"Se ci sono proposte alternative per realizzare risparmi strutturali, vengano fatte"
”Poi ci sono alcuni aspetti minori come nel caso di alcune partecipazioni possedute al 100% che possono essere incorporate con delibera del CdA e non dell’assemblea. Lo stesso vale per la cessione di eventuali rami d’azienda”.Relativamente al piano industriale e alle esternalizzazioni, Profumo ha detto: ”Le trattative procedono intense e si sta lavorando molto seriamente da entrambi le parti. Le tematiche sono molto complesse. Per noi è importante ottenere risparmi strutturali di lungo periodo. Laddove potessero emergere proposte alternative tali da garantire gli stessi risparmi strutturali le esamineremo serenamente. Ma le proposte devono essere fatte”.
Nello stesso convegno, Susanna Camusso ha sostenuto che ”Bisogna ripartire dalla redistribuzione quindi partire dalla patrimoniale e dalle grandi rendite per alleviare la pressione fiscale sui lavoratori e sulle pensioni. Anche perché siamo in un circolo vizioso”. Il tema della disoccupazione rimane un fronte caldo con le stime che per il 2013 prevedono un tasso all’11,4%. ”Un dato che ci preoccupa da molto tempo ed è anche molto tempo che diciamo che la spinta recessiva si traduce in una perdita di posti di lavoro e la disoccupazione alimenta nuovamente la spinta recessiva”.
Gli interventi dei relatori
“Oggi c’è una separazione abissale tra il paese reale e chi decide per il suo futuro – ha detto Susanna Camusso, segretaria generale Cgil – e un gigantesco processo di impoverimento che vede crescere esponenzialmente la dimensione dei lavori scarsamente retribuiti e coinvolge soprattutto donne e giovani. E’ evidente che non è questa la strada per crescere: serve dare centralità al lavoro e alla sua qualità come fattore di innovazione, serve costruire modelli di socialità e welfare come fattori di crescita. La scommessa dell’Europa è proprio su questo: si vuole costruire un modello sociale che media tra le politiche economiche e la vita delle persone, oppure vogliamo continuare a impostare i paradigmi di sviluppo sulla base di politiche economiche e monetarie? Se il fondamento su cui se costruisce il paradigma di sviluppo è la famiglia o sono gli individui, o se il modello cambia in maniera fondamentale perché il lavoro – non come variabile residuale, ma come condizione di autonomia delle persone – dove trovare fondamento nell’indipendenza dei soggetti. E questa, per le donne, è una straordinaria questione”.
“Un Paese competitivo e solidale non è una contraddizione – ha esordito nel suo intervento Alessandro Profumo, presidente Banca Monte dei Paschi di Siena – e una maggiore presenza delle donne nel mercato del lavoro è un fattore chiave di competitività. Partiamo da un dato, se il talento è diviso equamente tra uomini e donne, e se le donne sono in percentuale residua nelle aziende, stiamo sprecando del talento e quindi un’opportunità di crescita. Investire sul talento significa darsi obiettivi chiari e promuovere azioni concrete. L’Europa, in questo senso, è un terreno concreto su cui misurarsi e non va inteso come il soggetto da cui giungono imposizioni. In questo percorso è necessario riscostruire una relazione positiva e un dialogo con l’Europa, dove le differenze sono sinonimo di ricchezza”.
Dell’esperienza sul campo nell’attuazione delle politiche di genere ha parlato Catiuscia Marini, presidente della Regione Umbria. “Le politiche di genere vanno tirate fuori dai settori di intervento specifici, serve una trasversalità dell’azione di governo rispetto all’insieme delle politiche pubbliche, regionali ma anche nazionali. Questo significa abbandonare i piani settoriali, inserendo in tutte le politiche più robuste, quelle che hanno o attivano risorse, una visione di genere che declini non solo il tema della parità, ma anche della consistenza delle relazioni tra uomini e donne. La crisi ha segnato in maniera profonda il solco della disuguaglianza di genere e sappiamo bene perché. Per ridurre le disuguaglianze, in Umbria per esempio, abbiamo provato a mettere in campo strumenti concreti, con risorse dedicate esclusivamente alle donne. Il disegno di legge della Regione Umbria, in questo senso, ambisce a superare le leggi manifesto, per concretizzare con azioni e progetti, una nuova civiltà delle relazioni tra donne e uomini”.
E’ partita da uno spunto positivo Livia Turco, deputata del Pd e presidente della Fondazione “Nilde Iotti” che nel suo intervento ha sottolineato come l’innovazione e l’imprenditorialità siano una delle forme di resistenza nei confronti della crisi che il Paese sta sperimentando. “Un’innovazione che trova applicazione anche nella buona politica – ha detto la Turco – come quella messa in campo dalla Regione Toscana e Umbra sulle leggi della cittadinanza di genere. Bisogna avere il coraggio di investire in settori come il welfare, dove al contrario, il nostro Paese ha fatto enormi passi indietro. Le politiche sociali, al contrario, sono moltiplicatori di opportunità, per cui credo che esistano solo delle remore culturali. Le esperienze di welfare su cui ci siamo confrontati nei seminari di stamattina sono la prova tangibile che le energie sono già in campo e che basta sprigionare l’innovazione per mettere in moto il cambiamento”.
A concludere l’incontro le parole di Susanna Cenni: “E’ ovvio che parlare di un cambiamento del modello di sviluppo significa mettere in campo la politica pienamente, a partire dal Partito democratico, da cui mi attendo una battaglia e una piattaforma forte sulla democrazia paritaria, sulla riforma della politica e delle istituzioni. L’obiettivo è quello di inaugurare una nuova stagione di politiche, anche nel contesto europeo, profondamente alternative a quelle che, in questi decenni, hanno riconosciuto solo a un mercato privo di regole, un primato che ha mortificato le persone, le donne e le relazioni umane”. “Non è possibile – ha proseguito Cenni – recuperare qualità della vita, lavoro e futuro, se non c’è un cambio di paradigma che trasformi la cura da costo a economia, mettendo al centro le persone nella società e nelle politiche di sviluppo. Come attestano le statistiche, infatti, i Paesi con minore gap di genere, sono quelli più competitivi economicamente. Difficilmente possiamo mettere in campo crescita e cambiamento senza la parità di genere”.