Qualche proposta per un vero rinnovamento
SIENA. Tutto lascia presagire che nella galassia Monte dei Paschi sia in atto una grande operazione di stile gattopardesco. Nel segno della discontinuità ceccuzziana si cambia il direttore generale (con lauta buonuscita: a nessuno viene in mente che se uno è stato responsabile di disastri deve pagare, e non essere premiato?) e si inventa una nuova figura di amministratore delegato sperando che possa diventare una specie di salvatore della patria.
Se questa era la mossa più importante da fare, la montagna ha partorito il topolino. E nel metodo siamo ancora lontani mille miglia dalla correttezza istituzionale. Dov’è l’autonomia della Banca, se Ceccuzzi e Bezzini si affrettano a dare il loro plauso – facendo intendere che sono stati i registi dell’operazione – quando questa è una nomina in cui le istituzioni locali e la politica non ci dovrebbero entrare né poco né punto? La proprietà ha il diritto/dovere di fare sentire i suoi desiderata, ma è compito della Fondazione e del Consiglio d’Amministrazione della banca fare il suo mestiere, non abdicare come hanno sempre fatto di fronte alle scelte avventurose che questi stessi personaggi hanno certamente caldeggiato. Chi è il vero responsabile politico della situazione non può ora indossare i panni candidi del nuovo arrivato che vuol far credere di apprestarsi a fare pulizia. In tutto questo frastuono purtroppo non una parola è stata detta sulle politiche che il Monte dovrà attuare, non una parola sulle sorti della Fondazione non una parola sulla prossima assemblea della banca. Passati i fuochi d’artificio di fine anno siamo punto e a capo con i problemi non risolti.
Indichiamo qui qualche questione che invece pensiamo si ponga in via prioritaria.
Si deve dire definitivamente addio ai palazzinari romani nel CDA della Banca. Caltagirone è stato condannato a 3 anni e mezzo di reclusione per l’affare Unipol/Consorte. Il Codice civile impone che in questa situazione si cessi ogni incarico in società di capitali. Tra l’altro Caltagirone in questi giorni ha venduto lo 0,9% delle azioni in suo possesso e non è più il maggiore azionista di minoranza. Alla prossima assemblea non ci si può presentare dicendo che la sospensione era solo un atto dovuto, e che ora si può procedere a rinnovargli la fiducia come niente fosse. Va sostituito. Punto e basta. Il Monte è un’azienda come tutte le altre e qualora il reintegro venisse posto in votazione, tutti gli amministratori ed i Sindaci revisori si renderebbero complici di una grave violazione normativa.
E’ giunto il momento di dare un indirizzo operativo alla gestione della banca, perché torni a fare affidamento sulle importanti energie interne che negli ultimi anni sono state allontanate ed umiliate. Basta con le costose ed inutili consulenze esterne. Basta con l’allattamento al proprio seno di serpenti che alla prima occasione iniettano il loro veleno, si arricchiscono e offrono al mercato pezzi sempre più pregiati del nostro patrimonio comune. La senesità si difende anche così, fidandosi delle professionalità nate e cresciute all’interno del MPS che fino a pochi anni fa erano il fior fiore delle competenze del sistema bancario italiano, e rompendo il gioco perverso delle esternalizzazioni che indeboliscono giorno per giorno il cuore pulsante della banca. Se c’è da alleggerire i costi si cominci dallo sfoltimento dei quadri dirigenti “inutili” che sono arrivati nella struttura della Banca con le operazioni Banca 121 e Antonveneta, apportando spesso solo impreparazione, spregiudicatezza e scarso rigore professionale.
Occorre dare priorità alla ricostituzione del capitale della Fondazione ed estinguerne i debiti e per tornare a sperare di poter ricominciare a distribuire gli utili. Bisogna che la Banca metta in atto con urgenza un piano straordinario di dimagrimento controllato che le consenta di liberarsi di fardelli inutili e che le consenta di acquisire mezzi da poter mettere a disposizione della Fondazione per tornare in equilibrio economico e finanziario. La priorità non può che essere quella di sacrificare qualcosa della banca per ridare risorse all’istituzione cittadina che si è dissanguata per assecondare le manie di grandezza megalomani di chi ha amministrato solo pensando alla propria carriera. Meglio una banca più piccola, ma ancora sotto il controllo della città, che una Fondazione distrutta ed una città che perde ogni controllo sul suo principale “bene comune”. Mancini deve dire di no alla proposta di offrire un esilio dorato ad Antonio Vigni – fra poco in Fondazione non ci saranno più i soldi nemmeno per pagare gli stipendi – ma deve anche cominciare a studiare azioni di responsabilità verso chi ha portato la banca nelle condizioni attuali: altro che offrire ponti d’oro!
Ci si deve preparare all’assemblea della Banca di aprile, con la quale si dovrà rinnovare il CDA, costruendo un percorso davvero innovativo. Non venga in mente a nessuno di proporre la minestra riscaldata dei soliti nomi che girano nell’ammuffito Gotha politico cittadino. Non venga in mente a nessuno di tornare a piazzare in CDA e nelle collegate i fedeli, i sodali e i famigli, a prescindere dalla preparazione e dalla competenza professionale. Va girata la pagina, e prima di tutto la Fondazione – che porta tutta intera la responsabilità di aver sempre obbedito alle indicazioni della politica cittadina – deve trovare la dignità di sottrarsi almeno ora ai diktat del sistema di potere che, con l’abile regia di “gran maestri” locali e non, ha prodotto quel degenere consociativismo PD-PDL che ad oggi dalla banca infetta in modo purulento ogni tentativo di riscossa, onesto, della comunità locale.
Ci piacerebbe che di questo si discutesse e non – dopo vergognosi e lunghi silenzi – ancora e soltanto dei cicalecci di cortile su questa o quella carriera.
Il Consiglio Direttivo del Circolo Città Domani – Lista Sinistra per Siena
Se questa era la mossa più importante da fare, la montagna ha partorito il topolino. E nel metodo siamo ancora lontani mille miglia dalla correttezza istituzionale. Dov’è l’autonomia della Banca, se Ceccuzzi e Bezzini si affrettano a dare il loro plauso – facendo intendere che sono stati i registi dell’operazione – quando questa è una nomina in cui le istituzioni locali e la politica non ci dovrebbero entrare né poco né punto? La proprietà ha il diritto/dovere di fare sentire i suoi desiderata, ma è compito della Fondazione e del Consiglio d’Amministrazione della banca fare il suo mestiere, non abdicare come hanno sempre fatto di fronte alle scelte avventurose che questi stessi personaggi hanno certamente caldeggiato. Chi è il vero responsabile politico della situazione non può ora indossare i panni candidi del nuovo arrivato che vuol far credere di apprestarsi a fare pulizia. In tutto questo frastuono purtroppo non una parola è stata detta sulle politiche che il Monte dovrà attuare, non una parola sulle sorti della Fondazione non una parola sulla prossima assemblea della banca. Passati i fuochi d’artificio di fine anno siamo punto e a capo con i problemi non risolti.
Indichiamo qui qualche questione che invece pensiamo si ponga in via prioritaria.
Si deve dire definitivamente addio ai palazzinari romani nel CDA della Banca. Caltagirone è stato condannato a 3 anni e mezzo di reclusione per l’affare Unipol/Consorte. Il Codice civile impone che in questa situazione si cessi ogni incarico in società di capitali. Tra l’altro Caltagirone in questi giorni ha venduto lo 0,9% delle azioni in suo possesso e non è più il maggiore azionista di minoranza. Alla prossima assemblea non ci si può presentare dicendo che la sospensione era solo un atto dovuto, e che ora si può procedere a rinnovargli la fiducia come niente fosse. Va sostituito. Punto e basta. Il Monte è un’azienda come tutte le altre e qualora il reintegro venisse posto in votazione, tutti gli amministratori ed i Sindaci revisori si renderebbero complici di una grave violazione normativa.
E’ giunto il momento di dare un indirizzo operativo alla gestione della banca, perché torni a fare affidamento sulle importanti energie interne che negli ultimi anni sono state allontanate ed umiliate. Basta con le costose ed inutili consulenze esterne. Basta con l’allattamento al proprio seno di serpenti che alla prima occasione iniettano il loro veleno, si arricchiscono e offrono al mercato pezzi sempre più pregiati del nostro patrimonio comune. La senesità si difende anche così, fidandosi delle professionalità nate e cresciute all’interno del MPS che fino a pochi anni fa erano il fior fiore delle competenze del sistema bancario italiano, e rompendo il gioco perverso delle esternalizzazioni che indeboliscono giorno per giorno il cuore pulsante della banca. Se c’è da alleggerire i costi si cominci dallo sfoltimento dei quadri dirigenti “inutili” che sono arrivati nella struttura della Banca con le operazioni Banca 121 e Antonveneta, apportando spesso solo impreparazione, spregiudicatezza e scarso rigore professionale.
Occorre dare priorità alla ricostituzione del capitale della Fondazione ed estinguerne i debiti e per tornare a sperare di poter ricominciare a distribuire gli utili. Bisogna che la Banca metta in atto con urgenza un piano straordinario di dimagrimento controllato che le consenta di liberarsi di fardelli inutili e che le consenta di acquisire mezzi da poter mettere a disposizione della Fondazione per tornare in equilibrio economico e finanziario. La priorità non può che essere quella di sacrificare qualcosa della banca per ridare risorse all’istituzione cittadina che si è dissanguata per assecondare le manie di grandezza megalomani di chi ha amministrato solo pensando alla propria carriera. Meglio una banca più piccola, ma ancora sotto il controllo della città, che una Fondazione distrutta ed una città che perde ogni controllo sul suo principale “bene comune”. Mancini deve dire di no alla proposta di offrire un esilio dorato ad Antonio Vigni – fra poco in Fondazione non ci saranno più i soldi nemmeno per pagare gli stipendi – ma deve anche cominciare a studiare azioni di responsabilità verso chi ha portato la banca nelle condizioni attuali: altro che offrire ponti d’oro!
Ci si deve preparare all’assemblea della Banca di aprile, con la quale si dovrà rinnovare il CDA, costruendo un percorso davvero innovativo. Non venga in mente a nessuno di proporre la minestra riscaldata dei soliti nomi che girano nell’ammuffito Gotha politico cittadino. Non venga in mente a nessuno di tornare a piazzare in CDA e nelle collegate i fedeli, i sodali e i famigli, a prescindere dalla preparazione e dalla competenza professionale. Va girata la pagina, e prima di tutto la Fondazione – che porta tutta intera la responsabilità di aver sempre obbedito alle indicazioni della politica cittadina – deve trovare la dignità di sottrarsi almeno ora ai diktat del sistema di potere che, con l’abile regia di “gran maestri” locali e non, ha prodotto quel degenere consociativismo PD-PDL che ad oggi dalla banca infetta in modo purulento ogni tentativo di riscossa, onesto, della comunità locale.
Ci piacerebbe che di questo si discutesse e non – dopo vergognosi e lunghi silenzi – ancora e soltanto dei cicalecci di cortile su questa o quella carriera.
Il Consiglio Direttivo del Circolo Città Domani – Lista Sinistra per Siena