Intervento di Vanni Griccioli, consigliere comunale di Siena
SIENA. Se sei un protettore di contrada e hai più di 65 anni, un giovane contradaiolo ti avrà già chiamato per sapere se stai bene, se hai bisogno di qualcosa, se deve portati la spesa. Sembra che questa organizzazione sia partita dal presidente della Commissione solidarietà della Nobile contrada del Nicchio, poi immediatamente seguita dalle altre consorelle. A Siena, in tutte le Contrade c’è una gara di solidarietà perché nessuno – e non solo a parole – si debba sentire solo. Dietro al fenomeno mediatico del Palio, ammantato di colori, suoni e bandiere come mille altre feste “medievali”, c’è una città che sembra naïf in certi riti o atteggiamenti esteriori ma che trova nel passato le radici di valori contemporanei. Affidare le chiavi alla Madonna, come ha fatto il sindaco nei giorni scorsi è un gesto medievale, fuori da ogni logica contemporanea: è lo stesso che si legava alle battaglie imminenti, agli assedi, alle pestilenze. Ma quando qualcosa di simile alla terribile “peste nera” si propone, se il resto del mondo appare impreparato ad affrontarla perché retaggio di un passato dimenticato, a Siena scattano meccanismi rodati nei secoli, ancora vivi. In città resiste un atavico senso di appartenenza e di “militanza armata” degno delle compagnie militari che hanno originato le attuali Contrade. E soprattutto risorge quella propensione al mutuo soccorso, al soccorrere chi necessita di aiuto, prerogativa fondante le società di Contrada che tutti dovremmo tenere sempre di conto, evitando la sua dissipazione. I Senesi sono divisi in tempo di pace, ma uniti per affrontare il pericolo esterno. Tra questi due estremi, c’è l’elemento equilibratore di di un potente antidoto: è la scarica di adrenalina che sfocia nella violenza dei giorni del Palio, valvola di sfogo di un tessuto sociale che, in questo modo, si mantiene in perfetto equilibrio, e garantisce una risposta compatta e solidale quando i tempi si fanno difficili. Le polemiche animaliste, l’atteggiamento severo del giornalista o del giudice su un “fronteggiamento” in piazza dovrebbero tener conto di questa realtà complessa, troppo profonda e antica per meritare una superficiale esposizione televisiva, la ribalta legata alla mera corsa. L’evento si pone dentro un ingranaggio che si è stratificato, che poi è l’essenza e il valore di Siena. A maggior ragione, quanto sta accadendo ci deve far riflettere sui contenuti e i modelli adottati, finora, per valorizzare la città. Quando tutto sarà finito, Siena dovrà riflettere su questo aspetto, per rilanciarsi. Diventare “normali”, ovvero fare del Palio un semplice evento e di Siena una Disneyland destinata a un consumo esteriore, oppure smarcarsi dalle logiche di consumo superficiale, facendo valere la propria “diversità”? Il vissuto sociale che resiste, e che dovrà coinvolgere i viaggiatori curiosi (quando torneranno), è l’unica via di uscita da questo terribile tunnel e da un modello che era già in crisi, perché aveva tradito l’essenza di una città così straordinaria.