
SIENA. Da Per Siena riceviamo e pubblichiamo.
“Sull’Enoteca Italiana c’è il solito fumo di una maggioranza che attua un politica degli annunci destinata, prima o poi, a ritorcersi contro chi la pratica. Stiamo parlando dell’unico Ente di promozione vitivinicola istituito dallo Stato ma evidentemente, chi oggi annuncia soluzioni, non si rende conto del valore del concetto e dei simboli che questo nome evoca. La “rinascita” è una cosa seria, come seria era l’Enoteca Italiana prima che la lobby dei faccendieri che tuttora tengono sotto scacco la città la facesse andare a gambe all’aria. L’Ente Vini – Enoteca Italiana era un’eccellenza senese di livello nazionale che, grazie a chi ci ha speso la propria vita lavorativa e la propria esperienza pluridecennale, era conosciuta in tutto il mondo. Non si trattava solo di “vendere” un buon prodotto, perché a fare questo sono capaci in molti: si trattava bensì di strategia, di interazione con le istituzioni, di astuzia commerciale, di capacità di leggere e interpretare l’evoluzione del mercato enogastronomico internazionale, il tutto unito alla tutela e alla valorizzazione del territorio. Tutto ciò, in questa fantomatica rinascita, dov’è? Come si può dare una seconda vita (perché questo vuol dire far rinascere) a una grande e storica avventura quale è stata Enoteca Italiana se sullo sfondo così come nei ruoli di primo piano ci sono sempre i protagonisti della sua fine? Ormai siamo abituati a vedere dipinti sui muri di certa stampa il cambiamento che di nuovo ha solo il nome: che a Siena siamo rimasti fermi al “magico mondo” di dieci anni fa è chiaro a tanti. Ma quando si maneggiano elementi così importanti e evocativi del passato glorioso di una città bisognerebbe avere una sana e umile prudenza, una prudenza che si chiama rispetto per la dignità di chi ascolta o legge e per coloro che avevano una professionalità riconosciuta e, come premio, sono stati buttati in mezzo alla strada”.