"Serve una nuova politica industriale e un contestuale aumento salariale in linea con l’attuale costo della vita"
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SIENA. “Rivalutare i settori tradizionali contro la globalizzazione e varare nuovi lavori pubblici per rilanciare l’indotto commercio-infrastrutture-
La disoccupazione in Toscana si attesta ancora intorno al 7%, troppo nonostante si sia registrato un asserito calo del tasso rispetto al 2019. C’è ancora tanto da fare per ridurre il tasso a livelli accettabili. Ad essere colpiti dalla disoccupazione sono ancora una volta i giovani che, anche se laureati, spesso rimangono per molti anni in una fase di stallo non riuscendo a trovare una collocazione professionale adeguata o corrispondente agli studi effettuati. Il problema, come ho detto sopra, è in primo luogo culturale: la sinistra infatti da sempre ha denigrato il lavoro artigiano, agricolo e manuale a favore della creazione di un “esercito” di laureati da impiegare in un settore terziario ormai saturo da anni e che appunto è costretto ad emigrare all’estero o è destinato a rimanere disoccupato in Patria.
Sotto questo profilo voglio ridare nobiltà e impulso alle professioni, alle arti tradizionali e ai settori produttivi quali l’artigianato, l’agricoltura, l’allevamento, il piccolo e medio commercio, l’impresa a conduzione familiare, quest’ultimo altro grande tassello del tessuto produttivo tradizionale italiano e toscano. Ricordo, sotto questo aspetto, cosa hanno significato per esempio le aziende come la Sapori a Siena o la RCR a Colle Val d’Elsa o i mobilifici del poggibonsese. Realtà produttive nate dal “genio” e dalla passione di grandi imprenditori delle nostre terre. Per realizzare questo obiettivo di rilancio del tessuto produttivo toscano e quindi di creazione di nuovi posti di lavoro bisognerà prima dichiarare guerra contro la concorrenza al ribasso, soprattutto cinese, contro le delocalizzazioni e si dovranno imporre dazi all’entrata dei prodotti extra-comunitari per tutelare il circuito economico interno. Il tessuto produttivo tradizionale toscano merita di continuare ad esistere ma deve essere in grado di sostenere la concorrenza e di operare in un contesto economico attuale che ormai è globale senza però perdere la propria anima e il proprio patrimonio di tradizioni. Per quanto riguarda il commercio in particolare si deve superare la logica del mega-centro commerciale accentratore e divoratore dei piccoli-medi esercenti per tornare ad una logica “umana” di piccolo e medio commercio ubicato preferibilmente nel centro storico delle nostre città. Sia chiaro, non vogliamo far invadere i centri storici da auto e folle di consumatori: a tal fine si dovrà intraprendere una politica di lavori pubblici volta a realizzare parcheggi scambiatori e nuovi collegamenti con i mezzi pubblici. Anche questo si tradurrà in aumento di posti di lavoro e di sempre nuove opportunità. E’ una sfida che possiamo, anzi che dobbiamo, vincere.
Serve una nuova politica industriale e un contestuale aumento salariale in linea con l’attuale costo della vita, in modo tale da presentare la piccola e media impesa come una “grande famiglia”, dove poter crescere professionalmente e lavorare bene insieme: su questo aspetto purtroppo ancora oggi ci portiamo dietro un grave vizio mentale. Infatti dal dopoguerra ad oggi la sinistra e i sindacati assieme al capitalismo liberale, hanno continuato a proporre una logica dei rapporti industriali basata sulla lotta di classe mettendo imprenditori e operai gli uni contro gli altri con danno per l’intera economia nazionale. Noi siamo per un modello di compartecipazione e di corresponsabilità al fine di aumentare il senso di appartenenza di tutte le categorie inserite nel sistema economico-produttivo. Sia chiaro, la proprietà privata e l’iniziativa economica restano sacrosante ma l’azienda deve essere concepita come cellula produttiva nell’interesse dell’economia nazionale e non strumento di solo arricchimento individuale o luogo di “scontro” politico.
Nicola Sisi
Candidato Toscana Civica