"Pensare che nella Sansedoni ci sono passati tanti dirigenti del PD di primaria importanza e diversi dirigenti della banca e della Fondazione"
SIENA. Dopo aver letto con calma il bilancio del 2013, credo di aver capito perché il PD vuole riprendersi il controllo con un presidente “affidabile” della Fondazione. Sulla ricerca dell’affidabilità sembrano, in modo diverso, essere tutti d’accordo: Ceccuzzi, Valentini e Bezzini. Vi domanderete: perché tanta determinazione? Perché si arriva fino allo scontro violento tra le diverse fazioni del partito di maggioranza relativa? Perché non ci spiega Valentini cosa significa quella affermazione: “la cosa è più complessa”? E a questo proposito provo a mettere sul tappeto alcuni elementi di riflessione. Non è per caso che dentro la complessità ci sono anche le preoccupazioni per le partecipate immobiliari e più precisamente per la Sansedoni SpA e la Casalboccone SpA? Nella relazione allegata al bilancio se ne parla e si percepisce una certa apprensione, che arriva, per la prima società, addirittura ad ipotizzare una azione “che potrebbe prevedere anche il ricorso a procedure pre-concorsuali”. Per la romana Casalboccone invece si prevede la liquidazione dopo aver tentato faticose ristrutturazioni del debito. Ma dalla relazione restano nel vago le azioni che gli amministratori della Fondazione intendono porre in essere per fare chiarezza sulle due società. Alcuni dati parlano chiaro: la Sansedoni SpA al 31 dicembre del 2007 aveva un patrimonio di 267,2 milioni di euro e al 31 dicembre del 2012 era sceso a 135,2 milioni di euro. Sempre a tale data la società ha accumulato debiti per 124,7 milioni di euro. Cosa sia successo nel 2013 e in questi sette mesi lo sapremo soltanto nel futuro. E pensare che nella Sansedoni ci sono passati tanti dirigenti del PD di primaria importanza e diversi dirigenti della banca e della Fondazione. Fare chiarezza su queste due partecipate dovrebbe essere il compito dei nuovi amministratori e del futuro presidente di palazzo Sansedoni. A questi spetterebbe, se lo volessero, un compito più facile di quello degli attuali amministratori che hanno avviato la giusta azione di responsabilità per gli aumenti di capitale del Monte relativi al 2008 e al 2011. Non sarà forse che anche queste due partecipate siano state gestite con le logiche del famoso “groviglio armonioso”?
Non voglio negare che ci siano anche altre gatte da pelare all’orizzonte. L’eredità che lascia la Mansi è, anche, un ragionamento da fare sulle altre partecipate (resta fuori solo la Chigiana) in quanto impegnate a vivere con i propri mezzi. Speriamo bene! Certo non saranno scelte semplici viste le ripercussioni sociali che tali decisioni porteranno con se. Ma stiamo parlando di questioni politiche che trovano sempre nel bene come nel male una soluzione.
In fondo, ma non per ultimo, lascio la questione della nomina del nuovo presidente del Monte: cioè del futuro di Profumo. Non credo francamente che sia un grande problema perché a decidere della sorte dei vertici della banca, dopo il primo momento legato alla designazione, non sarà più ne Siena, ne la Fondazione. Le riconferme o i cambiamenti saranno determinati dalla capacità che avranno i gestori della Banca di produrre risultati. I nuovi soci non si accontenteranno delle rassicurazioni verbali, ma valuteranno esclusivamente i numeri e la capacità di fare fatturato. Cosa che avrebbe dovuto fare nel passato, anche la Fondazione.
Mi domando sempre chi è il Renzo di turno che, dopo aver consegnato i capponi che litigavano fra di loro e aver preso le distanze dall’avvocato, uscendo dallo studio di quest’ultimo medita una propria strategia per sposare Lucia.
Pierluigi Piccini