Siena nelle mani del "principe". E la voce inascoltata dei senesi "contro"
di Mauro Aurigi
SIENA. Nella prima metà degli anni ’90, durante la dura vertenza contro la privatizzazione del Monte dei Paschi voluta da tutti i partiti ma soprattutto dal Pci (poi Ds, Pds, e infine Pd o Pdmenoelle come dice Grillo), noi, sparuta pattuglia di “boni homines” senesi riuniti nell’“Associazione per la difesa del Monte”, avevamo ben chiaro quale sarebbe stato il futuro del vetusto Istituto e della Città. E lo scrivemmo anche sui muri, chiaramente. Con la privatizzazione la Banca avrebbe perso la senesità, fattore fondamentale anzi esclusivo di tutte le sue fortune e della sua splendida longevità, dopodiché poteva tranquillamente essere vandalizzata. E la Città avrebbe perso la sua indipendenza e la sua libertà, patendo la rapina di tutte le sue ricchezze (la Banca semimillenaria, l’Università e il Comune quasi millenari, lo Spedale più che millenario,…) diventate bottino di guerra del “principe” vincitore. Sostenevamo infatti che fino a quando Siena avesse continuato ad essere il “dominus” del Monte questi avrebbe continuato a progredire serenamente, ma se il Monte fosse caduto nelle mani di un padrone privato, questi sarebbe diventato anche principe della Città, e la Città sarebbe diventata la sua serva e suoi servi sarebbero diventati i cittadini. E il principe si sarebbe subito dedicato alla sua spoliazione, come storicamente fanno sempre i principi quando entrano in possesso di un ricco bene già posseduto da una comunità. Ed è quello che a Siena è regolarmente avvenuto.
Le responsabilità di simile catastrofe sono da addebitarsi esclusivamente ai Senesi che, nonostante le nostre denunce, optarono in blocco per la privatizzazione o comunque, servilmente, non accennarono minimamente ad opporvisi. Anche e soprattutto i dipendenti della Banca. Non solo quelli non senesi (soprattutto i fiorentini e soprattutto quelli della Banca Toscana) che da idioti pensavano così di liberarsi dal “giogo della senesità”, ma soprattutto quelli senesi rimasti attaccati ai loro sindacati, anch’essi favorevoli alla privatizzazione. La “Triplice”, a chiacchiere tutta orientata a sinistra, in realtà era sindacato padronale che più padronale non si può: tra il 1995 e il 2010 ha entusiasticamente approvato tutte le sciagurate scelte gestionali che il Pd nazionale e locale, ossia i due padroni “privati” del Monte, hanno imposto alla Banca dopo la privatizzazione, mentre i dipendenti iscritti non battevano ciglio (a quanto pare non lo battono neanche ora, a scandalo scoperto, visto che a quei sindacati rimangono in gran parte iscritti).
LA MINACCIA DELL’ORSO RUSSO
Ma non è ancora finita. Ben altre e più minacciose nubi si affacciano all’orizzonte. Sappiamo che il presidente del Monte, Alessandro Profumo, ha un bel conflitto di interessi: irridendo ad ogni principio etico (ma cosa ha a che fare ormai l’etica col Monte?) è anche membro, unico straniero, del Supervisory board della più grande banca russa, la Sberbank (20.000 filiali in Russia e quasi il 50% dei depositi del paese) che non è difficile immaginare retta dagli oligarchi che alla caduta del regime sovietico si sono impossessati per un tozzo di pane delle migliori, gigantesche aziende dell’ex URSS. Sui rapporti (o l’assenza di confine) tra le oligarchie imprenditoriali e le potenti mafie di quel paese sono piene le cronache della stampa internazionale.
Bene, con l’Assemblea degli azionisti del 9.10.2012 il Pd (ossia la Fondazione e i suoi alleati), contro la maggioranza degli interventi che purtroppo non rappresentavano la maggioranza delle azioni, ha consegnato a Profumo tutto il potere sul Monte. Ora questi, senza più convocare l’Assemblea straordinaria, potrà vendere, comprare e incorporare ciò che vuole e fare aumenti di capitale fino a un miliardo di euro (circa il 30% del totale) escludendo dall’operazione i vecchi soci. Cosa vuol dire? Forse che Profumo e il Pd – che pure si ripresenta ora alle elezioni, sia in proprio che al riparo di quasi tutte le liste civiche, dichiarando ipocritamente di essere tornato vergine – hanno deciso di tirare dentro il Monte i chiacchieratissimi oligarchi russi? Non ci bastava la mafia nostrana di cui la DIA toscana e un ministro degli interni (Pisano) da anni hanno denunciato le mire sulla regione e soprattutto su Siena? Non ci bastava la mafiosità della politica locale? Ora il Pd, dopo la devastazione morale e materiale che già ci ha inferto, vuole farci ingollare anche i Russi?
IL BARATRO FEUDALE
Se ciò dovesse avvenire di sicuro Profumo e Pd ci verranno a raccontare che con i Russi le cose al Monte si raddrizzeranno. Come in Russia? Il principe russo migliore del principe nostrano? Balle, ma i Senesi ci cascheranno come ci sono cascati nel 1995 con la privatizzazione. Temo che da questa cloaca non usciremo mai più. O meglio ne usciremo solo come si è fatto e si fa nel sud d’Italia: emigrando verso paesi civili, sperando che almeno questi siano capaci di resistere al virus che, come il Pd a Siena, da una trentina d’anni ci sta trascinando nel baratro del feudalesimo medievale.
