Over 55, Cog e nuove alleanze nell'agenda del top management
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di Red – foto di Corrado De Serio
SIENA. Siena chiama Roma. Il Monte dei Paschi è una banca politicizzata e dalla politica dei salotti romani (le case del popolo non sono più in voga da un pezzo, nella capitale) deve venire la risposta. Tentiamo così di capirne qualcosa, visto che non è un caso il rinvio della presentazione del piano industriale a metà giugno. Notizia passata quasi inosservata perché tutti gli occhi sono stati puntati sul Comune e sulla diatriba Ceccuzzi-dissidenti.
Il personale della banca è in esubero: il risparmio sul costo del personale over 55, se paragonato ai contratti di formazione dei giovani neoassunti, è un atout troppo goloso, veloce e cospicuo per non approfittarne. Il Senato sta approvando la riforma del mercato del lavoro del ministro Fornero scritta esattamente come farebbe comodo a Fabrizio Viola. Tutto nasce dagli accordi del contratto nazionale firmato da Abi (Mussari) e Sindacati (Dircredito, Fabi, Fiba, Sinfub, Ugl Credito, Uilca) lo scorso 20 gennaio sotto dettatura del Ministero del Lavoro. Incentrati proprio su contratti di solidarietà, valorizzazione dell’apprendistato, salario d’ingresso.
A snellire la consistenza numerica del personale ci penserà anche la riduzione territoriale della banca. Privata di Biverbanca e di 200 sportelli ex-Antonveneta (con gli sportelli viene ceduto anche il personale, ovviamente), sarà molto più semplice mettere mano al Consorzio Operativo. Il personale amministrativo dovrebbe rientrare in azienda (con molti over 55, si presume). Il personale tecnico dovrebbe finire all’Ibm nella cessione del ramo d’azienda assieme all’hardware. Come già anticipato, le aree territoriali diventeranno 6, di cui 2 in Toscana (una a Siena, naturalmnete).
Ad arte, pensiamo, tornano fuori le voci di un apparentamento con BNL (è dal 1998 che si favoleggia di ciò). Un vecchio pallino di Massimo D’Alema, che nel gennaio 2005 incontrò a Roma, in qualità di presidente dei DS, una delegazione con la crema dei politici senesi: il deputato eletto nella città del Palio, Franco Bassanini, il sindaco, Maurizio Cenni, il presidente della Provincia, Fabio Ceccherini, il responsabile provinciale del partito, Franco Ceccuzzi, e il presidente della Fondazione, Giuseppe Mussari. In BNL comandavo allora gli spagnoli e un gruppo di soci italiani tra cui Francesco Gaetano Caltagirone. Tutto finì in fumo perché si rese evidente che il soggetto bancario nascituro non sarebbe stato sotto lo stretto controllo senese. Cioè dei Ds, vista l’appartenenza politica dei personaggi citati.
Ma torniamo al presente. Si vorrebbe dimagrire da un lato per essere di taglia pari a un istituto che non è italiano, ma fa capo a BNP Paribas, banca transalpina, che tutto sommato non è che navighi in acque tranquille. Le voci di corridoio non parlano di fusione, ma della costituzione di un gruppo molto grande ben inserito anche fuori dall’Italia. La proposta non arriverebbe da Siena, ma sarebbe accettata con favore perchè – secondo alcuni – risolverebbe il problema dei Tremonti Bond, lasciando comunque in piedi MPS come azienda autonoma. Ma con quali patti parasociali? Chi comanderebbe? Le banche francesi sono ben protette dal loro governo, e di Siena in capo a pochi anni magari finirebbe col rimanere solo la Esse del logo. Inoltre, simile ipotesi contrasterebbe con la visione territoriale vagheggiata appena quindici giorni fa da Alessandro Profumo (MPS 2020, la migliore banca italiana) e – secondo altri – non risolverebbe il problema dei Tremonti bond, della loro restituzione o della trasformazione in capitale sociale.
Ecco perché in cima ai pensieri di tanti potrebbe essere più interessante il matrimonio con la Cassa Depositi e Prestiti, che ha appena perduto un socio storico e importante – la Fondazione MPS – travolto dai debiti: domani con poca spesa potrebbe dargli gli ordini e decidere quanti utili in erogazione concedergli. Poi, se il sindaco che verrà non sarà dei loro, poco importa.