ROMA. Il dollaro americano a settembre ha guadagnato quasi il 3% contro l’euro. Anche osservando il Dollar Index, ovvero il valore del dollaro rispetto a un paniere di valute tra cui anche yen giapponese e sterlina inglese, il guadagno ha sfiorato a settembre il 2%. Diverse valute emergenti hanno perso terreno. Quali sono i motivi che hanno generato questa forza recente del biglietto verde?
Diverse le risposte a questa domanda. Parliamo di Cina, tassi di interesse, inflazione, materie prime, politica.
Una delle motivazioni principali ha sede in Cina. Il caso Evergrande, il colosso del real estate cinese sull’orlo della bancarotta, ha fatto defluire capitali dalla Cina e dai paesi emergenti per ritornare verso il porto sicuro del dollaro.
Moneta tipicamente utilizzata nei momenti di tensione finanziaria e di incertezza, il dollaro ha beneficiato anche della sempre più convinta certezza del mercato che la FED a dicembre comincerà il tapering e che forse i tassi di interesse potrebbero vedere il loro primo rialzo a fine 2022. Immediata la reazione al rialzo dei tassi di interesse sia sulla parte breve che lunga della curva dei rendimenti, con contestuale allargamento del differenziale di rendimento tra Stati Uniti e altri paesi ancorati alla politica del tasso zero come Eurolandia e Giappone.
Giuseppe Marino, autore del portale di trading eurusd.it, spiega con grande semplicità: “Il carry trade è una pratica molto utilizzata dagli speculatori per ottenere maggiori rendimenti in conto interessi contestualmente a un’aspettativa di apprezzamento della valuta sottostante. E se le obbligazioni USA offrono e offriranno in prospettiva un rendimento più alto come ora rispetto ad esempio alle obbligazioni europee, i flussi verso la valuta americana aumentano spingendo al ribasso EurUsd.”
I dati macroeconomici stanno mostrando una certa stabilità dopo i forti miglioramenti dei mesi scorsi. Fenomeno naturale dopo il boom causato da riaperture e campagna di vaccinazione su larga scala. Quello che però si sta notando da indicatori come Citigroup Surprise Index, è che i dati europei sorprendono in negativo più di quelli americani. Anche questo è un fattore che sposta gli equilibri sul dollaro poiché in prospettiva l’economia a stelle e strisce potrebbe fare meglio di quella dell’Eurozona.
Il mondo delle materie prime sta decisamente alimentando ulteriore preoccupazione nel mondo finanziario. Il timore è quello di banche centrali che, per cercare di mantenere fede alle loro promesse di politica espansiva, rischiano di farsi sfuggire di mano prezzi al consumo che negli ultimi anni non avevano mai rappresentato un problema. Petrolio quasi a 80$ al barile, gas naturale ai massimi dell’ultimo decennio e materiali semilavorati che continuano a pagare l’effetto collo di bottiglia post Covid, rappresentano fattori che in America come in Europa soffiano sul fuoco dell’inflazione. Il 3 novembre la FED e il 28 ottobre la BCE potrebbero fornire indicazioni aggiuntive sulle misure che intendono adottare influenzando ovviamente i rapporti di cambio.
Infine c’è la questione dell’ormai annoso piano infrastrutturale di Biden che dovrebbe andare in votazione il 30 ottobre per 550 miliardi di dollari. Questo elemento si incrocia a stretto giro con l’approvazione alla Camera della norma che aumenterebbe il tetto del debito evitando lo shutdown entro il 18 ottobre. Incertezza e quindi corsa al bene rifugio.
Nel breve periodo la soluzione del caso Evergrande e l’accordo politico tra repubblicani e democratici potrebbero alleviare la pressione su EurUsd favorendo un rimbalzo da quella zona nella quale si trova attualmente di 1.16. Nel lungo periodo, però, il differenziale sui tassi di interesse e il differenziale di crescita economia sembra rendere ancora preferibile la moneta americana.
Dollaro quindi che trae beneficio da una situazione di generale incertezza politica ed economica con l’occhio rivolto all’inflazione che potrebbe influenzare le politiche monetarie. L’Europa appare adesso un po’ più in difficoltà sul fronte dei dati macro che nelle ultime settimane stanno sorprendendo ma in negativo.
In contesti di questo tipo i capitali cercano porti sicuri e il dollaro americano è indubbiamente uno di questi.