E non tutti sono quello che dicono di essere
di Raffaella Zelia Ruscitto
SIENA. La trasformazione gattopardesca dell’ala innovativa della politica locale è giunta infine a conclusione. In città, solo una minoranza di illusi (o collusi) può ancora credere nell’esistenza di una concreta, per quanto piccola, marcia verso il cambiamento.
I sienacambisti, perso lo smalto della campagna elettorale pro Valentini, si sono trovati a fare i conti con i soliti personalismi venuti alla luce e con un sindaco che più che “rinnovatore riluttante” come lo avevamo chiamato un tempo, ha fatto rivivere il romanzo del dottor Jekyll e Mister Hyde: da politico filantropico e castigatore dei cattivi costumi dei democratici locali, a centravanti di sfondamento dei ceccuzziani. Talmente ceccuzziano da negare l’esistenza di questa corrente, come di quella che da lui prendeva il nome, un tempo in contrapposizione. In effetti, come dargli torto! Sienacambisti al palo, renziani privi di ogni credibile rappresentanza in città, democratici dissidenti privi di sostegno e per questo senza peso… in questo scenario è davvero inutile parlare di due correnti interne al partito, soprattutto nell’ottica della divergenza.
La lunga stagione delle nomine ne è stata evidente banco di prova. Soliti nomi, la maggior parte dei quali di chiara vicinanza al vecchio establishment. Il fondo si è toccato con le nomine in Fondazione Mps. Manovrine sotto banco con la candidatura a sorpresa del professor Clarich. Tutto per contrastare la possibilità di un successore “designato” e indicato da Antonella Mansi. Quella Bettina Campedelli che oggi ci troviamo come vice presidente di Palazzo Sansedoni grazie esclusivamente alla tenacia di alcuni membri della Deputazione Generale. Tante polemiche sui giornali. L’ultimatum ai membri della DG che si attardavano per la scelta del presidente. Le conferenze stampa… il sindaco Valentini non si è fatto mancare nulla in quella occasione. Salvo chiedere un incontro con i suoi nominati. Dal 9 giugno, data dell’ultimo confronto con i quattro membri della Dg di nomina Comunale, il sindaco non ha più avuto un confronto ufficiale, faccia a faccia, con chi si stava assumento l’onere di decidere il futuro dell’ente. La richiesta di incontro giunta dai “quattro moschettieri” nei primi giorni di agosto, è stata prima accolta e poi rinviata a data da destirnarsi. Si è preferita, ancora una volta, la politica dei “giochetti”, dei “tranelli”, delle decisioni calate dall’alto e semplicemente imposte.
Si è scelta la strada della comunicazione urlata, dei proclami. Come quello riguardante la presunta distribuzione di utili al territorio. La Fondazione Mps non è fuori dal tunnel. Ha migliorato la situazione disastrosa in cui si trovava ma non ha risolto i problemi. La vendita di azioni e fresh non ha prodotto utili ma ha mutato la consistenza del patrimonio. Quali erogazioni potranno mai essere possibili con la nube “Sansedoni” che incombe sui numeri dell’ente? Quali erogazioni potranno mai essere possibili con lo spauracchio di un nuovo aumento di capitale della banca (2 miliardi, pare)? E’ più opportuno, per un amministratore pubblico oculato, sperare in un rafforzamento di Palazzo Sansedoni (per tutelare la sopravvivenza dell’ente e conservare quel poco che resta della proprietà della banca) o infliggere il colpo di grazia solo per vedere nuovamente il rivolo dei denari tornare a scorrere. alimentando i consolidati e rioleati ingranaggi del Sistema Siena?
Si è scelta la strada della comunicazione urlata, dei proclami. Come quello riguardante la presunta distribuzione di utili al territorio. La Fondazione Mps non è fuori dal tunnel. Ha migliorato la situazione disastrosa in cui si trovava ma non ha risolto i problemi. La vendita di azioni e fresh non ha prodotto utili ma ha mutato la consistenza del patrimonio. Quali erogazioni potranno mai essere possibili con la nube “Sansedoni” che incombe sui numeri dell’ente? Quali erogazioni potranno mai essere possibili con lo spauracchio di un nuovo aumento di capitale della banca (2 miliardi, pare)? E’ più opportuno, per un amministratore pubblico oculato, sperare in un rafforzamento di Palazzo Sansedoni (per tutelare la sopravvivenza dell’ente e conservare quel poco che resta della proprietà della banca) o infliggere il colpo di grazia solo per vedere nuovamente il rivolo dei denari tornare a scorrere. alimentando i consolidati e rioleati ingranaggi del Sistema Siena?
E sempre dalla Fondazione Mps nasce la soap opera delle “dimissioni volontarie” di due dei quattro rappresentanti dell’ente nel cda della banca Mps, per far posto a due rappresentanti dei pattisti, come da loro richiesto. Marco Turchi, Paola Demartini, Angelo Dringoli e Marina Rubini. Dringoli e Rubini pare abbiano già declinato l’offerta di cedere il passo. La professoressa Demartini è ancora in ferie. Marco Turchi, vicepresidente, plurimultato da Banca d’Italia per l’operato in Mps e in banca Popolare di Spoleto, pare non essersi espresso. La sua vicinanza all’area dalemiana del Pd non è cosa sconosciuta. Come non è cosa poco nota la sua vicinanza al presidente Profumo. E, del resto, questi due aspetti della faccenda sono assai contigui…
Con questi ingredienti non esiste ricetta che possa aiutare il presidente Clarich ad uscire dall’impasse in cui si trova. Chi gli ha parlato in questi giorni, non gli ha negato il beneficio della “speranza”. Diversamente dalle parole “ufficiali” che facevano “disperare”, il neopresidente, nelle conversazioni private avute con i suoi stretti collaboratori, si è dichiarato pronto a continuare sui passi compiuti dalla Mansi. Ai fatti (ovvero al momento della valutazione) si aspetta la stesura delle linee di indirizzo che verranno presto presentate dalla Dg e, di conseguenza, l’azione che Clarich metterà in campo. Per pentirsi di aver accettato l’incarico avrà sempre tempo…
Mancano pochi mesi alle nomine dei nuovi vertici della banca Mps. Se i pattisti daranno prova di pazienza potrebbe non arrivare nessuno scossone alla Fondazione Mps. In caso contrario ci sarebbe una brutta gatta da pelare. Trovare nuovi soci – magari mansueti per quel che riguarda la possibile riconferma del management della banca – potrebbe non essere facile. Forse neppure difficile. Dell’opportunità parleremo un’altra volta.
Ma ci sono altri appuntamenti – politici e non – di interesse.
L’elezione del presidente della Provincia, per esempio. Al patto del Bravìo (così ha definito l’accordo Rossi-Valentini-Bussagli il direttore di Toscana TV Daniele Magrini nel suo ultimo intervento sul suo blog, in cui i tre sindaci avrebbero designato al ruolo di futuro presidente della Provincia proprio Andrea Rossi, Primo Cittadino di Montepulciano) si sarebbe contrapposto il renziano Doc Stefano Scaramelli, sindaco di Chiusi, il quale prima si sarebbe posto in difesa della candidatura del renzianissimo Emiliano Spanu (sindaco di Rapolano) e poi avrebbe addirittura dato la sua disponibilità a ricoprire tale ruolo.
Strano come i renziani, avvicinandosi a Siena, perdano di vista la loro coerenza oltre che la mission riformatrice di cui si sarebbero autonomamente investiti! Pare proprio che anche il vice sindaco Mancuso abbia perso un tantino del suo entusiasmo rinnovatore, se è vero che il suo operato, ultimamente, si accosta con troppa solerzia a quello del sindaco. La prova dei nuovi equilibri è data dal fatto che quel famoso rimpasto di Giunta, ripetuto come una minaccia negli ultimi mesi e che vedeva proprio il numero due di Palazzo Pubblico in bilico (politicamente parlando), è ormai del tutto archiviato. La sua “vita politica” è salva. E una ragione dovrà pur esserci.
L’altro appuntamento non di poco conto, riguarda l’esito della candidatura a capitale europea della cultura 2019. La voglia di farcela, nei senesi, cresce ogni giorno che passa e fino al fatidico 17 ottobre. Una speranza alimentata dal desiderio di vedere qualcosa di buono nascere tra le mura di questa città. Dopo tante ragioni per provare imbarazzo, finalmente un motivo per sentire l’orgoglio di vincere una scommessa che è tutt’altro che scontata. Anche perché – vista da fuori – Siena è “la città dello scandalo del Monte dei Paschi”. Un’eventuale vittoria restituirà l’illibatezza? E in caso di sconfitta, cosa resterà delle opere e dei pensieri del professor Sacco?
Ma non vogliamo dare prova di pessimismo. Pare che proprio questo sentimento, unito allo spirito libero della critica (entrambi più che fondati, data la situazione) siano i peggiori nemici della Siena di oggi. E non la subdola (ma anche no) rifondazione del vecchio, dannoso sistema, che tanto male ha causato. E non i venti restauratori che soffiano con insistenza, volando sui soliti nomi. E non i buchi di bilancio che aleggiano sulle nostre teste e di cui ancora non sappiamo (ma sapremo). La critica e la ricerca della verità paiono essere additati come i veri nemici della faticosa riconquista della serenità senese.
Ovvia… un bel sorriso stampato in faccia, gli occhi rivolti al cielo e le mani giunte… augurandoci che la preghiera e la speranza siano ancora ammesse!