Conto alla rovescia per il neopresidente MPS
di Red
SIENA. Non bisogna dar retta agli alti e bassi dei mercati. Tanto è vero, che il mercoledì sono stati perduti i guadagni del giorno precedente in un amen. Hai voglia a dare la colpa a nuove tensioni sulla finanza spagnola o all’incapacità del governo Monti di mettere rapidamente a punto azioni di crescita economica nel nostro paese. MPS ha fatto -4,42% a euro 0,2592 pare perché ieri le azioni erano salite troppo, come tutti i bancari, e prontamente gli investitori hanno realizzato. A noi interessa il risultato di medio periodo, che ci dà la tendenza. E la tendenza al ribasso, ora che la Fondazione ha cessato di vendere quote, preoccupa parecchio.
Gabriello Mancini ha accettato di ricevere il “suo” candidato presidente Profumo con la squadra di maggioranza al completo in casa sua, in Banchi di Sotto. Ricompattamento dell’altra maggioranza (quella del comune) o buon viso a cattivo gioco? La mancanza in serata del solito immancabile comunicato congiunto Comune-Provincia di benvenuto ci lascia qualche dubbio. Ma sicuramente per Mancini trattasi di atto di cortesia dovuto in ogni caso, visto che tra dieci giorni Alessandro Profumo sarà il presidente di Banca Monte dei Paschi. Che certo corre anche il rischio di essere come Giovanni Paolo I, papa per 33 giorni e poi addio: nel mese di maggio un giudice milanese dovrà decidere se rinviarlo a giudizio per una storia di reati fiscali (uno dei reati più antipatici per chi fa il banchiere di professione perché ne mina la credibilità personale alle fondamenta, per cui facciamo il tifo che tutto si risolva in una bolla di sapone). Ma questo passa il convento e altri nomi spendibili a Siena per traghettare altrove la banca, secondo i “desiderata romani”, pare non ce ne siano. Perché portare via da Siena il Monte è quanto mai facile, basterebbe una aggiustatina al capitale sociale con una motivazione ineccepibile. Ora che l’Abi ha rivelato ufficialmente di mettere Giuseppe Mussari nella condizione di essere rieletto presidente delle banche nazionali, la cosiddetta “finanza rossa”, con i fidi Turiddo Campaini (presidente Coop) e Marco Turchi (beniamino di D’Alema) nel ruolo di vicepresidenti di garanzia, userà il grimaldello dei Tremonti Bond per completare l’opera e trasferire la sede ove sembrerà più conveniente.
Il 12 luglio 2011 un raggiante Antonio Vigni aveva detto “adesso ci prepariamo a chiedere in tempi non lunghissimi a Banca d’Italia la facoltà di rimborsare anticipatamente i Tremonti-bond”, sapendo benissimo che non l’avrebbe fatto. Nel frattempo però si sono bruciati 2,15 miliardi dell’aumento fatto e la Fondazione si è ridotta al lumicino. La borsa non ha creduto al tandem Mussari-Vigni benedetto dal Ceccuzzi, neo-sindaco teorico del 51% della Fondazione nel Monte, e il titolo MPS è passato da 0,4892 euro di quel lontano giorno d’estate al fallimentare 0,197 dell’8 gennaio 2012. Il resto della storia è recente…
Attendiamo i dati della prima trimestrale 2012: se confermeranno il trend dell’ultimo trimestre 2011, vedrete che certi scenari non saranno fantaeconomia e catastrofismi.
Ora la svendita del 60% delle azioni Biverbanca, grazie all’advisor Mediobanca, sta andando in porto senza che nessuno riesca a fermarla, anzi, si registra la new entry tra i possibili pretendenti: la Cassa di Risparmio di Asti, solido istituto piemontese, espressione di una Fondazione territoriale che con quelle di Biella e Vercelli potrebbe avere quel qualcosa da spartire che la Popolare di Vicenza non ha. Speriamo che la concorrenza porti a incassare più dei 200 milioni preventivati (che lascerebbero sul campo in ogni caso 830 milioni di perdite reali per Rocca Salimbeni). Ci dovremo sorbire ancora un mese di chiacchiere e considerazioni, falsi pretendenti e cordate improbabili, visto che prima di ufficializzare la vendita Mediobanca si è ricordata (o le è stato ricordato) della “due diligence”. Suona strano farla per un affaruccio da 200 milioni, quando – per un megacontratto da 10,1 miliardi come Antonveneta – agli stessi attori nel campo senese non venne in mente di pretendere.