Università, Comune e Provincia "lasciano". Partiranno le speculazioni edilizie?
“Fra le varie questioni relative al centro storico che la nuova amministrazione comunale si troverà a governare nei prossimi anni, c’è quella del riuso di alcuni grandi edifici che l’Università degli Studi, l’Università per Stranieri e lo stesso Comune stanno cessando di utilizzare, vuoi per le note e dolorose vicende finanziarie, vuoi per il trasferimento in altre sedi.
Il Comune non dovrà solo fissare dei paletti per impedire speculazioni edilizie e la trasformazione incontrollata di una importante parte del tessuto storico cittadino, ma anche governare un processo molto delicato ed importante.
L’Università degli Studi ha già annunciato la rinuncia all’uso di una porzione dell’Istituto Tommaso Pendola, della sede delle segreterie in via Sallustio Bandini, del complesso di via Fieravecchia che accoglie anche la biblioteca della Facoltà di Lettere e di locali in Pian dei Mantellini; l’Università per Stranieri ha già lasciato la sede di via Pantaneto ed i locali in San Giorgio, nonché i locali in Piazzetta Grassi. Il comune ha previsto la trasformazione d’uso della scuola Monna Agnese. Questi sono solo i casi più eclatanti.
Vi sarà una inevitabile tendenza alla trasformazione in appartamenti, ma è possibile immaginare una tipologia di alloggi che sia accessibile alle famiglie ed a costi ragionevoli? Si può ritenere che il Comune possa continuare in prima persona, come a fatto nel San Marco o in Vallepiatta, a realizzare alloggi da gestire di concerto con le contrade. Oppure, quando questi grandi complessi saranno sul mercato, potrebbe essere chiesto di intervenire alla Sansedoni Spa, che certamente tutelerebbe meglio anche il suo interesse intervenendo su patrimonio edilizio storico della città (case antiche non se ne fanno più) piuttosto che avventurandosi in improbabili operazioni speculative su villaggi turistici di dubbia legittimità o lottizzazioni periferiche di difficile collocazione sul mercato.
Con questa accorta regia pubblica sarà anche possibile che vengano adottati rigorosi piani di recupero volti ad impedire lo snaturamento di questi edifici che in genere hanno al loro interno spazi difficilmente riconvertibili, come grandi aule, chiese affrescate, refettori ecc. La questione già si è posta con il recupero del Monna Agnese, dove fra l’altro si è dovuto discutere della “sala dei telai”, ripartita da splendide colonnine di ghisa che bisognerebbe conservare come testimonianza storica. Questi grandi ambienti caratterizzati anche dal punto di vista artistico, dovrebbero essere conservati per destinarli ad ospitare attività culturali di cui la nostra città (strano a dirsi) è carente: gallerie artistiche, sale per conferenze, per concerti o per attività teatrali, scuole di musica eccetera.
Si potrebbe così venire incontro a domande diverse: non lasciare vuoti ed inutilizzati edifici nei quali potrebbero tornare ad abitare i senesi e conservare ambienti artistici da mettere a disposizione della città. Le moderne tecniche di insonorizzazione possono garantire la convivenza tra funzioni diverse, senza reciproco disturbo.
Si tratterebbe in sostanza di affrontare un’altra evoluzione epocale del centro storico di Siena, come quella vissuta negli anni successivi all’Unità d’Italia, quando si trasformò da “città dei conventi” a “città dei pubblici stabilimenti”, perché i grandi complessi nati per accogliere suore o frati diventarono scuole, caserme, ospedali ecc., adattandosi cioè alla trasformazione sociale e politica della città”.