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di Red
SIENA. Lo scorso 24 agosto Stefano Scaramelli, dirigente PD, rilascia una inquietante intervista ad Antenna Radio Esse di cui egli stesso e la sua intervistatrice non sembrano pienamente comprenderne la portata. Lo Scaramelli racconta di una riunione di partito che, alla presenza di Gabriello Mancini, decide che la Fondazione coprirà l’aumento di capitale per l’acquisto di Antonveneta. Che la gestione del Monte dei Paschi fosse in mano al partito, l’hanno scritto cani e porci. Ma senza nomi e cognomi: né Mancini, né Mussari e nemmeno Vigni, nella loro autodifesa in tribunale e sulla stampa, hanno mai ammesso l’esistenza della “cupola”. Scaramelli, giovane e principiante sindaco di Chiusi, invece era presente e sa chi c’era a questa riunione e l’intervistatrice che fa? Si dimentica di chiedergli i nomi… Potrebbe farceli sapere un magistrato lesto a convocarlo? E una volta conosciuti i nomi, appurare se fossero tutti senesi – come la pubblicistica Piddina ci ripete fino alla nausea per scaricare le responsabilità del tracollo Monte dei Paschi sulla classe dirigente locale – o se i senesi fossero tutti meri spettatori come ammette di esserlo stato lo Scaramelli, che guarda caso, senese è.
Poi si potrebbe aprire un dibattito (e una inchiesta) se una simile discussione in una riunione di partito sia un atto di indirizzo politico o una azione lobbystica borderline o addirittura l’espressione di un comitato d’affari che condiziona un’azienda quotata in borsa, forse illegalmente. Potrà darci una risposta la Commissione d’inchiesta Fondazione e Banca MPS voluta dalla Regione Toscana e presieduta dal grillino Giacomo Giannarelli? La risposta, in un paese dove le commissioni d’inchiesta politiche non hanno mai prodotto risultati, è ovviamente no. A settembre arriverà una relazione che riproporrà esclusivamente le cose che sappiamo ormai tutti, e in cui l’elenco dei personaggi non convocati sarà come al solito affollato. Peraltro il rappresentante del Movimento 5 Stelle, nella dichiarazione sul sito della Regione, si è già adeguato al tenore del generico responsabilismo degli Enti preposti, ma senza fare un solo nome. Privacy? O l’impunità dell’oblio per potersi ripresentare vergini sante, tanto il popolo ha memoria corta, appena calmate le acque? L’ultimo appunto ce lo teniamo proprio per i 5 Stelle senesi. Un partito appiattito, che non crea discussione, che protesta con ironico silenzio così che non se ne accorge nessuno, che in Terra di Siena non riesce a decollare, a creare consenso nemmeno tra tutti gli esclusi del bengodi dell’era mussariana. Che ovviamente non sa cambiare manico diviso come pare tra l’ineluttabilità del groviglio armonioso e la speranza di un nuovo Biagio di Montluc che rompa la presa spagnola.