Entro l'estate il ministero potrebbe diventare il primo azionista di MPS
di Red
SIENA. Ci era stato raccontato che con il rimborso dell’ultima tranche avvenuto nel giugno dello scorso anno le disavventure del Monte dei Paschi con i Monti bond, quel prestito a tasso usuraio (9,5%) fatto dallo Stato con nuovi strumenti finanziari che non sarebbero stati classificati come aiuti di Stato da una bonaria Commissione Europea nè dalla BCE di Mario Draghi, proprio quelle disavventure erano finite. Vatti a fidare: ieri l’ad Fabrizio Viola, a margine dell’esecutivo dell’ABI, ha confermato l’ipotesi di pagare in azioni gli interessi dell’ultima tranche dei Monti bond: «Lo stiamo verificando dal punto di vista tecnico», riporta Il Sole 24 Ore di oggi. Il ministero dell’Economia potrebbe così accrescere la sua partecipazione nella banca attorno al 7% dall’attuale 4% per il possibile pagamento in azioni degli interessi residui sui Monti Bond, diventando quindi il primo azionista della banca toscana. Il regolamento dei Monti Bond, infatti, prevedeva che il pagamento avvenisse tramite cassa solo in caso di presenza di un utile distribuibile. La banca senese ha però registrato nel 2015 una perdita di 110 milioni di euro, anche se le rettifiche di bilancio imposte dalla Consob per tenere conto della riclassificazione di Alexandria come un derivato avrebbero girato il segno da meno a +390 milioni di utile. Far crescere con un aumento di capitale dedicato la quota dello Stato nella banca è certo più conveniente che svenarsi…
Solo che quello Stato diventerà il primo socio di Rocca Salimbeni. Di fatto un passo decisivo verso la nazionalizzazione dopo aver fatto pagare i conti lasciati in disordine da Mussari e Vigni a chi, sul mercato, si sia trovato in questi ultimi otto anni (inizio incorporazione Antonveneta) a passare vicino alle azioni dell’istituto senese. Operazioni volute dai fautori del libero mercato, troppo bravi se dietro c’è il Ministero dell’Economia a turare le falle. Da lunedi scorso si dice che a Palazzo Chigi MPS sia oggetto di interesse da qualche settimana: lo stesso Matteo Renzi avrebbe avviato un dossier per Claudio Costamagna e Carlo Messina, rispettivamente i due numeri uno di Cassa Depositi e Prestiti (CDP) e Intesa SanPaolo. E nonostante qualcuno smentisca l’ipotesi come inattuabile, la soluzione metterebbe di mezzo ancora una volta il deus ex-machina delle Fondazioni, l’ottantaduenne Giuseppe Guzzetti, che a dispetto dell’età sarà banchiere fin dentro la tomba. Uno che ha sempre glissato sull’intervento statale in Rocca Salimbeni e che viaggiava a braccetto con Gabriello Mancini ai tempi d’oro. La modernizzazione dell’Italia di Matteo Renzi è un tweet mediatico che non esiste.