di Fabrizio Pinzuti
ROMA. Dietrofront sull’IVA sul pellet. I politici, anche di area governativa, sembravano tutti d’accordo nel considerare un errore l’aumento dell’IVA, deciso con la legge di stabilità dell’anno scorso, sul pellet dal 10 al 22% e avevano promesso un ritorno all’aliquota agevolata per il combustibile costituito, come indicava il vecchio nome di segatura pressata, da biomasse legnose, analogamente alla non molto dissimile legna da ardere che continuava a fruire dell’aliquota al 10%. Elevato potere calorico, combustione con ridotto residuo di ceneri, polveri e scorie e costo contenuto ne hanno favorito la diffusione, soprattutto nelle zone montane. Invece con 164 voti favorevoli. 116 contrari e 2 astenuti l’aula del Senato ha approvato il maxiemendamento sostitutivo del ddl di stabilità 2016 sul quale il governo ha posto la questione di fiducia. In base all’emendamento approvato in commissione Bilancio l’IVA sul pellet resta al 22%, in barba all’ecologia, alle zone disagiate di montagna e al contenimento della spesa energetica da parte delle famiglie. Ora il provvedimento passa all’esame della Camera dove, a quanto è dato sapere, non sono previste modifiche, almeno sull’IVA sul pellet.
L’innalzamento dell’aliquota ha portato a un aumento medio al dettaglio del costo di un sacco di 15 kg di pellet di 50 centesimi. Le stime variano dal numero di metri cubi della casa, dalla temperatura che si vuol raggiungere, dal tempo di funzionamento, dalle caratteristiche e dalla funzionalità dell’impianto, dalla coibentazione termica dell’edificio. Per un appartamento di 60 mq, con altezza di 2.5 ml., con impianto al massimo dell’efficienza acceso per 12 ore per sei mesi e termostato impostato a 20°, si può arrivare a un aumento di 200-250 € annui.