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Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto
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Stoppare Bastianini per non arrivare a Draghi?

di Red

SIENA. Il 7 febbraio il Consiglio di Amministrazione di Banca MPS ha revocato le deleghe all’amministratore delegato Guido Bastianini, che sta valutando l’azione legale all’istituto, come scrive il Corriere della Sera “per difendere la sua immagine e reputazione, lesa in caso di revoca senza giusta causa”.

 
Dove nasce la evidentissima fretta di liberarsi di un amministratore evidentemente scomodo ma capace di riportare la banca ad un utile significativo solo poco tempo prima? Le obnubilescenti parole utilizzate dal direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera per spiegare, già una decina di giorni fa, la volontà di avvicendare Bastianini con un amministratore più alla maniera di un Alessandro Profumo sanno di disinformazione allo stato gassoso.
 
Nella ricostruzione della tempistica però esse arrivano subito dopo che è stata diffusa la notizia di una azione legale avviata contro il Consiglio di amministrazione del 2007, i vari Giuseppe Mussari, Francesco Gaetano Caltagirone, Ernesto Rabizzi, Fabio Borghi, Turiddo Campaini, Lucia Coccheri, Carlo Pisaneschi, Pier Luigi Stefanini. Azione peraltro dimenticata nel racconto del Corriere, che si sofferma solo sulla presunta inadeguatezza di Bastianini nel ruolo di AD, che verrà probabilmente vagliata dai giudici, ma pazienza se evita ai suoi lettori di ipotizzare un collegamento. 
 
Agli esimi amministratori, che per inciso votarono compatti per l’acquisto di Banca Antonveneta dal Banco Santander, sarebbero stati contestati “atti di mala gestio che hanno causato alla banca un ingente danno economico”, tra cui la mancata due diligence e valutazione degli impatti finanziari, l’esame sommario dei documenti a disposizione, l’assenza di garanzie per l’acquirente nel contratto preliminare e di azioni cautelative a fronte delle criticità emerse tra contratto preliminare e acquisto definitivo (maggio 2008), la mancanza di procedure adeguate per valutare acquisizioni di grandi dimensioni, come riferisce La Stampa che afferma di aver letto una lettera di contestazione loro mossa.
 
La missiva fa riferimento a una comunicazione del 24 dicembre 2021 con cui ai consiglieri e ai membri del collegio sindacale in carica tra 2006 e 2009 (Tommaso Di Tanno, Piero Fabbretti e Leonardo Pizzichi) si rivolgeva l’invito a una soluzione stragiudiziale del contenzioso avviato nel 2016 al termine dell’approfondimento sulle conseguenze dell’acquisizione di Antonveneta. Tra le altre cose va a stoppare anche una richiesta di risarcimento a Mps di circa 500 milioni di euro per il danno subito a causa della perdita di valore del suo investimento nella banca fatta da Francesco Gaetano Caltagirone. 
 
Una storia curiosa quella di Caltagirone, che nel 2012 era sospeso dal far parte del CdA per avere in capo una condanna a tre anni e sei mesi di reclusione nell’ambito del processo per la tentata scalata dell’Unipol alla Bnl e stava contemporaneamente cercando di entrare in Unicredit, partecipando al maxi aumento di capitale da 7,5 miliardi che si chiuse il venerdì 27 gennaio di quell’anno. Il 24 aprile 2013 aveva dichiarato a Costanza Iotti de Il Fatto Quotidiano di essere uscito da Rocca Salimbeni vendendo gran parte delle azioni in suo possesso per una scelta “dettata da opportunità di mercato, che con presunte perdite (nate fra l’altro dalle decisioni da lui stesso prese come vicepresidente del MPS) nulla hanno a che vedere.
 
Ma tornando alle contestazioni che Bastianini ha fatto al vecchio CdA 2007 (e che in tempi non sospetti, cioè nel 2012 all’atto della sua investitura avevamo chiesto di fare da questo quotidiano on line ad Alessandro Profumo, che fece orecchie da mercante e comportamente da uomo per tutte le stagioni e non nel senso dell’etica di Tommaso Moro), sembra che la richiesta di risarcimento danni in solido per tutti gli ex-amministratori sia di complessivi 1,3 miliardi di euro. Ma ci sono altri prevedibili e presunti responsabili di tutto ciò per cui valga la pena di affossare Bastianini a scapito dei buoni risultati di gestione e che la mossa di esautoramento debba proprio venire dal governo Draghi?
 
E qui casca l’asino. Pericoloso il passaggio alla conseguenza logica che dovrebbe condurre a chiederci se chi dovesse controllare questi ipotetici reati di “mala gestio” non possa essere chiamato in correità. Già, perché in Italia, come tutti sanno, l’attività delle banche viene controllata dalla Banca d’Italia. E nel 2017-18 (l’operazione Antonveneta nasce nell’ottobre 2017 e si conclude il 31 maggio 2018 con l’invio dei famigerati assegni da quasi 18 miliardi di euro) il governatore della Banca d’Italia era nientepopodimenochè… Mario Draghi.
 
Dal suo scranno romano avrebbe dovuto contestare la mancanza – tanto per cominciare – di due diligence: lo scrissero tutti i giornali dell’epoca, lo affermò più volte lo stesso Mussari spiegando che la celerità dell’impresa era superiore alle pastoie burocratiche dei controlli. Draghi avrebbe dovuto contestare la mancanza di capitale sufficiente alla stessa banca. O meglio, nel marzo 2008 lo mise per iscritto a Mussari e rimase lettera morta. E non vogliamo tediare i lettori spiegando i meccanismi tecnici che avrebbero dovuto non sconsigliare ma proibire a MPS di procedere all’acquisto di Antonveneta.
 
Sappiamo tutti come poi è andata a finire: il Santander è l’unica delle tre banche a essersi salvata dall’assalto ad ABN AMRO (la banca olandese che aveva in pancia Antonveneta), mentre le altre due, Fortis e Royal Bank of Scotland, sono di fatto fallite e nazionalizzate e MPS ha preso il posto di Santander. Il cui salvataggio ha probabilmente evitato una crisi economica alla Spagna, per la rilevanza che quella banca aveva e ha nel sistema finanziario del paese. Una banca fortissimamente legata ad ambienti della destra ultrareligiosa spagnola, anche se in quegli anni il portavoce in Italia dell’Opus Dei si affannava a dichiarare al Corriere della Sera come il presidente di Santander Emilio Botin non fosse un numerario dell’organizzazione (ma la cognata sì). 
 
Giuseppe Mussari fu prima promosso alla presidenza dell’ABI nel 2010, rinnovato per altri due nel 2012 e già proposto come probabile nuovo presidente dello Ior (la banca del Vaticano, a quel tempo molto legata all’Opus Dei), alla fine della sua presidenza MPS ma poi nel 2013 travolto dallo scandalo della cattiva gestione del Monte. Mario Draghi, studente del liceo classico Massimo di Roma dai gesuiti e ice Chairman and Managing Director of Goldman Sachs International fino alla nomina alla Banca d’Italia, diventerà presidente della Bce il 24 giugno del 2011 con il beneplacito della signora Merkel e di Juncker (mentre MPS faceva derivati a gogò con Deutsche Bank e allargava ancora di più la voragine che ha parzialmente inghiottito anche il colosso tedesco) e con il voto unanime dei 27 ministri dell’Ecofin. 
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