Dalla vicenda Beko il movimento politico parte per "ripensare lo sviluppo e la reindustrializzazione" della città

SIENA. “Abbiamo la sensazione – che speriamo venga smentita dai fatti – che la vicenda Beko venga considerata dai vari soggetti istituzionali come un problema secondario, da risolvere con soluzioni tampone. Il rischio è che l’attenzione si concentri esclusivamente sulla sistemazione dei 299 operai coinvolti, senza cogliere l’opportunità che questa crisi potrebbe rappresentare: quella di ripensare il tessuto produttivo di Siena e avviare un percorso di reindustrializzazione.
Reindustrializzare non significa semplicemente sostituire una fabbrica con un’altra, ma ripensare il ruolo della città nel contesto economico attuale. Oggi lo sviluppo passa attraverso settori strategici come le politiche green e la transizione ecologica, ambiti in cui l’Europa gioca un ruolo di primo piano. La componentistica per le macchine elettriche è ormai un mercato sempre più dominato dalla Cina, ma con aziende disposte a investire anche in Europa, come dimostra l’iniziativa “Auto, i cinesi di Byd a caccia della componentistica made in Europa”. E poi ci sono le opportunità legate alle tecnologie avanzate e al settore della difesa, con Leonardo che resta un attore chiave.
Di fronte a questo scenario, la domanda è inevitabile: su cosa punta Siena per ridefinire il proprio sviluppo? Quali settori possono garantire redditività e occupazione? Dove e come si genera oggi ricchezza attraverso il lavoro?
La crisi della Beko assume così un valore molto più ampio, che va ben oltre la proprietà dell’immobile. Negli ultimi anni, alcune componenti del PIL si sono affievolite, altre sono addirittura scomparse. Secondo gli studi più recenti della Camera di Commercio, l’economia toscana regge soprattutto grazie all’export del settore agroalimentare, con la provincia di Siena in prima linea. Eppure, la città sembra non prestare abbastanza attenzione a questo comparto strategico, mentre Arezzo ha saputo valorizzare il settore orafo con una visione chiara e investimenti mirati.
Anche le biotecnologie, che spesso vengono indicate come un possibile motore di sviluppo, restano un ambito ancora da definire. La parte pubblica, pur essendo un punto di riferimento per la ricerca, fatica a tradursi in un sistema industriale strutturato e capace di generare un impatto economico significativo. I tempi di sviluppo del settore sono lunghi e i collegamenti con il tessuto imprenditoriale locale ancora deboli. Senza una strategia chiara, il rischio è che questo potenziale rimanga inespresso.
Il terziario è presente, ma ormai maturo. Il turismo, da sempre al centro del dibattito, non ha ancora trovato un modello davvero efficace e sostenibile. Inoltre, sia il turismo che il terziario appartengono a quel segmento economico che, più che generare ricchezza, si limita spesso a redistribuirla attraverso i servizi.
E poi c’è un grande assente: una politica culturale che non sia solo organizzazione di eventi, ma un vero e proprio strumento di sviluppo economico. L’innovazione, invece, è ancora troppo debole e frammentata per rappresentare un asset strategico capace di trainare la città verso il futuro. Il risultato è che Siena non attrae investimenti, né offre prospettive di crescita professionale per le nuove generazioni, che sempre più spesso cercano opportunità altrove.
Ecco perché oggi sarebbe fondamentale capire quale sia la strategia per il futuro. Al di là di slogan come “Svegliati Siena”, su quali settori si intende investire concretamente? Quali strumenti e azioni si vogliono mettere in campo per riposizionare Siena in un’economia che cambia velocemente? La città ha bisogno di una visione chiara e di una direzione strategica, altrimenti rischia di restare ai margini delle trasformazioni in corso.
La vicenda Beko non è solo una crisi aziendale: è il simbolo di una più ampia sfida per Siena. Affrontarla in modo miope significherebbe perdere una grande opportunità. Affrontarla con lungimiranza, invece, potrebbe aprire nuovi scenari di crescita e sviluppo. Ma servono scelte, impegno e, soprattutto, una visione chiara del futuro”.