Indifferenza dei mercati alle parole del sindaco, ma in città scoppia il caos
di Red
SIENA. Pericolo scampato. Il sindaco di Siena aveva chiesto il silenzio su banca e fondazione per non disturbare le operazioni in atto e non limitare l’operatività di Palazzo Sansedoni. Forse aveva torto in un simile timore: la sua intervista a La Nazione è passata inosservata sui mercati mondiali e addirittura il titolo MPS ieri sera quotava euro 0,25 in rialzo dello 0,16%. Predica la discontinuità come se fosse un valore liberale, per mascherare la sua natura di segretario del Politburo senese. Come è noto, nell’ Urss il potere effettivo non era nelle mani del primo ministro ma in quelle del segretario del partito. Esattamente il ruolo che Franco Ceccuzzi ha svolto a Siena in questi anni, come il partito di estrazione comunista gli aveva insegnato fin dalla tenera età in cui cominciò a occuparsi di politica (provenendo dalla “Piccola Russia” di Abbadia di Montepulciano), ed appunto anche in Italia c’erano i comunisti. Si comanda da dietro le quinte e davanti si piazzano fedelissimi di lungo corso o personalità ampiamente manovrabili. Come ad esempio ha ammesso di essere stato Gabriello Mancini in Fondazione…
Un gruppo di dirigenti scelti con la caratteristica dell’aurea mediocritas obbediente piuttosto che competenti, ma assetati di poltrone, non poteva che portare il nostro personale Titanic a sbattere contro l’iceberg dei mercati. Un cambio completo di dirigenza potrebbe aprire armadi pieni di scheletri, forse è bene lasciarli lì, continuando a presidiare la banca con la bufala della discontinuità. La tragedia senese viene da lontano e la speculazione internazionale ha colpito duramente proprio per gli errori macroscopici della politica incapace che ha usato male gli strumenti che ha avuto in mano con la nascita dell’Euro. Così la gestione del potere nelle mura della città ha creato tanti guasti che non sono più riparabili, se non svendendo la Storia e la Banca: i BTp in eccesso in portafoglio non si possono cedere, salutare un padrone nuovo si. Tutte cose che traspaiono nell’intervista a La Nazione.
Un risultato l’intervista l’ha ottenuto: è scoppiato il caos e si va alla resa dei conti fra gruppi e gruppuscoli locali. Ceccuzzi ha scaricato Mussari (assente a Siena anche ieri, impegnato con l’Abi a incontrare Buzzetti presidente Ance), rivelando come in gran segreto il presidente Abi gli abbia dichiarato di non voler rimanere, dopo la scadenza del mandato in primavera, sulla poltrona più alta di Rocca Salimbeni. L’avvocato di Catanzaro diventerà il nuovo capro espiatorio dopo l’ex sindaco Cenni in campagna elettorale? Si aspetta che altrettanto faccia la Deputazione della Fondazione, ma senza dire quando se ne dovrebbero andare, visto che la scadenza naturale è nel 2013 e gli fa comodo una Fondazione “”ubbidiente” per la nomina del nuovo consiglio di amministrazione del Monte nel 2012. Intanto, circola la notizia che starebbe arrivando Alessandro Piazzi a posto del dimissionario Mancini. Ma Piazzi non è già deputato in Palazzo Sansedoni? Quale discontinuità rappresenterebbe? Deputazione, se ci siete battete un colpo! Vi imporranno un presidente e ve ne daranno ancora una volta la colpa… Oggi la stampa italiana racconta come Alessandro Profumo, ex Ceo di Unicredit, abbia rifiutato il posto di Amministratore Delegato in Fondazione. Ci crediamo: chi può avere interesse ad amministrare una Fondazione che ha solo titoli di una sola banca in portafoglio? Ci sembra inutile a questo punto anche avere una Deputazione, figuriamoci un Amministratore Delegato. E le risposte urgenti alla globalizzazione? Che velocità di pensiero e manovra si possono avere, quando stancamente – da maggio – non si riesce a nominare un sostituto della Rosignoli nella stessa Deputazione?
Ma il prossimo aumento di capitale spazzerà via tutto, essendo della consistenza pari al capitale attuale, sempre nell’ipotesi che le azioni di Antonio Vigni non portino risultati accettati dall’Eba. Se i 3,2 miliardi di euro dovessero essere coperti da un investitore unico, questi si ritroverebbe con il 51%, maggioranza assoluta, e la Fondazione al 25%, fuori dalla stanza dei bottoni. In questa ottica l’arrivo al posto del dimissionato Vigni di un nuovo direttore generale, che poi fra 5-6 mesi diventerebbe Amministratore delegato della banca ci sembra fuorviante. Sapendo che nella prossima estate ci sarà un nuovo padrone a Siena chi si fiderebbe delle promesse di oggi? In diversi dormono sonni agitati in questi giorni. E’ strano: guadagnano cifre che li pongono al di sopra della crisi, ma vedono lo spettro del fallimento e della resa dei conti avanzare sopra le loro teste. E forse qualche altra brutta novità.