerente divergenza, l’elettorato avrebbe trovato spunti per un voto di protesta. Per una “punizione democratica”. Il nostro sogno, cullato per qualche settimana, era quello di un ballottaggio senza Pd; insomma, senza Valentini.
Qualcosa è cambiato, ma non troppo. I senesi, in buona parte, hanno preferito disertare le urne piuttosto che farsi promotori di un reale cambiamento. E se si cambia in peggio? Meglio non assumersi certe responsabilità, avranno pensato.
E così ci troviamo, ormai da più di una settimana, di fronte ad una diatriba che non è costruita sul merito ma sulle solite questioni di lana caprina. Si vuole ridurre tutto a “centrodestra” contro “centrosinistra”; questione che, a Siena, adesso, è davvero priva di senso.
In cosa consiste, davvero, il centrosinistra? E’ davvero – e come lo avrebbe dimostrato in questi anni? – una coalizione progressista, democratica, socialdemocratica, che promuove e difende il ruolo dei lavoratori, delle classi meno abbienti, delle minoranze, tenendo sempre aperto il dibattito ed il confronto con i cittadini? E’ forse stato così negli ultimi vent’anni, a Siena? Perchè, se è davvero stato così, non ce ne siamo accorti! Ci siamo accorti della gestione pdcentrica del potere. Una gestione oligarchica, pensata per tenere nelle sue maglie ogni possibile centro di controllo della città: dal Comune alla Provincia, dalla Banca alla Fondazione, dalle partecipate pubbliche a quelle direttamente collegate a Mps. Il famoso groviglio, per intenderci. Il Pd faceva incetta di incarichi “strategici” e ovviamente non mancava di beneficiare in qualche forma anche i partiti di opposizione che pure esistevano anche a Siena.
Gli oppositori a quel “sistema”, quelli che hanno denunciato, fatto controinformazione, hanno subìto non poco (altro che democrazia!), vedendo danneggiate le proprie attività, la dignità, in una forma di “morte civile” che è subdola figlia delle peggiori dittature.
Forti del potere economico della banca, taluni hanno fatto il bello ed il cattivo tempo a Siena, fino alla scellerata decisione dell’acquisizione di Antonveneta nell’anno in cui nasceva il Pd che aveva come primo segretario politico nazionale Walter Veltroni. Quel Walter Veltroni che pare si stia interessando particolarmente a Siena e che sia pronto a venire in città per sostenere la candidatura di Valentini in accordo con Piccini.
Alla totale assenza di autocritica e di ammissione di responsabilità, con ampia “pulizia interna” al partito, in questi anni di interregno valentiniano, abbiamo assistito ad un lento ma progressivo rientro dalla finestra di quel sistema che pensavamo smantellato da inchieste giudiziarie, deflagrazione di patrimonio economico e finanziario e amminnicoli vari. I protagonisti delle stagioni da dimenticare sono incredibilmente tornati sulla scena, magari non direttamente, ma con una costante risalita ai centri di potere della città. Tutto questo grazie alla totale assenza di cambiamento nella gestione delle cose ed al silenzio assenso delle nuove leve. Nomine fatte sempre allo stesso modo, seguendo la stessa logica, accordi sottobanco, interessi di corrente se non personalismi all’ennesima potenza, con il concorso di meri prestanome.
Finti litigi per ritrovarsi poi, tutti, sulla stessa barca, per remare dalla stessa parte. Questo è apparso il Pd negli ultimi anni. Tutto meno che un partito di centrosinistra! Interessato a tutto meno che a fare il partito di centrosinistra! E tutti dentro: i vecchi e i nuovi, accomunati dall’interesse dei primi e nella speranza che i secondi possano, un giorno, pareggiare i conti con i propri interessi.
In tutto questo marasma si inseriscono le figure di Pierluigi Piccini e Luigi De Mossi.
Il primo è stato sindaco di Siena per circa un decennio, defraudato del ruolo di presidente della Fondazione Mps, esiliato d’oro a Parigi e tenacemente fermo nel suo obiettivo di ritornare a Siena per svolgere un ruolo di primo piano. In questa occasione l’obiettivo è stato sfiorato ma non raggiunto. Prima lista più votata ma terzo per numero di voti complessivi. Nessun ballottaggio per lui ma un peso non di poco conto per la vittoria di uno dei due candidati in lizza. Qualcuno ha sperato nel felice connubio tra Piccini e Luigi De Mossi: una opposizione ferma contro lo strapotere pluridecennale del Pd. Invece, a sorpresa, ecco l’accordo Valentini-Piccini che pare benedetto dalle liste “In Campo” e “Per Siena”.
Alcuni blogger storici hanno subito gridato allo scandalo: a mediare tra i due candidati, infatti, pare si siano mossi due ex (o attuali) ceccuzziani di ferro: Francesconi e Bonura. E qui, da come riporta Il Giornale, l’intreccio. Veltroni vorrebbe “chiudere l’accordo Valentini-Piccini e delegare al secondo una sorta di commissariamento del sindaco, poi rifare la nuova segreteria del partito senese con un altro ex sindaco, Franco Ceccuzzi, nel ruolo di segretario del partito”, si legge in un articolo di Camilla Conti.
Da parte sua Pierluigi Piccini, con dovizia di particolari, ha tenuto un diario pubblico sui social e proprio oggi scrive: “Abbiamo proposto a Siena la rivoluzione civica e non ci arrendiamo. Sapendo benissimo che nei prossimi cinque anni questa città potrebbe letteralmente implodere, ho un solo strumento per cercare di evitare che questo accada: far pesare il consenso ottenuto nel primo turno. La legge elettorale ci offre l’opportunità di portare al governo della città i progetti scritto insieme a tanti cittadini, che mi hanno votato come candidato sindaco e hanno sostenuto la lista Per Siena. Per Siena ha proposto, ai due candidati al ballottaggio, un’alleanza trasparente. Questo significa tre cose: un apparentamento formale, perché i cittadini possano scegliere in modo consapevole; accettazione dei punti chiave del nostro programma, il più votato; inversione di tendenza nella squadra di governo, perché oltre a cosa fare conta anche chi lo fa e come lo fa. Abbiamo preteso che nella nuova amministrazione ci siano persone nuove, slegate dal recente passato di Siena. De Mossi ha rifiutato queste condizioni, offrendo accordi politici opachi e informali, di vecchio stampo, e quindi per noi si è tirato fuori. #PerSiena, che è la prima lista, non potrà mai essere azionista di minoranza di alcuna amministrazione. Il nostro peso elettorale ci impone un’assunzione di responsabilità: quindi partecipare al governo di Siena in modo vigile. Per questo non avrò alcun incarico personale, ma ricoprirò il ruolo che mi spetta di consigliere comunale. Questa è l’unica vera garanzia di cambiamento: rendere civico uno dei due antagonisti politici. Noi vogliamo dare questa opportunità alla città, siamo generosi ma non ingenui”.
L’altro protagonista di questa campagna elettorale è Luigi De Mossi. L’avvocato si è sempre dichiarato civico con l’appoggio dei partiti del centrodestra. Lui, in passato, si è distinto nella difesa di alcuni dei “perseguitati” dal sistema. Si è sempre mostrato critico nei confronti dei rappresentanti del potere cittadino che si sono succeduti negli ultimi anni ed in diverse circostanze, in passato, aveva sondato la possibilità di candidarsi senza trovare mai terreno fertile per un reale cambio di passo della politica.
In questa circostanza, forse, aveva creduto di poter avere l’appoggio dei senesi stanchi del costante declino della città e nauseati dallo stesso, identico gioco della scacchiera e delle poltrone. Ha trovato, nel suo cammino, il sostegno convinto dei partiti del centrodestra (se si esclude la defaillance leghista locale) o forse proprio questo appoggio, inizialmente ventilato, ha dato la spinta che mancava per poter tentare di sfondare il muro di gomma del Palazzo Pubblico. Da quello che racconta Piccini, l’accordo con De Mossi non è stato possibile a causa della presenza proprio dei partiti tradizionali che lo sostengono. A differenza del Pd che, pur di non perdere la roccaforte senese (e magari anche il controllo dei centri di potere vicini alla banca senese)! avrebbe accettato tutte le condizioni dettate da Per Siena.
Il superavvocato (chiamato così da tutti quelli che gli devono una difesa contro i potenti di turno, noi compresi) non smette di portare avanti le sue ragioni e contrappone al discorso centrodestra – centrosinistra quello, più realistico del “vecchio che torna” e del “Nuovo che arriva”. Sul suo profilo De Mossi scrive: “Il sindaco uscente si è ricandidato senza un programma e senza una strategia concreta per amministrare la città ed il voto del 10 giugno ha confermato che il 70% dei cittadini non lo considera più il sindaco di #Siena. Per nascondere questo suo fallimento è sceso dal piedistallo della sua finta discontinuità e ha siglato un vero e proprio accordo di poltrone con l’ex sindaco Piccini, tutto sulla testa della città e dei cittadini e per assecondare quel gruppo dirigente romano su cui pende la responsabilità politica dell’operazione #Antonveneta.
Infatti, oltre ai due protagonisti noti, spuntano dalle ceneri della distruzione le ombre sinistre di Franco Ceccuzzi e Walter Veltroni entrambi segretari di quel partito, a Siena come a Roma, che fortemente volle l’immediato acquisto di Antonveneta.
Gli stessi che hanno portato la città in uno stato di crisi sono ritornati con il “patto degli sconfitti” tra Valentini e Piccini. Il gruppo dirigente del PD, ex DS, ingannando la città e gli stessi elettori di sinistra, prima hanno portato alla crisi la nostra banca, poi hanno quasi azzerato il patrimonio della Fondazione ed inoltre hanno portato al fallimento l’A.C. Siena, la Mens Sana Basket e l’Enoteca oltre a creare una situazione di crisi economica che è sotto gli occhi di tutti”.
Il rompicapo alla senese è così servito. Altro che centrodestra e centrosinistra! Credere che l’apparentamento con Piccini costi così caro al Pd da lasciare quest’ultimo in secondo piano, ostaggio del civismo dell’ex sindaco (con posti strategici acquisiti in cambio dell’aiuto al ballottaggio) e del suo programma… oppure “voltare pagina” come ripete De Mossi e tentare una strada del tutto nuova, libera dal simbolo egemone, e finalmente pronta a saltare l’ostacolo e provare l’alternanza?
Sarà interessante l’incontro fissato dai blogger BSG, Il Santo e l’Eretico per questa sera all’Hotel degli Ulivi, alle ore 21 per sentire cos’hanno da aggiungere a questa diatriba.
Noi, da parte nostra, siamo fermamente convinte che un Pd che resta al potere non darà mai principio ad una vera operazione di “pulizia interna”. Siamo fermamente convinte che il sindaco uscente Valentini abbia dimostrato di non essere in grado di portare un vero cambiamento a Siena e la presenza di Pierluigi Piccini non può bastare a liberarci dallo spettro di altri cinque anni di spot pubblicitari e nomine da spartizione dei beni di famiglia! Un Valentini bis proprio non riesce ad entusiasmarci e non ci entusiasma l’idea si sopportare tutte le dichiarazioni entusiastiche di vittoria che Vigni, Anatrini & co. faranno nell’eventualità di una ennesima vittoria del loro candidato.
E se, per puro caso, in tutto o in parte, il partito degli astensionisti al primo turno si muovesse spinto da un sano senso civico e puntasse sul suo candidato? In barba alle finte guerre idealiste e agli apparentamenti dei “big”, se la gente ragionasse autonomamente alla ricerca della migliore soluzione per la città, in questo caso, lontana da clientelismi, favori agli amici, accordi di poltrone non proprie… cosa sceglierebbe?
Questa è la speranza a cui ci aggrappiamo. E lo faremo fino a domenica, con la coerenza che non possiamo tradire e con la certezza che, ancora e sempre, resteremo seduti sul nostro scomodo sgabello, quello che ci siamo costruiti con le nostre mani…