Orlando Paris, segretario cittadino di Sinistra Ecologia e Libertà interviene su Banca Mps e Fondazione
SIENA. “Un piano industriale non esente da perplessità e la necessità di salvare il ruolo della Banca sul nostro territorio. Su questo ci vogliamo confrontare noi di Sinistra ecologia e libertà che in passato abbiamo più volte denunciato gli errori compiuti dal top management della Banca e anche dell’azionista di maggioranza, ossia la Fondazione Monte dei Paschi. Errori riconducibili non solo alla disastrosa operazione di acquisizione di Antonveneta pagata il doppio del suo valore, senza neanche effettuare una due diligence, ma all’incapacità del management di avere una visione strategica di medio-lungo periodo. Ci siamo chiesti tante volte se il precedente Cda avesse tutti gli elementi per valutare la redditività complessiva della banca e quindi di poter garantire adeguatamente gli azionisti sul patrimonio investito; e soprattutto se la fondazione avesse una visione strategica sufficiente e fosse in grado di verificare questi aspetti”.
Questo l’intervento di Orlando Paris a nome del circolo cittadino di Sinistra Ecologia e Libertà riguardo alla situazione della Banca Monte dei Paschi e della Fondazione, dove ribadisce la necessità di non approvare il nuovo statuto della Fondazione prima dell’entrata in carica del nuovo consiglio comunale.
“Purtroppo la Fondazione non ha utilizzato in passato il proprio potere di indirizzo strategico finendo per accettare quasi a scatola chiusa le scelte compiute dalla Banca . E ci veniva spontaneo chiederci con quali criteri di nomina erano stati scelti i consiglieri, se fossero basati sempre sulle competenze tecniche , professionali, manageriali o piuttosto politiche, dettate da spartizioni di potere in base all’appartenenza di lobby di potere precostituite. Conclusione: l’origine della crisi del Monte dei Paschi, oltre alla crisi finanziaria mondiale ed europea, ha un nome: ingerenza politica ed un cognome: Antonveneta”.
“Oggi serve entrare in concreto sul tema “ la banca che vorremmo”. Una banca che esce dalle difficoltà, che torna presto a fare utili, indispensabili anche per la Fondazione, una banca che ricostruisce un patrimonio e una liquidità per tornare ad essere strumento di servizio per il territorio, le imprese, le famiglie e le pubbliche istituzioni”.
“Non ci siamo mai accodati ai facili entusiasmi ed anche questa volta non la pensiamo come chi ha individuato nel nuovo CDA i salvatori della banca, perché anche l’ultimo Piano Industriale elaborato non ci sembra esente da critiche. Concordiamo con l’esigenza di rafforzare il capitale e la liquidità della banca e con la necessità di riequilibrare le attività e la conseguente redditività, ma ci sono anche perplessità come la riduzione dei costi che ricade quasi esclusivamente sul personale con la riduzione del salario fisso e variabile , lo smantellamento del contratto integrativo e le esternalizzazioni del back ofice del consorzio che impoveriscono i lavoratori e la città”.
“Il Piano poi prevede il passaggio da un modello di “produttività da valori” a “produttività da servizi”. Tradotto: più operazioni speculative, meno mutui a privati, meno prestiti alle imprese. Ma soprattutto il piano prevede una rideterminazione dell’assetto proprietario con l’aumento di capitale che l’assemblea ha già delegato al CDA e al presidente, creando un pericoloso precedente. Si consegna la banca a un privato? a una banca? a un fondo straniero? In questo modo si sottrarrebbe il controllo della banca alla fondazione e alla città”.
“Per quanto riguarda i temi relativi alla Fondazione e allo statuto da modificare, pensiamo che la Deputazione della Fondazione debba tornare indietro sulle modifiche allo Statuto che potrà essere ripensato soltanto dopo l’insediamento del nuovo consiglio comunale. La stessa cosa vale per le modifiche al diritto di voto del 4 per cento. E’ chiaro che il nuovo statuto vada cambiato con indicazioni chiare sulle competenze e sulla indipendenza dei futuri amministratori da ridurre nel numero e nei compensi che ricevono”.