I Coordinamenti aziendali si incontreranno con le segreterie nazionali per valutare la legittimità delle azioni messe in campo di vertici bancari
SIENA. Continuiamo oggi la nostra analisi relativa ai temi del negoziato sul Piano Industriale – che, come è oramai noto, si è concluso senza la sottoscrizione di un Accordo – prendendo a riferimento il capitolo del Contratto Integrativo, anche allo scopo di collocare nella giusta dimensione le continue “esternazioni” che, in maniera spesso inappropriata, vengono a più riprese rilasciate dalla controparte sulle materie riguardanti la “trattativa” e sul modo di vedere ed interpretare le relazioni industriali nel Gruppo Monte dei Paschi.
Proprio per questo, con attinenza alla disdetta del CIA ed alle possibili implicazioni che tale atto unilaterale potrebbe produrre sulle condizioni economiche e professionali dei Dipendenti, sarebbe innanzitutto necessario comprendere le effettive volontà dell’Azienda la quale, fino a questo momento, ha sempre professato la propria “disponibilità al confronto” parlando di “aperture” che, tuttavia, non hanno mai trovato alcun riscontro pratico e non si sono mai tradotte in concrete proposte operative.
Infatti, la revoca unilaterale del CIA – inizialmente presentata come possibile opzione all’interno della manovra sul costo del lavoro codificata nel Piano Industriale, anche se preceduta da una specifica delibera del Consiglio di Amministrazione – è stata in realtà immediatamente inserita nei temi oggetto della procedura di confronto sindacale sul Piano Industriale stesso.
Da quanto sopra evidenziato si capisce come il metodo utilizzato dalla delegazione datoriale, ed in particolare dalla Responsabile delle Risorse Umane, abbia fin dall’inizio perseguito l’obiettivo della minimizzazione rispetto ai reali effetti derivanti dalla soppressione del Contratto Integrativo; minimizzazione amplificata dalla mancanza di precise indicazioni sulla evoluzione del patrimonio normativo interno, e dalla disapplicazione delle specifiche previsioni contemplate in tal senso dal CCNL di settore.
Con riferimento a quest’ultimo aspetto, le scriventi OO.SS. hanno più volte contestato alla controparte la mancata osservanza della metodologia prevista dalle norme nazionali sulla contrattazione di secondo livello, ridotta invece a filone negoziale indistinto tra i diversi capitoli del Piano Industriale che riguardano il tema delle spese per il Personale; elemento, questo, aggravato dalle dichiarazioni aziendali relative alla volontà di sostituire il CIA, dal prossimo 1° novembre, con un “Regolamento” di tipo discrezionale e dai contenuti non meglio definiti.
Se tutto ciò non si concilia con la volontà a trattare, espressa dal Presidente e dall’Amministratore Delegato anche in occasione dell’ultima Assemblea degli Azionisti, è opportuno precisare che il Sindacato è sempre stato disponibile – ancora di più negli ultimi mesi – a ragionare di adeguamento dei contenuti della contrattazione di secondo livello rispetto alle necessità di contesto e di settore. Come sappiamo, le numerose ristrutturazioni ed integrazioni societarie a cui la Banca ed il Gruppo sono stati sottoposti a partire dal 2008, hanno reso prioritaria la negoziazione e la disciplina condivisa delle ricadute delle fusioni sui Colleghi coinvolti, allontanando nel tempo la discussione sul rinnovo del CIA che, tuttavia, oggi potrebbe essere concretizzata sulla base di effettive disponibilità.
Disponibilità, che non possono certo essere quelle rappresentate dalla emanazione di un “Regolamento” arbitrario o da una impostazione metodologica nel confronto bilaterale ridotta a mera formalità – come quella sino ad oggi proposta dalla controparte – in ordine alle quali le scriventi OO.SS. stanno verificando la legittimità insieme alle Segreterie Nazionali, anche sulla base di pareri prodotti da studi legali specializzati in materie giuslavoristiche.
E’ del tutto evidente, infatti, come la tematica della disdetta del CIA interessi anche le Segreterie Nazionali di categoria, travalicando negli effetti i meri confini della trattativa aziendale per investire così i Lavoratori, le regolamentazioni e le prassi dell’intero settore.
La questione del rinnovo del Contratto Integrativo – che, certamente, non può essere gestita in maniera disgiunta dalla materia delle esternalizzazioni e dalla disciplina delle ristrutturazioni del Piano Industriale – è quindi direttamente legata al riconoscimento della validità ed alla conseguente applicazione del Contratto Nazionale di settore, oltre che alla sostenibilità dell’intero sistema di relazioni sindacali maturato fra le Parti negli ultimi decenni; tutti temi sui quali occorre, oramai, una presa di posizione netta e decisa delle Segreterie Nazionali nei confronti dell’ABI, affinché quest’ultima – e le Aziende ad essa afferenti – venga richiamata a comportamenti coerenti con gli impegni assunti e con gli accordi sottoscritti.
Se l’ABI – e necessariamente il Monte dei Paschi – non manifesterà la volontà di ricollocarsi all’interno dei meccanismi delle relazioni sindacali di sistema, le conseguenze che si determineranno in tutto il settore saranno quindi disastrose ed irreversibili.
Al fine di approfondire la discussione e gli effetti di questi argomenti è stato programmato, per la prossima settimana, un incontro fra i Coordinamenti Aziendali e le Segreterie Nazionali.
Riprendendo invece la nostra analisi principale in maniera più specifica, possiamo dire che, in termini pratici, la soppressione del Contratto Integrativo, oltre ad essere un atto che mortifica i Dipendenti del Gruppo e la loro professionalità, non risulta accompagnato da alcun tipo di controproposta né tantomeno dal richiamo verso il rispetto del percorso istituzionale a tal fine previsto; percorso da concretizzare mediante passaggi ben precisi – a cominciare dalla predisposizione di una Piattaforma da presentare nelle assemblee dei Lavoratori, fino ad arrivare all’apertura di una vera e propria trattativa di rinnovo – che la controparte dovrebbe invece conoscere bene.
Fino ad oggi, viceversa, l’unico obiettivo perseguito dalla controparte stessa è stato quello di destituire la validità dell’impianto contrattuale interno, con il fine di azzerare non solo le previsioni economiche e normative, ma anche e soprattutto, le prassi negoziali esistenti.
L’Azienda, infatti, vuole avere in primo luogo mano libera azzerando gli automatismi economici in maturazione e gestendo in assoluta discrezionalità i sistemi premianti ed incentivanti, andando così a sopprimere le garanzie solidaristiche e riducendo la negoziazione del salario variabile al livello minimo previsto dal Contratto Nazionale; persegue la totale deregolamentazione della mobilità territoriale – anche in deroga al CCNL – e, conseguentemente, della evoluzione dei Percorsi Professionali, formativi e di carriera; a questo ultimo proposito, l’Azienda considera prioritaria anche l’abolizione dei livelli minimi inquadramentali – migliorativi, rispetto al CCNL, per il ruolo del Titolare di Filiale, dei Sostituti, dei Coordinatori di Linea, degli Specialisti e di altre figure professionali – e delle selezioni interne per i passaggi di categoria – Stage – e completa questa visione totalmente discrezionale dell’avanzamento di carriera con l’introduzione di budget commerciali a livello di singola risorsa, in aperta contraddizione con i Protocolli ancora vigenti e con la ricerca dello “spirito di squadra” più volte conclamata.
Accanto a tutto questo, si colloca pure – come dicevamo poco sopra – l’azzeramento delle prassi negoziali fino ad oggi esistenti, i cui contenuti sono sintetizzati negli Accordi di tipo gestionale allegati al CIA; Accordi, il cui valore è rappresentato da una metodologia di confronto di tipo costruttivo, e dalla estensione del processo di trattativa verso materie che tradizionalmente ne sono escluse, come quelle relative ai progetti industriali, alla organizzazione del lavoro ed alle politiche commerciali.
Non è, quindi, solo il “costo” complessivo del CIA a preoccupare i Vertici della Banca, quanto il “pericolo” rappresentato da un patrimonio normativo che, fino a questo momento, ha costituito elemento di qualità nel settore ed esempio di evolute relazioni sindacali, poiché basato sulla solidarietà distributiva del salario variabile, sul riconoscimento del lavoro del “team” nel perseguimento degli obiettivi di budget e sulla trasparenza nelle assunzioni di Personale e nei passaggi di categoria.
Indubbiamente, i Lavoratori ed il Sindacato dovranno combattere con ogni strumento questa inaccettabile impostazione della controparte, ricercando – come già evidenziato – una collaborazione con le Segreterie Nazionali per il coordinamento di azioni a livello settoriale, atte a ripristinare il rispetto formale delle previsioni del CCNL, in modo da consentire alle scriventi OO.SS. di predisporre una ipotesi di rinnovo del CIA rispettosa delle procedure previste, all’interno di una gestione negoziale dei Progetti del Piano Industriale che presentano ricadute sui Dipendenti.
Allo stesso tempo, le scriventi OO.SS. – stante ad oggi la staticità della impostazione datoriale sul tema delle esternalizzazioni e sulla percorribilità di un Accordo Quadro complessivo, proposto invece dal Sindacato – hanno richiesto ai Livelli Istituzionali locali e regionali alcuni incontri di approfondimento sul tema delle prospettive occupazionali del Monte dei Paschi –in parte già effettuati – allo scopo di chiarire in maniera definitiva le posizioni esistenti in proposito, e valutare le successive iniziative da adottare.
Per dare concretezza alle “disponibilità” più volte dichiarate dall’Azienda non esiste che un metodo, cioè quello di ricercare un percorso negoziale di tipo condiviso che, allo stato attuale, non è stato ancora individuato.
Se non si vuole esasperare il clima di contrapposizione e di dissenso dei Dipendenti del Gruppo, è necessario che la Banca faccia un passo indietro rispetto alle scelte effettuate ed inizi a ragionare seriamente con il Sindacato.
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