Il potere nelle mani di pochi porta all'impoverimento culturale, economico e sociale della collettività
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di Mauro Aurigi
SIENA. Perché togliere il potere ai politicanti per restituirlo ai cittadini
Sono tutti, a livello nazionale non meno che a quello senese, alla ricerca di un candidato ossia di un “capo” a cui affidare il potere, tutto il potere per poi godere del privilegio di farsi da lui comandare e di servirlo (non mi stancherò mai di raccomandare la lettura dell’ultimo libro di Maurizio Viroli “La libertà dei servi”). Nessuno, tranne Beppe Grillo (un comico!), che si batta per togliere il potere ai politicanti e restituirlo ai cittadini. Nessuno che capisca che una simile operazione avrebbe effetti ben più vasti della semplice riconquista della decenza e della dignità delle quali quel comico parla. Non si tratta insomma di una semplice questione di “estetica” della politica, ma anche e soprattutto di produzione di ricchezza sociale, culturale e economica. Basterebbe un’occhiata anche empirica sia alla storia che all’attualità, per capire che c’è una regola che non ha eccezioni: quanto più una società è organizzata verticalmente, ossia quanto più il potere è concentrato in alto in poche mani, peggio se in due sole, tanto più quella comunità è arretrata sotto ogni aspetto (l’Italia dalemiana/berlusconiana e la Siena picciniana/mussariana insegnano). E viceversa, se invece il potere è distribuito nella società civile, ossia se il popolo è veramente sovrano. Questo fenomeno è sotto gli occhi di tutti, ma pare che nessuno riesca a vederlo.
Guardiamo alla storia …
La storia che studiamo è sempre una lunga sequela di nomi di gente di potere: principi, re, imperatori, papi, grandi generali e capi politici o religiosi, tutti ricchissimi, ma è anche una storia di miserie popolari senza limiti. Fanno eccezione due soli periodi storici, assai ristretti sia in termini temporali che geografici: la cultura classica delle poleis nella Grecia di 2500 anni fa (in foto: Atene. Ai tempi della polis, i cittadini si riunivano nell’Agorà e legiferavano senza bisogno di intermediari o politicanti) e l’Umanesimo-Rinascimento dei liberi Comuni nel centro-nord italiano quasi 1000 anni fa. Due periodi di ineguagliata libertà politica dei cittadini e di ricchezza, cultura, arte e scienza (sia detto per inciso: Siena, piccola ma ricchissima e potente, sta a pieno diritto dentro quella storia). Bene quelle due situazioni sono anche le uniche caratterizzate dal totale anonimato della politica, perché quella gente si autogovernava e non aveva capi: non il nome di un solo politico di quelle epoche è giunto sino a noi, mentre a migliaia ci sono noti i nomi e le opere di pensatori, scienziati e artisti come mai in nessun altro periodo della storia. E non sarà un caso che gli unici politici di quei due periodi che ci sono noti, Pericle a Atene e Lorenzo il Magnifico a Firenze, lungi dall’essere, come comunemente si crede, gli artefici della straordinaria fortuna delle città di cui si fecero tiranni, ne furono invece i becchini.
… e guardiamo all’attualità
Anche oggi ciò che fondamentale distingue il resto del mondo dall’Occidente ricco, colto ed evoluto è il maggiore livello di democrazia, ossia il maggiore potere del popolo rispetto alle oligarchie della politica. Nel resto del mondo dominano miseria e arretratezza in maniera direttamente proporzionale alla concentrazione del potere in poche mani: tanto più forte quella concentrazione, tanto più terribile l’arretratezza. Insomma anche nel mondo di oggi quanto più il potere politico è strutturato orizzontalmente tanto più quella società è ricca, colta e evoluta. E viceversa, se è strutturato verticalmente. Ma questo principio – che ripeto non ha eccezioni – è verificabile all’interno dello stesso Occidente. Ci sono paesicome la Svezia, l’Olanda, la Svizzera(in foto Glarus, ricca e serena cittadina delle montagne svizzere delle dimensioni di Siena: tutto il popolo in piazza a legiferare) a più alto livello di democrazia, ossia dove il potere è meno nelle mani dei politici e più distribuito nella società civile (otto referendum per l’Europa hanno fatto in Danimarca, mentre in Italia ha deciso per tutti un pugno di politicanti). Succede così che nessuno di noi sappia neanche chi sia il capo di quei governi e succede, come conseguenza, che quei paesi sono tutti, senza eccezioni, più ricchi, colti e civili di tutti gli altri paesi dell’Occidente, l’Italia tra questi. Questi ultimi, tutti a più forte concentrazione di potere nelle mani di pochi, sono nelle situazioni che sappiamo. Ma ciò vale anche all’interno del nostro Paese: al centro-nord, dove il potere popolare nei confronti delle oligarchie è più forte (è ancora l’eredità della civiltà comunale che si fa sentire), le comunità sono più ricche, colte e civili. Di contro il Mezzogiorno, dove il potere è da sempre saldamente in mano a ristrette baronie (perfino criminali), è costretto ad una costante e diffusa arretratezza in ogni campo. Una differenza comunque in via di eliminazione, ma non perché il potere popolare cresce al Sud, ma perché declina anche al Nord (ancora una volta Siena insegna).
Conclusioni
A Siena, e forse anche nel Paese, siamo in periodo elettorale. Siena ha una sua crisi particolare nella crisi più generale. Il potere sempre più concentrato nelle mani di pochi (non diversamente da Roma) ha distrutto, come era ovvio che succedesse, la ricchezza pubblica e quella del popolo, mentre i ricchi, come nel Terzo Mondo, sono sempre più ricchi. Da nessuna parte, eccettuato un inascoltato Beppe Grillo, si sente avanzare la proposta che per uscire dalla crisi (quella particolare di Siena e quella generale del Paese) bisogna che il popolo si riappropri del potere decisionale, riducendo i politici al ruolo di meri esecutori. Anzi tutte le parti sono alla ricerca (molto conflittuale) di un capo che risolva i nostri problemi. Ossia di un leader che è la traduzione letterale di führer e duce.
Se così restano le cose non c’è alcuna speranza né per Siena, né per il Paese.