Spalle al muro, la politica europea prende una decisione drastica che al Monte costerà 3,5 milioni di euro
di Red
SIENA. Giovedì sera ci eravamo lasciati con Wall Street in leggera ripresa: l’ottimismo sull’accordo in sede europea, con le mezze parole dell’asse franco-tedesco, che aveva consentito ieri il rimbalzo nel finale dell’indice del Dow Jone,s supera le incertezze delle piazze asiatiche e trova conferma nei listini del Vecchio Continente.
Venerdì ne consegue che Milano, maglia nera del giorno prima, segna i progressi maggiori: l’indice FtseMib sale dell’1,15%. La performance è stata determinata dai forti recuperi delle banche, ieri tartassate dalle vendite. MPS ha goduto del rialzo, chiudendo con +3,7% a euro 0,364.
Ora un fine settimana tranquillo in attesa di verificare se la dichiarazione congiunta Sarkozy-Merkel della serata di giovedì si realizzerà: l’intesa “globale ed ambiziosa” da 940 miliardi (440 dal fondo salva Stati, il resto nel 2012 grazie al meccanismo di stabilità) è possibile.
Il vertice dei capi di Stato si svolgerà in due fasi, tra sabato e mercoledì, perché non è stato trovato pieno accordo su alcuni dettagli. Solo mercoledì verranno comunicate le decisioni, visto che la cancelliera tedesca dovrà passare attraverso il Bundestag.
I mercati non si sono fatti influenzare dalla ennesima caduta dell’indice Ifo diffuso in mattinata sul clima di fiducia degli imprenditori tedeschi a ottobre, in calo per il quarto mese consecutivo. E nessuno si è fatto condizionare dalla nuova minaccia targata Standard&Poor’s: l’agenzia di rating, in ritardo nel fotografare la situazione finanziaria, ha comunicato che potrebbe bocciare il rating sovrano di cinque emittenti della zona euro (Francia, Spagna, Italia, Irlanda e Portogallo) nell’evenienza dello scivolamento in recessione dell’economia dei diciassette e se aumentasse ulteriormente il costo della raccolta pubblica. Tuttavia non c’è stato quasi miglioramento per il mercato obbligazionario, perché lo spread Btp/Bund balzato ieri a 400 punti (ciò che provoca un rendimento del Btp al 6%, al limite della tollerabilità per la restituzione dei debiti) resta in zona di rischio: Btp decennale al 5,97%, lo spread a 397 punti base.
La nomina di Ignazio Visco, se da una parte ha risolto brillantemente il problema della successione a Mario Draghi alla guida di Banca d’Italia, dall’altra ha aperto un nuovo fronte politico tra Italia e Francia. Sarkozy – che già ha dovuto dribblare gli sgambetti della Merkel facendo sorrisi – non può digerire lo sgarbo di Berlusconi che lo ha lasciato senza rappresentanti francesi nel board della Bce.
Le tensioni dei prossimi giorni potranno essere scontate dai mercati, le schermaglie politiche si dovranno contenere. Chissà se prenderà l’iniziativa lo stesso Bini Smaghi che avrebbe dovuto piegarsi ai voleri politici e dimettersi da un organo che per statuto deve essere indipendente dalla politica degli Stati nazionali. Ma il signore vuole una contropartita, per farsi da parte…
L’ultima nota del venerdì viene al termine della riunione dei 17 ministri finanziari dell’Eurogruppo, per bocca della spagnola Elena Salgado: “La Grecia sta rispettando i suoi impegni, un passo verso il secondo programma” di aiuti finanziari ad Atene, “che garantirà la sostenibilità del debito greco e risolverà la situazione della Grecia, che non è questione da poco”, concludendo: “Stiamo cercando di evitare il contagio e la cosa più contagiosa è una persona malata che non e’ stata curata”.
Nelle note diffuse stamattina (22 ottobre), i ministri delle finanze della zona euro avrebbero finalmente preso atto che la Grecia non potrà mai rimborsare il suo debito, non ci sono aiuti della comunità europea né tagli sulle spalle della popolazione che tengano. Il debito greco è di tutti, comprese le banche che hanno speculato per anni sui rendimenti offerti dal governo di Atene. Per cui si è deciso di costringere gli istituti di credito coinvolti a cancellare almeno la metà dei loro crediti verso la Grecia. Per MPS dovrebbe trattarsi di una cifra di 3,5 milioni di euro, ma si preannuncia crisi per le banche francesi e tedesche, per cui molte dovranno attingere ad aiuti di stato più o meno mascherati per non fallire a loro volta.
L’italiano Vittorio Grilli, quale presidente dell’Efsf (fondo salva stati), ha ricevuto il mandato di negoziare l’haircut, in modo che il debito pubblico greco ritorni entro il 2020 al 120% del Pil. Per ora è sufficiente. I mercati diranno la loro lunedì abbastanza presto, visto che avranno la domenica per studiare i documenti e la loro efficacia, badando al sodo e non alla retorica delle dichiarazioni ufficiali. Come al solito, poi, le agenzie di rating ci informeranno di quanto già sapremo.
La Grecia non fallirà, la popolazione pagherà la scelta infelice dei suoi rappresentanti politici, che hanno nascosto al mondo l’inadeguatezza dell’economia ellenica rispetto ai paesi della Ue e le bugie sul bilancio presentate per entrare nell’area euro alla sua costituzione. Noi pagheremo l’avidità dei nostri speculatori e la miopia contabile dei nostri politici. Ma riteniamo che se queste scelte, obbligate ora e impopolari a giugno, fossero state fatte al momento giusto, ci saremmo risparmiati questa brutta estate e una bella fetta di distruzione finanziaria che ora angustia l’economia reale. Nell’urna la prevalenza andrà alle considerazioni sul bunga bunga o alla pericolosità dei black bloc, come se quelle fossero le leve fondamentali della nostra vita sociale ed economica.