"Intanto, con una inspiegabile leggerezza, si torna a fare proclami"
SIENA. Nella piramide dei bisogni, quelli fisiologici per la sopravvivenza e per la sicurezza sono alla base della motivazione e del benessere della persona. Dal loro grado di soddisfazione si misura la riduzione delle tensioni, la capacità di metabolizzare le difficoltà. La pandemia ha alterato molti equilibri, nella dimensione affettiva e nell’interazione sociale non siamo più gli stessi. Non c’è bisogno di essere esperti di psicologia per capire come, dalla prospettiva storica che stiamo attraversando, scaturirà una nuova lettura antropologica e culturale delle nuove generazioni, dell’adolescenza in particolare. Ci siamo adattati all’emergenza, è cresciuta l’intensità della comunicazione virtuale a dispetto della prossimità fisica e alla fine, un destino comune, nella condivisione di una minaccia, ha imposto coesione sociale ed empatia. Questa risposta in positivo, l’abbiamo vista nascere spontanea nelle corsie degli ospedali, nei luoghi della cura e certamente nella scuola.
Tuttavia, mentre nello spazio fisico cerchiamo di dare il massimo, il nostro spazio mentale è continuamente attraversato da spaesamento. In molti casi è mancato l’ascolto attivo da parte delle amministrazioni rispetto alla denuncia costante di evidenti criticità, in altri invece la risposta ai bisogni è apparsa del tutto inadeguata. La comunità scolastica vive un momento di grande difficoltà, i contagi non diminuiscono, le quarantene di intere classi e dei docenti aumentano, il virus con le sue varianti, complica il tracciamento, si allungano i tempi di contenimento dei contagi, la campagna di vaccinazione mostra evidenti criticità e molti istituti scolastici sono in difficoltà.
La gestione si fa sempre più impegnativa e merita una regia all’altezza della situazione. Quando ci si trova in condizioni di stress, le risposte emotive allo squilibrio possono assumere le forme più disparate. La peggiore è quella che deriva dalla scarsa fiducia nelle istituzioni e nell’organizzazione. Gli appelli alla prudenza del Sindaco non bastano a rassicurare, le dichiarazioni dell’Assessore all’istruzione, i suoi continui riferimenti ai protocolli, non fermano le famiglie che ormai, rassegnate all’autogestione del disagio, fanno direttamente appello alle dirigenze scolastiche per attivare la dad come extrema ratio nel tentativo di risparmiare ai propri figli focolai d’infezione, evitando spazi che non hanno mai consentito un vero distanziamento o l’uso dei mezzi pubblici. I docenti in presenza si ammalano, alcuni di loro nella difficoltà dell’isolamento, continuano a collegarsi ed a mantenere il ritmo, l’approccio inclusivo non è mai mancato, l’utilizzo dei mediatori didattici non ha mai spento l’interazione, le attività, la comunicazione partecipata. Fino ad ora la motivazione ha garantito un buon livello di tenuta e di coesione, ma tutto ha un limite. Non ci sono vaccini a sufficienza, Astra Zeneca è stato somministrato a singhiozzo al personale scolastico, la fascia più debole dei docenti over 55 è rimasta scoperta, mentre curiosamente dosi di vaccino sono state somministrate a dipendenti pubblici in smart-working. Intanto si susseguono le notizie di nuovi tagli alle consegne. I virologi in cerca di fama che confondono le idee e le sbornie mediatiche di questi ultimi tempi non si smaltiscono più. Dulcis in fundo, in una situazione così compromessa, il Comune torna a parlare di esternalizzazione di servizi all’infanzia, con una leggerezza inopportuna e imperdonabile. Non è il momento di fare proclami, raccomandazioni o laconici inviti all’autodisciplina, ora servono urgentemente risposte concrete.
Per Siena