Unisin contesta le discussioni sull'articolo 18
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SIENA. “Incentrare la riforma del lavoro sulla distruzione dell’articolo 18 basandosi su impostazioni ideologiche è dannoso e fuorviante, sono altri i problemi che affliggono il mercato del lavoro italiano” con questa dichiarazione del nostro Segretario Generale Emilio Contrasto si apriva l’ultimo comunicato stampa di Unità Sindacale.
Dopo avere appreso da tutti i principali mezzi di informazione che il Governo procede imperterrito, avanzando addirittura la minaccia di intervenire con la decretazione d’urgenza su una materia così delicata, assistiamo in questi giorni anche al forte scontro tra il Presidente del Consiglio ed i Sindacati. Unisin si unisce al coro che valuta la scelta governativa capace di portare un arretramento epocale verso ciò che doveva essere un civile rapporto di lavoro e di calpestare il dettato costituzionale che si rifà alla dignità della persona. E per di più in un Paese che “vanta” un Mercato del Lavoro che è già tra i più flessibili in Europa.
Per giustificare l’attacco a quel che resta dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori si usano, in maniera fuorviante, argomenti insostenibili che tendono a mettere contro i lavoratori che ne beneficiano (aziende con oltre 15 dipendenti) con quelli che non ne beneficiano (aziende con meno di 15 dipendenti, contratti “precari”) e che vorrebbero convincere l’opinione pubblica che è giusto ed utile che un licenziamento illegittimo sia semplicemente indennizzato economicamente e che non dovrà/potrà più essere previsto il reintegro in azienda.
A tal proposito in questi giorni la CGIA di Mestre ribadisce che in Italia le imprese interessate dall’art. 18 sono solo 105.000 (2,4%) mentre quelle a cui non riguarda sono 4.426.000 (57,6%), è bene sapere che da questo conteggio sono esclusi i lavoratori autonomi, quelli del pubblico impiego, i dipendenti dell’agricoltura e quelli a tempo determinato.
Nelle intenzioni del Governo, ai neoassunti sarà dedicato un “contratto a tutele crescenti” con l’anzianità di servizio: tali tutele, pur crescendo col tempo, non assurgeranno mai alla dignità del diritto al reintegro in caso di licenziamento illegittimo e si limiteranno al riconoscimento di un indennizzo economico. È chiaro che a questo punto per le aziende non ci sarà più bisogno di attivare contratti precari perché la precarietà sarà piena anche per chi “beneficerà” di un contratto a tempo indeterminato in quanto lo
stesso potrà essere interrotto, in qualsiasi momento e per qualsiasi motivo, dal datore di lavoro attraverso il licenziamento.
Nessuno trarrà vantaggio da simili interventi, né le aziende né i lavoratori né i disoccupati. Abbiamo bisogno, infatti, di ricette che rilancino l’economia e non di ulteriori flessibilità nel diritto del lavoro. A questo proposito ci sentiamo di condividere in pieno le parole del Premio Nobel per l’economia, Stiglitz: “Credo che modificando le tutele dei lavoratori si finisca semplicemente per indebolire lo stato di diritto, e credo di poter dire che si finirebbe per indebolire ulteriormente l’economia senza portare ulteriori vantaggi”. Le imprese hanno bisogno di minore burocrazia, amministrazioni pubbliche efficienti, lotta alla corruzione. Per rilanciare l’economia, inoltre, è necessario un serio contrasto all’evasione fiscale e contributiva, un piano di investimenti in formazione ed infrastrutture, l’abbattimento del digital divide. Per Unità Sindacale gli effetti collaterali che porterà la perdita dell’articolo 18 saranno ancora più devastanti di quanto si possa immaginare ed andranno a colpire in maniera massiccia i più giovani che già stanno pagando prezzi indicibili ad un sistema fallimentare.
Il Governo parla di tutele crescenti per i neo assunti, il nostro sindacato pensa che con queste scelte di “crescenti” si avranno la disoccupazione, la precarietà, la povertà, la sudditanza e lo scollamento tra i giovani, la società e le istituzioni.
Dopo avere appreso da tutti i principali mezzi di informazione che il Governo procede imperterrito, avanzando addirittura la minaccia di intervenire con la decretazione d’urgenza su una materia così delicata, assistiamo in questi giorni anche al forte scontro tra il Presidente del Consiglio ed i Sindacati. Unisin si unisce al coro che valuta la scelta governativa capace di portare un arretramento epocale verso ciò che doveva essere un civile rapporto di lavoro e di calpestare il dettato costituzionale che si rifà alla dignità della persona. E per di più in un Paese che “vanta” un Mercato del Lavoro che è già tra i più flessibili in Europa.
Per giustificare l’attacco a quel che resta dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori si usano, in maniera fuorviante, argomenti insostenibili che tendono a mettere contro i lavoratori che ne beneficiano (aziende con oltre 15 dipendenti) con quelli che non ne beneficiano (aziende con meno di 15 dipendenti, contratti “precari”) e che vorrebbero convincere l’opinione pubblica che è giusto ed utile che un licenziamento illegittimo sia semplicemente indennizzato economicamente e che non dovrà/potrà più essere previsto il reintegro in azienda.
A tal proposito in questi giorni la CGIA di Mestre ribadisce che in Italia le imprese interessate dall’art. 18 sono solo 105.000 (2,4%) mentre quelle a cui non riguarda sono 4.426.000 (57,6%), è bene sapere che da questo conteggio sono esclusi i lavoratori autonomi, quelli del pubblico impiego, i dipendenti dell’agricoltura e quelli a tempo determinato.
Nelle intenzioni del Governo, ai neoassunti sarà dedicato un “contratto a tutele crescenti” con l’anzianità di servizio: tali tutele, pur crescendo col tempo, non assurgeranno mai alla dignità del diritto al reintegro in caso di licenziamento illegittimo e si limiteranno al riconoscimento di un indennizzo economico. È chiaro che a questo punto per le aziende non ci sarà più bisogno di attivare contratti precari perché la precarietà sarà piena anche per chi “beneficerà” di un contratto a tempo indeterminato in quanto lo
stesso potrà essere interrotto, in qualsiasi momento e per qualsiasi motivo, dal datore di lavoro attraverso il licenziamento.
Nessuno trarrà vantaggio da simili interventi, né le aziende né i lavoratori né i disoccupati. Abbiamo bisogno, infatti, di ricette che rilancino l’economia e non di ulteriori flessibilità nel diritto del lavoro. A questo proposito ci sentiamo di condividere in pieno le parole del Premio Nobel per l’economia, Stiglitz: “Credo che modificando le tutele dei lavoratori si finisca semplicemente per indebolire lo stato di diritto, e credo di poter dire che si finirebbe per indebolire ulteriormente l’economia senza portare ulteriori vantaggi”. Le imprese hanno bisogno di minore burocrazia, amministrazioni pubbliche efficienti, lotta alla corruzione. Per rilanciare l’economia, inoltre, è necessario un serio contrasto all’evasione fiscale e contributiva, un piano di investimenti in formazione ed infrastrutture, l’abbattimento del digital divide. Per Unità Sindacale gli effetti collaterali che porterà la perdita dell’articolo 18 saranno ancora più devastanti di quanto si possa immaginare ed andranno a colpire in maniera massiccia i più giovani che già stanno pagando prezzi indicibili ad un sistema fallimentare.
Il Governo parla di tutele crescenti per i neo assunti, il nostro sindacato pensa che con queste scelte di “crescenti” si avranno la disoccupazione, la precarietà, la povertà, la sudditanza e lo scollamento tra i giovani, la società e le istituzioni.
LA SEGRETERIA NAZIONALE UNISIN