![](https://www.ilcittadinoonline.it/wp-content/uploads/originali/1288112258234.jpg)
SIENA. Partecipazione e responsabilità condivise nelle imprese come strumenti per costruire nuove relazioni sindacali, capaci di affrontare le nuove sfide della competitività e della produttività. Iose Coppi, segretario generale della Cisl di Siena, interviene nel dibattito che si è aperto anche in alcune importanti aziende del territorio.
“Serve un salto di qualità delle relazioni sindacali. Questa è una sfida che deve essere raccolta da tutti ma prima bisogna chiarire una questione fondamentale: bisogna smentire la logica perversa che per avere maggiore produttività e redditività occorra intaccare il sistema di diritti e di tutele del lavoro. Tutto ciò è forviante. Questi sono i veri alibi di coloro che non vogliano cambiare nulla: mi riferisco a quelle parte sindacale cosiddetta antagonista ma anche alla parte di Confindustria ed alcuni imprenditori più conservatori e meno lungimiranti. Fugato questo rischio, si può discutere su come fare un salto di qualità nelle relazioni sindacali.
Ritengo che la partecipazione sia l’orizzonte di un mutamento culturale capace di definire nuove sintesi tra capitale e lavoro. La sfida partecipativa può cogliere tutti gli elementi di maggiore competitività e produttività giocando su più ampie responsabilità condivise nei luoghi di produzione. La strada alternativa porterebbe ad un conflitto permanente e condannerebbe il sindacato a una logica difensiva e perdente.
Dopo l’accordo sul nuovo modello contrattuale che ha posto le basi per costruire nuove relazioni sindacali partecipative, portandoci al rinnovo di importanti contratti Nazionali di cui esigiamo il rispetto, occorre proseguire con determinazione su questa strada, individuando i punti su cui dare risposte rapide.
Primo: una riduzione radicale del numero dei contratti nazionali, definendo dei macro settori. L’accorpamento farebbe assumere al contratto nazionale un ruolo vero di cornice su diritti e tutele fondamentali. Secondo: lavorare per un effettivo decentramento negli ambiti territoriali e aziendali per una regolazione contrattuale che riconosca e valorizzi le specificità, definendo strumenti bilaterali aziendali e territoriali sugli snodi contrattuali rilevanti come flessibilità, orari, inquadramenti, formazione, salario per obiettivi, prestazioni integrative. Qui è aperto il confronto con la Cgil che non vuole abbandonare la centralità del contratto nazionale. Terzo: occorre parlare di competitività del territorio. Che in concreto vuol dire Pubblica Amministrazione e scuola, istituzioni che funzionano e che rappresentano elementi competitivi. Ci deve essere un vero decentramento contruttuale anche nella pubblica amministrazione e nella scuola, decisivo per far crescere quella competitività di territorio, essenziale anche alle imprese.
Occorre riprendere un confronto sindacale unitario per definire strategie per il futuro, serve una visione di prospettiva sulle relazioni sindacali più condivisa tra tutte le organizzazioni. Qui la Cgil è condizionata dall’ala antagonista ma se vogliamo giocare per l’innovazione dobbiamo farlo in modo unitario. Un atteggiamento difensivo è perdente per tutto il sindacato. Servono relazioni sindacali rinnovate affinché le politiche partecipative siano viste non come vincoli ma come opportunità”.
“Serve un salto di qualità delle relazioni sindacali. Questa è una sfida che deve essere raccolta da tutti ma prima bisogna chiarire una questione fondamentale: bisogna smentire la logica perversa che per avere maggiore produttività e redditività occorra intaccare il sistema di diritti e di tutele del lavoro. Tutto ciò è forviante. Questi sono i veri alibi di coloro che non vogliano cambiare nulla: mi riferisco a quelle parte sindacale cosiddetta antagonista ma anche alla parte di Confindustria ed alcuni imprenditori più conservatori e meno lungimiranti. Fugato questo rischio, si può discutere su come fare un salto di qualità nelle relazioni sindacali.
Ritengo che la partecipazione sia l’orizzonte di un mutamento culturale capace di definire nuove sintesi tra capitale e lavoro. La sfida partecipativa può cogliere tutti gli elementi di maggiore competitività e produttività giocando su più ampie responsabilità condivise nei luoghi di produzione. La strada alternativa porterebbe ad un conflitto permanente e condannerebbe il sindacato a una logica difensiva e perdente.
Dopo l’accordo sul nuovo modello contrattuale che ha posto le basi per costruire nuove relazioni sindacali partecipative, portandoci al rinnovo di importanti contratti Nazionali di cui esigiamo il rispetto, occorre proseguire con determinazione su questa strada, individuando i punti su cui dare risposte rapide.
Primo: una riduzione radicale del numero dei contratti nazionali, definendo dei macro settori. L’accorpamento farebbe assumere al contratto nazionale un ruolo vero di cornice su diritti e tutele fondamentali. Secondo: lavorare per un effettivo decentramento negli ambiti territoriali e aziendali per una regolazione contrattuale che riconosca e valorizzi le specificità, definendo strumenti bilaterali aziendali e territoriali sugli snodi contrattuali rilevanti come flessibilità, orari, inquadramenti, formazione, salario per obiettivi, prestazioni integrative. Qui è aperto il confronto con la Cgil che non vuole abbandonare la centralità del contratto nazionale. Terzo: occorre parlare di competitività del territorio. Che in concreto vuol dire Pubblica Amministrazione e scuola, istituzioni che funzionano e che rappresentano elementi competitivi. Ci deve essere un vero decentramento contruttuale anche nella pubblica amministrazione e nella scuola, decisivo per far crescere quella competitività di territorio, essenziale anche alle imprese.
Occorre riprendere un confronto sindacale unitario per definire strategie per il futuro, serve una visione di prospettiva sulle relazioni sindacali più condivisa tra tutte le organizzazioni. Qui la Cgil è condizionata dall’ala antagonista ma se vogliamo giocare per l’innovazione dobbiamo farlo in modo unitario. Un atteggiamento difensivo è perdente per tutto il sindacato. Servono relazioni sindacali rinnovate affinché le politiche partecipative siano viste non come vincoli ma come opportunità”.