Senza autocritica della politica e pressione della società civile non c'è speranza
di Red
SIENA. Ci sono ancora in giro diverse persone che legano la legnata epocale caduta sulla testa della Fondazione MPS (331,74 milioni di perdite nel 2011, perdita di valore del patrimonio nel periodo 2010-2012 di 3,5 miliardi di euro. Miliardi!) alla crisi economica e a quella della banca: un caso da manuale che verrà studiato nelle Università… Niente di più falso. Si è voluto, da parte di una dirigenza miope, andare contro lo statuto stesso dell’ente, il buonsenso e la logica patrimoniale che doveva guidare l’azione della Deputazione per ambizioni e operazioni ancora oscure. Un’accorta amministrazione avrebbe seguito la raccomandazione di diversificare gli investimenti. Diminuire la quota detenuta in MPS in tempi migliori avrebbe permesso di sottrarre miliardi ai capricci delle borse. Utilizzarli in altri investimenti industriali e finanziari avrebbe permesso di avere guadagni in grado di sostenere l’operatività della Fondazione, slegandola dalla storia della banca. E nel momento in cui il mondo ha preso la strada della crisi economica, gli amministratori hanno pensato bene di fare esattamente l’opposto: in spregio allo Statuto, hanno fatto debiti superiori a quanto consentito per mantenere la proprietà al 51% di MPS fin dall’acquisto di Antonveneta. Hanno sottoscritto ulteriori debiti per 1,1 miliardi di euro a condizioni decisamente svantaggiose, che in breve tempo si sono rivelate fatali per la stessa sopravvivenza della Fondazione. Hanno venduto, come evidenziato nel bilancio da poco reso pubblico, le poche partecipazioni rimaste – che davano guadagni – per concentrarsi su un titolo di borsa in caduta libera. Avrebbero dovuto lasciare il campo ad amministratori più accorti e con visione più aperta sulla situazione finanziaria globale. Invece, sordi ai richiami, hanno tirato dritto, forti della presunzione che il loro potere fosse di gran lunga superiore al corso degli eventi. Pensavano di avere una scialuppa di salvataggio importante nell’oceano in tempesta, invece nemmeno un kayak per attraversare un fiume.
Per mantenere il potere nel 2013 abbiamo scritto che venderanno il Palazzo del Capitano. Non sono arrivate smentite… Sarà un altro errore conservativo: vendere in tempo di crisi del mattone significa svendere, regalare. Col solo risultato di impoverire ulteriormente la Fondazione. In vista non c’è il ritorno al dividendo per la banca, come ammesso da Profumo, nonostante i tagli ai costi annunciati. Mentre qualche decina di milioni di euro verranno dalle partecipazioni, anch’esse svendute (come dimostrano gli importanti minusvalenze segnalate in bilancio), in CDP e F2i ai nuovi proprietari delle azioni che furono di Palazzo Sansedoni. Errori su errori senza che nessuno possa prendere provvedimenti: la gestione privatistica di un bene immenso che nessun altra città italiana (forse al mondo) aveva, finisce incartata su se stessa e nel silenzio della politica locale, in vario modo coinvolta nella gestione, in una spirale senza fine. In qualsiasi azienda del mondo una perdita di valore patrimoniale di circa 4 miliardi in un anno porterebbe alla defenestrazione degli amministratori, se non abbiano provveduto a dimettersi. Siena tace, sotto sotto mugugna, ma tace e nessuno pare avere capacità di azione. Qualcuno si vuole svegliare? Intanto andiamo on line con le aperture di borsa del lunedì (23 luglio, cioè oggi): MPS esordisce con un netto e pesante -5,02% a euro 0,1494 e titolo immediatamente sospeso, in tendenza con l’intero comparto bancario nazionale. Non bisognerà aspettare il 2015 perché Profumo debba inventarsi un piano B.
