Il titolo MPS più che mai sottovalutato, come tutti i bancari italiani
Di Red
SIENA. I venti della recessione mondiale soffiano forte, rimbalzano da una piazza all’altra autoalimentandosi. Sembra incredibile, ma i programmi di buy/sell dei vari operatori economici scattano impazziti all’unisono senza discernere opinioni e dati contabili. E così si consumano i titoli azionari, che continuano progressivamente a perdere di valore senza alcun motivo. Prendiamo esempio in casa nostra: il titolo MPS ha perso negli ultimi sei mesi il 48,14% del suo valore. E nel frattempo c’è stata una sofferta ricapitalizzazione di oltre 2 miliardi di euro. Dovrebbe aver stabilizzato i parametri che gli stessi mercati che penalizzano il titolo in borsa hanno richiesto, invece si continua al ribasso: oggi (19 agosto) siamo con -2,31% a euro 0,44. Con due azioni non ci paghi un caffè in un bar del centro, e da qualche parte nemmeno in periferia. MPS sconta (come tutte le banche italiane) il fardello di miliardi di titoli di Stato italiani in portafoglio, ma era così anche sei mesi fa. E’ evidente che i mercati fanno e disfano in continuazione una tela di Penelope senza capo né coda.
Jp Morgan ha tagliato le stime di crescita degli Stati Uniti: secondo gli analisti della banca d’affari, le previsioni per il prossimo trimestre sono passabili, mentre ci sarà un peggioramento nei trimestri a seguire. Il pil USA è stimato in crescita dell’1% (contro la previsione del +2,5%) tra ottobre e dicembre 2011, mentre tra gennaio e marzo 2012 la crescita si limiterà a +0,5% (contro il +1,5%). Jp Morgan scrive: “Il calo dei prezzi energetici dovrebbe aiutare ad arginare alcune debolezze dell’economia e i livelli di spesa ancora bassi dovrebbero aiutare a ridurre le chance di un trimestre negativo. Tuttavia i rischi di una recessione sono evidentemente elevati”. Negli Stati Uniti viene data molta importanza a una dichiarazione del presidente della Fed di New York William Dudley, che ha attribuito il rallentamento del primo semestre a fattori temporanei come i «prezzi alti di cibo ed energia che hanno colpito i redditi delle famiglie e il terremoto in Giappone». Sprizzando ottimismo, ha aggiunto che “Tutto questo ora è alle spalle e dovrebbe permettere un miglioramento nell’ultima parte dell’anno” quindi smentendo le cassandre Morgan Stanley e Jp Morgan.
I famigerati titoli derivati che assicurano sul rischio fallimento dei debiti sovrani dell’Eurozona continuano a salire. In particolare i credits default swap di Italia (+8 punti base a quota 362 secondo i dati Markit), Spagna (370) e Francia (152). E’ innegabile la percezione che sia la finanza a tirare le fila, avendo la politica abdicato al suo ruolo per manifesta incapacità. Un errore politico di economia finanziaria in questo momento può generare un altro caso Lehmann Brothers, e nessuno sa gli esiti che provocherebbe. Ma se i derivati esistono ancora e non sono regolamentati (come altri prodotti importanti della finanza mondiale), in una parola se non si riformano realmente i mercati di prodotti e servizi – compresi i sistemi finanziari e il mercato del lavoro – non si possono creare le basi di un futuro equilibrato e soddisfacente per tutti. Adesso ognuno pensa solo a salvare il salvabile per se stesso.
Le feroci critiche a cui è sottoposto il governo per la manovra in attuazione, a saldi invariati ma dai contenuti ancora incerti, potrebbero dare il la al presidente del Consiglio di cavalcare gli eventi raddoppiando la posta in palio. Potrebbe scontentare tutti con una finanziaria da oltre 100 miliardi che colpisca tutti, mentre ora chi può cerca di scappare via o di rinegoziare la sua parte. Potrebbe investire nel puntellare il lato debole delle banche nazionali, il portafoglio BTp, aprendo una nuova stagione del credito alle imprese e alle famiglie. Potrebbe rinunciare alle faraoniche opere contestate (Ponte di Messina e Tav Lione-Torino) per far partire una serie di opere pubbliche reali che davvero aiuterebbero la ripresa del Pil italiano. E’ una questione di leadership, che non manca solo in Italia ovviamente. Se il Belgio non ha un governo in carica da oltre 430 giorni e un Pil che cresce al ritmo del 2,4% annuo (che per noi significa rimborsare il debito pubblico senza nuove tasse, ndr) qualcosa vorrà pur dire…